Erri (Enrico) De Luca, nato a Napoli, classe 1950, è un giornalista, poeta, romanziere, traduttore, pubblicista. Si interessa di teatro e studi biblici; si dedica allo studio delle lingue tra cui l’ebraico; scopre la passione per l’alpinismo.
Qualcuno puntualizza che approda “tardi” alla poesia, come se la vocazione letteraria dovesse rispettare una calendarizzazione esterna rispetto a quella intimistica della mente e del cuore.
La lirica in versi liberi di varia misura “Fiumi di guerra” è tratta dalla raccolta Opera sull’acqua e altre poesie, pubblicata per la prima volta da Einaudi il 1°gennaio 2002.
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Lo spunto del componimento è la riflessione sul conflitto nei Balcani (1991-95) che appartiene al passato prossimo dello scrittore. Infatti durante la guerra civile nell’ex Jugoslavia partecipa a iniziative di volontariato per soccorrere le popolazioni in difficoltà. Poi lo sguardo si volge più indietro con due frame retrospettivi sul secondo conflitto: l’assedio di Stalingrado del 1942 e l’arrivo delle armate bielorusse in Polonia nel 1944, con esiti terribili per la popolazione di Varsavia.
Erri De Luca si fa carico di richiamare le nostre coscienze sulla ciclicità della guerra da cui escono tutti sconfitti, evitando moralismi e retorica dell’indignazione. Ogni guerra irrompe nella quotidianità di un popolo, destinato a pagare il prezzo più alto in termini di morte e distruzione.
Scopriamo insieme testo e analisi della poesia.
Fiumi di guerra: testo
Alle fontane i vecchi
le donne con i secchi lungo il fiume
e l’aria fischiettava di proiettili e schegge,
la banda musicale degli assedi, insieme alle sirene.
Danubio, Sava, Drina, Neretva, Miljacka, Bosna,
ultimi fiumi aggiunti alle guerre del millenovecento,
gli eserciti azzannavano le rive, sgarrettavano i ponti,
luci della città, Chaplin, le luci di quelle città
erano tutte spente.
L’Europa intorno prosperava illesa.
Altre madri in ginocchio attingono alle rive,
dopo che il Volga fermò a Stalingrado la sesta armata di von Paulus
e la respinse indietro e l’inseguì fino all’ultimo ponte sulla Sprea,
affogando Berlino.
Acque d’Europa specchiano ancora incendi.
La Vistola al disgelo illuminata dalle fiamme del ghetto:
non poteva bastare al novecento.
L’acqua in Europa torna a costare l’equivalente in sangue.
Fiumi di guerra: parafrasi
Mentre donne e anziani compiono gesti quotidiani presso il fiume, all’improvviso l’aria risuona del rumore di proiettili e schegge che, insieme alle sirene, costituiscono la banda musicale di ogni guerra. Segue l’elenco di sei fiumi che attraversano la penisola balcanica, teatro dei conflitti tra il 1991 e il 1995 nei territori della ex Jugoslavia. Gli eserciti distruggevano il territorio, i ponti; saltata l’elettricità, le città rimanevano al buio nell’indifferenza dei Paesi europei. Ora altre madri attingono in ginocchio l’acqua del Volga a Stalingrado, dove nel 1942 il generale feldmaresciallo tedesco Ernst Paulus, al comando della 6 armata, fu sconfitto dalla controffensiva sovietica. Eppure la storia contemporanea continua a essere segnata da fiumi di sangue.
Fiumi di guerra di Erri De Luca: analisi e commento
Una scena di ordinaria quotidianità, rappresentata da vecchi e donne con i secchi lungo il fiume, viene interrotta dall’irruzione della guerra.
È questo l’incipit. Ma il sostantivo guerra non compare mai. In compenso sono numerosi:
- i termini (proiettili, schegge, sirene, assedi, eserciti, sangue);
- i verbi (azzannare, sgarrettare, respingere, inseguire);
- le figure retoriche (zoomorfismo, personificazione, metafora, climax, enumerazione)
che marcano guerra, morte, distruzione, annientamento.
