Gli enigmi di Leonardo. La Gioconda disvelata
- Autore: Claudio Avenali
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Un romanzo che “gioca” coi segreti di Leonardo da Vinci, in particolare con i misteri del capolavoro senile del genio toscano, tanto da farsi leggere come un saggio sull’arte e con uno sguardo al paranormale, all’esoterico, al mistico. Gli enigmi di Leonardo. La Gioconda disvelata è stato pubblicato a giugno 2019 dalle Edizioni Minerva (Bologna, 144 pagine 12.75 euro). Claudio Avenali, romano, capricorno del 1976, accanto all’attività letteraria conta un’attività professionale in giacca e cravatta nel private banking. Laureato in economia e commercio, specializzato in statistica, vanta esperienze nella ricerca e consulenza. Presenta così, in terza persona, la componente artistica della sua vita
Si diletta con passione nella scrittura e nella pittura con uno stile logico-deduttivo che contribuisce a dar vita nella narrativa, quale moderno alchimista, a un innovativo archetipo di comunicazione.
Fa specie avviare con due frasi del tutto criptiche un libro che promette di “disvelare” l’arcano dietro il sorriso di Monna Lisa. La prima è una citazione dello stesso Leonardo da Vinci, “Naturalmente gli omini boni desiderano sapere”, l’altra un aforisma di William Shakespeare, “Talvolta le parole ne nascondono altre”. E nella dedica al da Vinci, per il cinquecentenario della morte, l’autore si dice:
Orgoglioso ed emozionato di aver dedicato tanta parte di me a ’giocare’ con qualche goccia nel mare della tua genialità.
Più generosa di indiscrezioni la prefazione. Il testo nasce da un passatempo per combattere la noia di una giornata invernale. Stanco di dedicarsi alla soluzione di anagrammi, Claudio si era ritrovato tra le mani un libro illustrato, con la riproduzione di celebri opere pittoriche del Maestro. A quel punto, pare abbia avuto prima la “fortuna” di una rivelazione onirica e immediatamente dopo anche “un’intuizione feconda”, forse per l’attitudine alla pittura (anche se riconosce più passione che talento nel suo rapporto con l’arte figurativa).
Un approccio di origine “misticheggiante”, spiega per primo Avenali.
Da quel momento ha preso corpo il “disegno” di andare a investigare un enigma celato da Leonardo nel dipinto più famoso, partorito da un genio e in attesa “paziente e fiduciosa” da cinque secoli d’essere colto dai posteri.
Non ci sono tracce della fede religiosa del da Vinci. Tanto generoso nel lasciare appunti, codici, testimonianze documentali di suo pugno, vergate con l’eccentrica scrittura sinistroversa, il nostro straordinario predecessore non ha lasciato la minima indicazione sul suo credo.
La personale percezione del mondo e la “filosofia” leonardesca sono perciò inesplorate e Avenali ritiene di aver colto nel passato dell’artista, nei titoli delle opere e nei particolari disseminati nelle opere, certi anagrammi che almeno in parte sarebbero “formulari con parole in lingue antiche”.
A supporto, si accenna nella prefazione agli studi del discepolo di Leonardo, Francesco Melzi. Di famiglia nobile, aveva appreso le lingue classiche e quindi potrebbe aver supportato la genesi di alcuni giochi di parole.
Per raccontare le vicende, l’autore coniuga immaginazione a presupposti filosofici, principi religiosi ad una farcitura di razionalità, senza trascurare racconti mitologici e qualche elemento di natura misterica. Non mancano riproduzioni dei disegni del Maestro, incastonate nello sviluppo del racconto, che in avvio allude all’incontro col Gran Sacerdote, preteso dai proseliti che Gian Giacomo Caprotti va raccogliendo in gran numero.
Il pressoché filiale protetto - soprannominato fin da fanciullo Salaj, diavoletto, per il carattere irruento - lo rivela a un Leonardo che nell’Anno Domini 1500 si mostra coi capelli bianchi e gli occhi color del mare, intento a maneggiare alambicchi, provette e varie sostanze. Un alchimista o un mago?
Quanto al dipinto, il ritratto di una dama realizzato ad olio con l’innovativa tecnica dello sfumato, era nato da pochi e decisi colpi di pennello che avevano tratteggiato un volto indecifrabile e imperscrutabile.
L’anziano Leonardo lo volle trattenere presso di sé per anni, tanto da privarsi del quadro della Gioconda solo nel 1518, un anno prima di morire, mezzo millennio fa, in circostanze non del tutto chiare.
Col passare del tempo, aveva messo mano a continui ritocchi, ispirato dalla visione della madre in quell’incarnato, oppure dell’allievo prediletto o addirittura del proprio volto. Ed oltre a trasformare l’espressione “in un’icona del suo animo”, volle inserire secondo Avenali dei simboli, dei contenuti, un messaggio arcano sul presente e sul futuro, che le generazioni seguenti avrebbero prima o poi potuto cogliere, ma che intanto sarebbe sfuggito all’occhio intollerante e punitivo “dell’ordine imperante, in particolare quello religioso”.
Non potendo sfidare impunemente i poteri dominanti, soprattutto la Chiesa - che di lì a poco fonderà l’inquisitorio Sant’Uffizio - il Maestro sembra rivolgersi ai posteri, almeno a quelli più avveduti, in grado di cogliere i suoi messaggi cifrati, comprese tantissime invenzioni e giochi criptici di parole.
Gli enigmi di Leonardo. La Gioconda disvelata
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