Oggi 20 marzo è la Giornata internazionale della Felicità, la celebriamo con una poesia di Montale che esprime al meglio il concetto inafferrabile, sfuggente ed effimero di felicità.
La lirica “Felicità raggiunta” di Eugenio Montale inquadra la natura effimera della felicità con una postura assertiva. Questo stato d’animo non può essere governato dall’intelletto e dalla volontà, raggiungerlo o perderlo non dipendono dall’uomo, errore o colpa che sia. È un bene che non potremo mai possedere, ma vagheggiare, godere in tempo reale, rimpiangere.
La felicità non si oppone al male di vivere secondo una dicotomia polarizzata tra bene-male, anzi ne è una delle cause.
Felicità raggiunta è una lucida presa di coscienza saldata alla metafisica del negativo, che il poeta ligure radicalizza nelle raccolte successive. La lirica è tratta dalla più celebre raccolta montaliana Ossi di seppia.
Scopriamone testo, analisi e commento.
Felicità raggiunta di Eugenio Montale: testo
Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.
Felicità raggiunta di Eugenio Montale: analisi e commento
Metrica: due strofe pentastiche di versi endecasillabi eccetto il 2°, il 6°, l’8° secondo lo schema di rime ABCAB DEDED.
Questa strofa di cinque versi è piuttosto rara.
Avete individuato l’unica parola che non rima con nessun’altra? È “vacilla”, un verbo con un ampio ventaglio di sfumature, che incarna l’essenza stessa della felicità.
1. a. Di persona, ondeggiare, muoversi in qua e là accennando di cadere per mancanza di stabilità dovuta a debolezza, a improvviso malessere, a oscillazione del terreno, a una forte percossa ricevuta. b. Di cose, traballare, non avere stabilità, oppure oscillare, ondeggiare. In senso fig., alludendo a instabilità o a pericolo di caduta non materiale. Di facoltà o atteggiamenti morali, non essere saldo, rivelare incertezza, tentennare.
- Prima strofa
Felicità ottenuta, tu sei come camminare sul filo di una lama. Sei come una luce fioca o una lastra di ghiaccio così sottile da incrinarsi sotto il peso del piede; pertanto devi essere lasciata stare da chi ti prova.
Eugenio Montale si rivolge alla felicità, lo stato d’animo astratto che funge da interlocutore per l’io lirico, con un’apostrofe. L’apostrofe è una figura retorica che consiste nel rivolgersi direttamente a qualcuno, reale o immaginario, usando la seconda persona singolare. Deriva da un verbo greco che significa “volgere altrove”. Seguono tre definizioni accomunate da precarietà (fiammella, ghiaccio sottile) e rischio (filo di lama). Chiude la prima strofa un monito a non cercare di interferire con essa, una volta che la si è ottenuta. Il si impersonale al v.1 proietta il ragionamento in una dimensione universale. Il barlume e il ghiaccio sono due correlativi oggettivi, in quanto immagini concrete alla vista e al tatto che rendono comunicabile il concetto di effimero.
- Seconda strofa
Quando raggiungi dei cuori tristi li illumini provocando uno stato d’animo ambivalente. Ma nulla può risarcire il dolore di un bimbo al quale sfugge un palloncino dalle mani.
Dopo averne definito la natura, nella seconda strofa Montale mostra i suoi effetti quando c’è e quando viene perduta. Nel primo caso la felicità non spazza via la tristezza, ma determina una situazione psicologica ambivalente tradotta al v. 8 dall’ossimoro in analogia “il tuo mattino è dolce e turbatore”, rafforzato dalla similitudine “come i nidi delle cimase”. Vale a dire: l’arrivo della felicità è piacevole perché infonde vitalità e nello stesso tempo getta un’ombra. Chi la prova, infatti, ne teme la precarietà. E i nidi sono un segnale di vita e di fragilità.
Nel secondo caso, “il pallone” è il correlativo oggettivo della felicità perduta.
Colpisce l’inserimento dell’immagine dei nidi di uccelli sotto i cornicioni. I nidi sono dei capolavori di ingegneria composti da fili d’erba, paglia, fango, bastoncini, deiezioni, piume altrui o degli inquilini. Hanno dimensioni ad hoc in base alle esigenze della specie, ma sono sempre circolari, talvolta vere e proprie sfere con una piccola apertura. “Cimase”, plurale di cimasa, è un termine tecnico che indica ogni cornicione aggettante di un edificio o, meno frequente, di un mobile. La precisione della nomenclatura è di ascendenza pascoliana.
È celebre la stroncatura che il poeta del fanciullino fece del “mazzolin di rose e viole” nel Sabato del villaggio di Leopardi, perché i due fiori sbocciano in periodi diversi. Se siete sorpresi, fate due conti anagrafici. Troverete la risposta a tanta pedanteria nella formazione positivista di Giovanni Pascoli.
In quale sezione di “Ossi di seppia” si trova Felicità raggiunta?
È il 13esimo dei 23 testi contenuti nell’omonima sezione della raccolta, la seconda. Infatti Ossi di seppia è articolata in quattro parti, incastonate tra una premessa (In limine) e un testo giovanile (Riviere).
- Prima sezione: “Movimenti”
È impostata su un sistema di tre opposizioni: mare-terra, natura- città, infanzia-maturità. Il poeta ha ancora fiducia nella possibilità di una sintonia esistenziale con la natura, come dimostra “Corno inglese”.
- Seconda sezione: “Ossi di seppia”
Prevale il tema dell’osso di seppia, il relitto abbandonato, uno scarto del mare mentre si fa strada una distonia tra l’uomo e la natura. La risposta del poeta è la metafisica del negativo che innerva due celeberrimi componimenti ivi contenuti: “Non chiederci la parola” e “Spesso il male di vivere ho incontrato”.
- Terza sezione: “Mediterraneo”
Costituisce un blocco autonomo come un poemetto, a sua volta diviso in 9 movimenti.
Quarta sezione: “Meriggi e ombre”
Comprende i testi più lunghi e impegnati in cui si palesa la scelta etica dell’autore di accettare il proprio destino con dignità. Compare evanescente la prima figura femminile dell’immaginario poetico montaliano: Annetta o Arletta.
Chi è Annetta? Annetta degli Uberti è una ragazza giovanissima, una villeggiante appartenente ad un’agiata famiglia livornese, conosciuta durante i soggiorni a Monterosso e che Montale finge morta precocemente. La loro frequentazione copre il biennio 1922 e 1924. È probabile sia stata lei a interrompere il flirt per ragioni a noi ignote. Da allora Annetta diventò il simbolo dello scorrere del tempo e dell’assenza che perdura nel ricordo. È la fanciulla scomparsa precocemente nella “Casa dei doganieri”, nelle “Occasioni” e in diversi altri testi della vecchiaia.
Felicità raggiunta è una lirica apparentemente facile che determina la svolta montaliana verso l’apatia e la divina indifferenza. Se l’aspirazione alla felicità è disattesa o converge in una gioia fugace, è meglio rifugiarsi nell’indifferenza che azzera desideri e timori.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Felicità raggiunta”: la poesia di Eugenio Montale per celebrare la Giornata Mondiale della Felicità
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia News Libri Storia della letteratura Eugenio Montale
Lascia il tuo commento