La scelta di alcuni verbi mi sembra interessante. Analizziamoli singolarmente. Il primo è ‘azzannare’ che zoomorfizzando i soldati ne cristallizza crudeltà e violenza. Il secondo è ‘sgarrettare’. Cosa significa? È un verbo non comune indicante sia il taglio dei garretti (tendini posteriori) a un animale, sia quello poco preciso alla base di una pianta infestante per deprimerne lo sviluppo. L’azione non lascia scampo: l’animale azzoppato va al macello, la pianta non può ricrescere.
Pertanto “gli eserciti sgarrettavano i ponti” al v.7 non mostra soltanto la distruzione del collegamento. L’analogia con il mondo animale e vegetale trasforma il ponte in una forma di vita del nostro pianeta, aumentando l’impatto emotivo. C’è un terzo verbo di spensierata allegria che a prima vista sembra un intruso ed è “fischiettare”. Invece a ben vedere: “L’aria fischiettava di proiettili e schegge” al v.3, personificando l’aria con un verbo vezzeggiativo, accentua il timbro di amara ironia. Anche la metafora “la banda musicale degli assedi” al v.4 viaggia sullo stesso binario.
È biblica l’immagine dei fiumi color rosso sangue dell’ultimo verso. Salta all’occhio la data 1900 scritta per esteso in corsivo. È una scelta insolita, ma non infrequente. Se in prosa serve a non interrompere con un numero la discorsività della narrazione, come in Cormac McCarthy, in poesia impone un rallentamento, una pausa nella lettura.
Fiumi di guerra di Erri De Luca si distingue per uno stile di densa originalità, aspro e incisivo. Ha un andamento prosastico in cui si mimetizzano immagini retoriche. Il lessico intreccia termini ad alta frequenza e settoriali.
Il tessuto poetico è fitto di riferimenti storici mediati da nove fiumi. Una citazione filmica inaspettata innesca un confronto per analogia e opposizione. La rivisitazione del motivo ungarettiano dei “fiumi” funge da asse portante. Il che a dire: i fiumi - culla delle nostre prime civiltà - ora sono teatro di distruzione della civiltà. Per questo, ipotizzo, l’autore ha scelto loro al posto di scenari più drammaticamente convenzionali come città sventrate, per mostrare la natura di tutte le guerre.
I fiumi di guerra di Erri De Luca: un confronto con Ungaretti
Nella poesia I fiumi tratta da Il porto sepolto l’Isonzo, il Serchio, il Nilo e la Senna sintetizzano il bilancio identitario ed esistenziale di Ungaretti. L’Isonzo è il più importante: bagnandosi nelle sue acque il poeta si purifica dalle brutture della guerra. Inoltre, essendo l’ultimo in ordine cronologico, riassume e rappresenta simbolicamente tutti i precedenti. Di contro in Erri De Luca i fiumi - fonte di vita per eccellenza - evocano per contrasto l’annullamento della vita stessa.
Il riferimento a Charlie Chaplin nella poesia
Al v.8-9: “luci della città, Chaplin, le luci della città erano tutte spente”.
Luci della città è un film muto del 1931, l’ultimo con il personaggio di Charlot, scritto, prodotto, diretto, interpretato da Charlie Chaplin.
Ritrae uno spaccato della società in cui tutto è luce, tutto sembra brillare come l’“Europa che prospera illesa” al v.10, mentre nelle città colpite dalla guerra cala il buio. Senza forzature mi sembra plausibile individuare in controluce un secondo punto di contatto, ma per opposizione. La pellicola non si apre forse con l’ironica inaugurazione della statua “Pace e Prosperità”?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fiumi di guerra: la poesia civile di Erri De Luca
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