Grigio di Caterina Saracino

Morgana veste di grigio, vive in un mondo grigio, Morgana è "grigio": un colore senza passione che identifica le sue paure e le sue chiusure. Vive con Gabriele, il fratello minore, segnato da un incidente che gli ha tolto la parola cinque anni prima; lavora in una merceria, sotto i commenti e gli ordini della padrona. C’è Daniele, sì, ma i loro incontri sono ormai ridotti a rapidi e convulsi gesti notturni, che Morgana non sa se catalogare sotto la categoria amore o disprezzo: anche questo, come tutti gli altri, è un rapporto grigio. E poi c’è il passato, che torna sotto forma di un montgomery giallo a tormentare i due fratelli; e c’è una madre che in realtà non c’è più perchè li ha abbandonati.
Tutto comincia a cambiare con un incontro: Giada, la bellissima Giada.
A dispetto del titolo, questo libro è pieno di colori: ogni capitolo ha per titolo qualcosa di colorato; perchè i colori, anche se Morgana non se ne accorge, la accerchiano e la cercano, le girano intorno cercando la sua attenzione. Lei continua a sentirsi avvolta di grigio, come in un impasto che le impedisce di muoversi e di esprimere i propri sentimenti, tanto da dubitare di averne. Deve sfiorare la tragedia per toccare l’arcobaleno.
Lo stile della Saracino, al suo secondo romanzo, richiama quello della Mazzantini: lo ammette anche lo scrittore Filippo Rissotto nella prefazione. Moltissimi scrittori, così come moltissimi pittori e scultori e altri artisti, hanno iniziato lasciandosi prendere dallo stile dei propri maestri. Le similitudini e le metafore di questo libro sono spinte, ti destabilizzano, ti scuotono, impediscono che la tua attenzione si volga altrove: quando le hai lette, ti chiedi cosa sia successo intorno a te, perchè per quel breve lasso di tempo tu non eri nel tuo quotidiano, ma accanto a Morgana e Gabriele.
E’ un libro che si legge tutto d’un fiato per vedere cosa succederà dopo, ma quello che conta è che questo, come tutti i bei romanzi, insegna qualcosa ad ognuno di noi: tutti abbiamo un po’ di grigio dentro la gabbia toracica. Ci servono le storie estreme come quelle di Morgana per rendercene conto.

"I cardigan rossi, le camicie viola e i top di strass cercavano di tirarmi dentro la loro ridda, pubblicizzati da commesse imburrate di fondotinta, ma io chiedevo e ottenevo il grigio; amalgamarmi all’alone che mi portavo appresso, come un saio impossibile da levare, era il mio destino".