Cinque le poesie civili incluse nell’ultima sezione della raccolta La religione del mio tempo di Pier Paolo Pasolini, spesso accompagnate dal desiderio di morte. Prova ne è il Frammento alla morte (1960), che è il componimento centrale della silloge, considerato come il migliore e dedicato all’amico Franco Fortini.
Questa poesia può dirsi la narrazione poetica della vita di Pasolini, il quale, sin dai primi versi, presenta il suo percorso esistenziale, dicendo di aver camminato nella storia malgrado le “atroci sfiducie”.
“Frammento della morte” di Pier Paolo Pasolini: testo, analisi e commento
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Dominante il pensiero della morte nel corso dell’esistenza del poeta:
Ho camminato alla luce della storia, / ma, sempre, il mio essere fu eroico, / sotto il tuo dominio, intimo pensiero.
Eppure è stato il sentimento della morte a dargli la certezza della vita. Avendo raggiunto altre sicurezze, non si preoccupa più delle accuse che gli vengono rivolte:
E adesso, / accusino pure ogni mia passione, / m’infanghino, mi dicano informe, impuro / ossesso, dilettante, spergiuro.
Sicché, l’uomo-poeta può accostarsi alla morte con ben altra maturità e lo fa come un emigrato che torna al suo paese e lo riscopre.
Facendo un consuntivo, Pasolini dichiara di essere stato fortunato nell’esercizio dell’intelletto e di avere raggiunto una buona dose di felicità e una buona salute, malgrado il suo essere in preda alla nevrosi che tuttavia egli sa gestire e dominare. Tirando le somme, mostra di essere consapevole di avere avuto tutto ciò che ha voluto:
Sono sano, come vuoi tu
la nevrosi mi ramifica accanto,
l’esaurimento mi inaridisce, ma
non mi ha: al mio fianco
ride l’ultima luce di gioventù.
Ho avuto quello che volevo, ormai:
sono anzi andato anche più in là
di certe speranze del mondo: svuotato,
eccoti lì, dentro di me, che empi
il mio tempo e i tempi.
Sono stato razionale e sono stato
irrazionale: fino in fondo.
E ora… ah, il deserto assordato
dal vento, lo stupendo e immondo
sole dell’Africa che illumina il mondo.Africa! Unica mia
alternativa…………………………….
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È la rabbia ad agire nel suo animo, Pasolini la descrive in questi termini:
Una nera rabbia di poesia nel petto. Una pazza vecchiaia di giovinetto.
E sarebbe da dire che essa è un sentimento primordiale, di base, determinato dal bisogno di difendersi per sopravvivere. Ma quando l’ambiente diventa ostile, il malessere è inevitabile. Allora immensa e oscura gli fa paura, perché in essa è racchiusa la morte, sentita così vicina da poterla quasi toccare.
Del resto, La rabbia è il titolo del quarto componimento della silloge, dove Pasolini a cuore aperto confessa di esserne agito:
In me è ormai chiuso il demone / della rabbia. Un piccolo, sordo, fosco / sentimento che m’intossica.
Oltre le speranze deluse, che non si risolvono nella rassegnazione, oltre il senso di frustrazione, oltre la reazione al vecchio mondo che a lui non dà tregua, gli si prospetta la luce africana che illumina la sua azione. Se cupi sono i bilanci per le speranze deluse, è essa a porsi come unico antidoto all’angoscia del presente.
È la sola alternativa che gli resta rispetto al grigio anonimato dell’occidente.
Sicché, il poeta canta un’Africa come estremo baluardo ideale di poesia, cioè atto a difenderne e a preservarne l’immutabile, assoluta sacralità: i bilanci si risolvono così in una convinzione da cui muovere per tentare di salvare qualcosa della coscienza storica e tendere alla conquista futura della libertà.
Non è un caso che Pasolini, dopo aver visitato per la prima volta un paese dell’Africa subsahariana, il Kenya, scrisse La Resistenza negra (1961), breve saggio di critica letteraria dalle chiare finalità politiche, anticolonialiste e antirazziste:
Ormai la nostra poesia non guarda più al futuro […] Lo “sguardo al futuro”, che era tipico in noi in di quei famosi anni quaranta, lo ritroviamo qui, con la stessa quasi impudica freschezza, con la stessa imprecisa ma emozionante irruenza, con la stessa meravigliosa convinzione dell’autosufficienza della speranza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Frammento della morte” di Pier Paolo Pasolini: una narrazione poetica della vita
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