Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema
- Autore: Vito Santoro
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Tra le varie pubblicazioni dedicate a Calvino in occasione del centenario della nascita, merita sicuramente un’attenzione particolare Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema (2024) di Vito Santoro, critico letterario di “Repubblica Bari”, autore di numerosi saggi sul rapporto tra letteratura e cinema. Il libro inaugura una nuova collana dell’editore Les Flâneurs, diretta da Antonio Daniele, italianista dell’Università di Foggia, volta alla costruzione di un più moderno significato della critica letteraria e di un nuovo rapporto con il pubblico sempre più lontano dal genere saggistico.
Infatti ciò che invita alla lettura del libro di Santoro non è soltanto la scelta di un argomento che suscita uno spontaneo interesse all’interno della vasta bibliografia calviniana, ma anche l’organizzazione della materia: un gradevole e accurato racconto suddiviso in singoli episodi fruibili anche autonomamente, seguendo un personale ordine tematico o semplicemente assecondando la propria curiosità. Scorrendo le pagine del libro è facile cedere alla tentazione di interrompere la successione ordinata delle pagine per dare la precedenza ai titoli accattivanti dei singoli capitoli, ognuno dei quali indaga un diverso aspetto del complesso rapporto di Calvino con il mondo del cinema, “un amore difficile” ma costante e multiforme.
È proprio questo il leitmotiv che, a partire dal titolo, attraversa i singoli episodi di un’unica serie, a volte restando sullo sfondo, altre emergendo in maniera significativa, come nel capitolo di apertura “Non so niente di cinema: Presidente di giuria a Venezia”. Tale ammissione di incompetenza da parte dello scrittore ligure, contenuta in una intervista rilasciata nel 1981, in occasione della sua partecipazione alla Mostra d’arte cinematografica in qualità di presidente di giuria. “Una piccola bugia dovuta forse a un eccesso di modestia”, la definisce Vito Santoro. Una dichiarazione che non riesce a celare l’attrazione naturale esercitata dalla macchina da presa, al punto da portarlo non solo a dedicarvi articoli, recensioni, soggetti, trattamenti, ma anche a improntarne la scrittura, una scrittura che rimanda alle tecniche di ripresa e montaggio (“Pensiamo all’attenzione quasi ossessiva per la divaricazione e moltiplicazione dei punti di vista […] i labirinti spazio-temporali, gli universi paralleli”) e che a sua volta ha influenzato e continua ad influenzare più o meno consapevolmente registi, per così dire, ‘calviniani’,
come David Lynch, Andrew Niccol, i fratelli Coen, le sorelle Wachowski, Steven Knight.
Il rapporto di Calvino con il cinema viene scandagliato da Santoro da tutti i punti di vista disponibili: da quello biografico (l’adolescente assetato di cinematografo, l’allontanamento degli anni ’60 intervallato da sporadici ritorni, lo scambio epistolare con registi, scrittori e sua moglie ‘Chichita’, il ritorno a L’Avana) alla sua attività di recensore (dall’esordio avvenuto non ancora diciottenne sul “Giornale di Imperia” alla sua esperienza di inviato a Venezia per “Cinema nuovo”); dalle sceneggiature e i trattamenti rimasti nel cassetto (come Viaggio in camion, Marco Polo, Tecnicamente dolce) ai racconti o romanzi diventati film (come Fratello pescecane, L’avventura di due sposi, L’inseguimento, L’avventura di un lettore, Il cavaliere inesistente, alcune ‘storielle’ di Marcovaldo). Trovano il loro spazio anche le sue preferenze per registi e attori (da Chaplin, amato fin da bambino, a Fellini e Antonioni, da Totò alla Lollobrigida), così come la repulsione per il cinema di Godard. Non mancano poi riferimenti alla musica e alla fotografia.
Un rapporto complesso, quello dello scrittore ligure con il cinema, destinato a evolversi nel tempo: inizialmente pura evasione e “bisogno di distanza”, quindi
luogo in cui vengono messi in scena i problemi collettivi della nazione
dopo l’esperienza della resistenza, fino a maturare la consapevolezza de Gli amori difficili dei romanzi coi film (titolo di un articolo del ’54), come testimoniato dal vasto ventaglio di informazioni e aneddoti che non riguardano soltanto il contributo dello scrittore alla decima musa, ma anche al cinema in generale (pensiamo al capitoletto dedicato al cinema industriale o alla ricostruzione dello scontro tra viscontiani e felliniani sul palcoscenico della Mostra del Cinema di Venezia nel 1954). Elementi che fanno sì che il saggio si presta a essere apprezzato non solo da chi ama lo scrittore e vuole approfondirne il complesso rapporto con il cinema, ma anche dai cinefili a caccia di curiosità e fatti poco noti.
Alla fine Vito Santoro stesso si immedesima in questa compenetrazione tra cinema e letteratura e la sua scrittura risulta talmente visiva
che siamo portati a vedere la scena come se si svolgesse davanti ai nostri occhi
per dirla con le parole di Calvino.
Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema
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