Perché non diamo un’occhiata a Carducci prosatore e critico?
Il poeta ufficiale dell’Italia umbertina ci ha lasciato una fittissima produzione in prosa, frutto di un lavoro quotidiano legato sia alla sua attività di studioso della letteratura italiana, sia alla necessità di precisare le sue scelte letterarie.
L’attività di Carducci prosatore la possiamo articolare in tre gruppi.
1. Scritti storici e critici di Giosuè Carducci
Associati alla sua attività di studioso e docente, comprendono il corpus dei lavori accademici. È ora di ricapitolare la sua attività come professore. Nell’anno 1859-1860 insegna nel liceo di Pistoia.
A seguire, per iniziativa del ministro della Pubblica Istruzione Terenzo Mamiani Della Rovere, viene nominato professore di eloquenza italiana, ossia letteratura, all’università di Bologna, dove si trasferisce con la famiglia tra non poche difficoltà pratiche ed economiche.
Dal 1868 al 1870 viene sospeso dall’insegnamento per le sue posizioni giacobine che suscitarono un intervento repressivo da parte delle autorità.
Nel 1904, a sessantanove anni, lascia l’ateneo e due anni dopo l’assegnazione del premio Nobel consacra la sua posizione come “poeta ufficiale” della nuova Italia.
Giosuè Carducci non ha un metodo di analisi definito, segue la concretezza del testo sotto il profilo linguistico, retorico, e formale; una lente filologica lo spinge a esaminare la storia del testo e le diverse fasi del lavoro dei singoli autori. Se l’attenzione al “fare poetico” lo avvicina all’indirizzo positivista allora dominante, il disinteresse per De Sanctis invece lo allontana.
Come critico Carducci si occupò soprattutto di Dante, Petrarca, Poliziano, Ariosto, Tasso, Parini, Manzoni e Leopardi.
Ancora validi i suoi commenti al Poliziano e alle Rime del Petrarca scritti con la collaborazione dell’allievo Severino Ferrari.
2. Scritti polemici
Affrontano temi politici, ideologici, politici, autobiografici, celebrativi e sono frutto di un’intensa collaborazione con le più importanti riviste letterarie. Per esempio chiarisce il suo avvicinamento alla monarchia, le sue posizioni politiche, rievoca gli anni della giovinezza.
3. L’epistolario di Giosuè Carducci
Pubblicato in 21 volumi tra il 1938 e il 1960 ci mostra un campionario di atteggiamenti umani che non traspaiono nei versi. Emerge l’altra faccia di un uomo spesso vittima di momenti di sconforto, di malinconia, insofferente alla fatica quotidiana e perfino al proprio ruolo ufficiale.
Un mood cupo, questo, destinato ad accentuarsi negli ultimi anni vissuti tetramente. Una nicchia è occupata dalle lettere scambiate con l’amante Carolina Cristofori Piva che costituiscono una sorta di romanzo d’amore durato dal 1872 al 1878.
La donna amata è proiettata in una sfera di eleganza, di pose nobili e sublimi contrapposte alla pesante mediocrità del mondo quotidiano. Moglie di un colonnello dell’esercito ed ex garibaldino, Carducci la vezzeggiava con i senhal di Lina o Lidia.
Fu lei a fare la prima mossa contattandolo via mail con una missiva piena di fervente ammirazione. Lo sventurato rispose, anzi si prese una bella sbandata. Nacque un fitto scambio epistolare che affiancò una relazione più vagheggiata che vissuta. Si scambiarono seicento lettere. Si incontrarono di nascosto una dozzina di volte. Altro che relazione a distanza, questo ha i connotati di un amore virtuale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Giosuè Carducci prosatore: l’altro volto del poeta
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