Gemini Virus
- Autore: Wil Mara
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
No, dico, vi è mai successo di fare delle cose per il semplice gusto di farle? Cose non essenziali, intendo. Fine a se stesse, contingenti al succo vero della vita, cose come guardare una partita di calcio, godersela da pazzi durante il saliscendi sulle montagne russe, instupidirsi di forum e cronache in diretta da pomeriggio tv. Qualche rimorso in questi casi? Non ci giurerei, e dunque perché tirarla per le lunghe al pensiero di un week end post-post moderno passato sul divano aggrappati a un romanzone che altro non vuole se non trasmettervi i brividi lungo la schiena?
Semel in anno, concedevano persino i latini, senza contare che non tutta la fiction di consumo è da buttare: se si regge una qualche stereotipia narrativa, dinamiche tranchant (protagonisti e antagonisti buoni-buoni, cattivi- cattivi), ed happy end in agguato dietro l’angolo, tra America e (nel suo piccolo) Italia ci sono in circolazione story sellers niente male. Diciotto ore di pulp fiction senza pretese, un po’ come staccare il biglietto per l’ottovolante di cui sopra: né più né meno che autentico spasso fine a se stesso.
Wil Mara, per esempio, nella nostra fattispecie sa bene il fatto suo, nel senso che ho letto cose peggiori sul fronte di plot convenzionali ed eroi & eroine stucchevolmente connotati. Il suo “The gemini virus” (Gargoyle) - rispolverato sulla scorta di ricadute paranoiche da “caso Ebola” via tg -, è un epidemic novel futuribile, dal taglio robusto quanto serrato. L’ho divorato nell’arco di due giorni e la cosa straordinaria (aduso come sono ad ambiti più rigorosi) è che non mi è mai passato per la testa di piantarlo a mezzo.
Il plot è detto in due parole: un virus cattivissimo e sconosciuto (diffuso forse “artificialmente” da una cellula di terroristi islamici... ma no!), comincia a seminare vittime & isteria nell’America-paradigma del resto del mondo. I soliti volenterosi si danno da fare per arginare il contagio, in un crescendo (letterale) di infezioni e tensioni che, insomma, se soffrite di ipocondria andrete come minimo a lavarvi le mani a ogni maniglia di porta che incrocerete per il resto della vostra vita. Come nel più classico dei disaster film (ricordate gli airport, gli uragani, i terremoti in sensurround del cinema USA anni Settanta?) le micro e macro vicende dei character che la sfangano e non (quasi sempre non) tra le pagine di questo romanzo, si alternano secondo topos, in una parabola a ostacoli esponenziale alquanto plausibile: dall’insorgere in sordina dell’infezione alla quasi pandemia che miete vittime su vittime al passo sostenuto di nuova peste nera.
Il fatto saliente è che, prima e dopo l’escalation, l’attenzione del lettore non si abbassa di un decimetro: inchiodati alla poltrona dalla prima all’ultima pagina, come si dice in questo casi, che in fin dei conti è ciò che si richiede a un romanzo di genere. Se vi piacciono le atmosfere emergenziali da "L’ombra dello scorpione" (Stephen King), “The gemini virus”, insomma, non vi deluderà: con meno manicheismo e pompa magna del capolavoro kinghiano, Wil Mara racconta il prologo della fine del mondo senza timore di sporcarsi le mani (diversi dettagli a un filo dallo splatter), sbatacchia il lettore di qua e di là attraverso uppercut bene assestati quindi saluta e se ne va senza nemmeno sdilinquirsi in convenevoli troppo rassicuranti.
“The Gemini virus scuote il genere, stabilendo standard nuovi per la pubblica paura.”
Sentenzia da qualche parte in America il cantautore Robbie Dupree e - volete sapere un’ultima cosa? - io stavolta condivido in pieno e raccomando.
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