I fiumi di Giuseppe Ungaretti è un componimento del 1916 che compare per la prima volta nella raccolta L’allegria del 1931. In questa poesia Ungaretti rievoca i propri ricordi personali, i fiumi che hanno fatto parte della sua vita e che l’hanno attraversata: l’Isonzo, il Serchio, il Nilo e la Senna rappresentano quelle che sono le più importanti tappe della vita del poeta.
Giuseppe Ungaretti stesso spiega le sue intenzioni con una nota:
“[I fiumi] è il vero momento nel quale la mia poesia prende insieme a me chiara coscienza di sé: l’esperienza poetica è l’esplorazione d’un personale continente d’inferno, e l’atto poetico, nel compiersi, provoca e libera, qualsiasi prezzo possa costare, il sentire che solo in poesia si può cercare e trovare libertà”.
Vediamo insieme testo, parafrasi e analisi de I fiumi di Giuseppe Ungaretti, tra le migliori poesie dell’autore, cercando di capire qualcosa in più della poetica dell’autore.
I fiumi: testo
Cotici, il 16 agosto 1916
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla lunaStamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposatoL’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acquaMi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il soleQuesto è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universoIl mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armoniaMa quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
FelicitàHo ripassato
Le epoche
Della mia vitaQuesti sono
I miei fiumiQuesto è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianureQuesta è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciutoQuesti sono i miei fiumi
Contati nell’IsonzoQuesta è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
I fiumi: parafrasi della poesia di Ungaretti
Sto vicino a quest’albero mutilato, abbandonato in questa cavità (la dolina è una cavità del terreno carsico usata dai soldati come trincea) malinconica come un circo prima e dopo lo spettacolo, mentre guardo il tranquillo passaggio delle nuvole sulla luna.
Questa mattina mi sono disteso in una pozza d’acqua e ho riposato come una reliquia. L’Isonzo nel suo scorrere mi levigava come fossi un sasso.
Mi sono alzato e sono andato via, camminando con delle difficoltà sull’acqua, passando come un acrobata sui sassi del fiume. Mi sono chinato accanto ai miei vestiti sporchi di guerra e come un nomade del deserto mi sono chinato lasciandomi scaldare dal sole.
Questo è l’Isonzo, e qui, più che in ogni altro posto, ho riconosciuto me stesso come una minuscola, debole parte dell’universo.
Ciò che mi tormenta è il non riuscire a sentirmi in armonia con tutto ciò, ma quelle mani nascoste che mi bagnano mi donano la rara felicità.
Con la memoria ho ripercorso tutte le fasi della mia vita.
Questi sono i miei fiumi. Questo è il Serchio, al quale i miei avi hanno attinto forse per duemila anni, mio padre e mia madre compresi.
Questo è il Nilo, che mi ha visto nascere, crescere e vivere l’inconsapevolezza dell’adolescenza nelle sue estese pianure.
Questa è la Senna, nelle cui torbide acque mi sono rimescolato e ho conosciuto me stesso.
Tutti questi sono i miei fiumi, rievocati grazie all’Isonzo e in lui riuniti.
Questa è la mia nostalgia che si manifesta in ognuno di essi, adesso che è notte e che la mia vita mi sembra una corolla di tenebre.
Commento
La poesia di Ungaretti è come un grandissimo ricordo, un ripercorrere la sua vita dall’inizio fino al momento in cui il poeta sta scrivendo. Nascita, infanzia, adolescenza e, infine, la guerra: quattro sono i fiumi che il poeta associa a queste quattro fasi della sua vita. L’ultimo, l’Isonzo, è quello che associa alla guerra e che tutti gli altri sembra portare con/in sé.
I fiumi è una poesia circolare, divisibile in quattro parti:
- Nella prima parte il poeta è seduto durante la notte, si riposa e fissa la luce della luna; in questo momento romantico scaturisce la riflessione sulla sua vita.
- Nella seconda parte della poesia il poeta si classifica come solo e unico superstite, sentendosi come fosse una reliquia, un oggetto antico conservato in un’urna d’acqua.
Ungaretti si immerge così nel fiume (c’è qui anche una rievocazione al momento del battesimo, invocato come una sorta di rinascita) e i suoi movimenti per uscire dall’acqua sono fragili e precari come quelli di un acrobata. Tornando poi vicino ai suoi vestiti, che definisce “sudici di guerra”, si scopre come un abitante del deserto, un beduino, anela il sole e si prostra per riceverlo. Di tutti i fiumi è proprio l’Isonzo quello in cui il poeta si riconosce fino in fondo e quello che gli fa capire come sia una piccola parte del tutto e dell’immenso universo. L’esperienza della guerra consente all’uomo di comprendere la propria incredibile piccolezza e gli permette di raggiungere una maggiore consapevolezza di sé. - Nella terza parte della poesia il poeta ripercorre le fasi del suo passato prima della guerra, utilizzando quei fiumi che le rappresentano così come l’Isonzo rappresenta la sua vita in guerra. Così il Serchio (in provincia di Lucca) rappresenta le sue origini, i posti dove i genitori abitavano prima di andare via per questioni lavorative, così come fecero molti altri italiani all’epoca; il Nilo, invece, parla dell’infanzia e della prima giovinezza dell’autore, di quell’età in cui aveva molti sogni ma un sentiero ancora non tracciato; la Senna rappresenta Parigi, la città dove Ungaretti ha studiato e ha compreso che sarebbe diventato poeta; l’Isonzo, infine, che riporta al presente e all’autore che, pur se in guerra, riesce immergendosi a vivere un attimo di felicità.
- Nell’ultima parte della poesia, la quarta, Ungaretti torna al presente pieno di nostalgia e tristezza, paragonando la sua vita alla corolla di un fiore, resa precaria dall’idea della morte che può sempre affacciarsi, soprattutto vivendo in guerra.
Come le altre poesie di Allegria, I fiumi è caratterizzata da alcuni elementi tipici della produzione ungarettiana risalente a questa fase storica: anzitutto, il poeta indica il luogo e la data di composizione del testo, per ancorarlo alla situazione contingente da cui prende vita; la poesia ha un forte contenuto autobiografico; la sintassi è frammentata in unità minime (i "versicoli").
Analisi metrica e figure retoriche
Il componimento, articolato dal punto di vista contenutistico in quattro parti, non presenta uno schema metrico definito. Si compone di 15 strofe, ciascuna di diversa lunghezza, di versi liberi sciolti.
Per quanto riguarda le figure retoriche del componimento, citiamo:
- Enjambements: sono numerosissimi, a causa della sintassi particolarmente frammentata dell’intera poesia, tanto che alcuni versi sono composti esclusivamente da una parola o due parole.
- Anafore: "questi", "questo", "questa" (anafora con polittoto ai vv. 45, 47, 52, 57, 61, 63).
- Metafore: "questa dolina / che ha il languore / di un circo" (vv. 2-4), "in un’urna d’acqua" (v. 10), "una docile fibra / dell’universo" (vv. 30-31), "ma quelle occulte / mani / che mi intridono" (vv- 36-38, è anche una personificazione).
- Personificazioni: "questa dolina / che ha il languore" (vv. 2-3), "il Nilo / che mi ha visto" (vv. 52-53), "quelle occulte mani" (v. 36).
- Sineddoche: "le mie quattr’ossa" (v. 17)
- Similitudini: "come una reliquia" (v. 11), "come un sasso" (v. 19), "come un acrobata" (v. 19), "come un beduino" (v. 24).
- Analogia: "che ha il languore / di un circo" (vv. 3-4)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “I fiumi” di Ungaretti: parafrasi, testo e analisi
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