I Diavoli Neri. La vera storia della battaglia di Mogadiscio
- Autore: Paolo Riccò Meo Ponte
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2020
2 luglio, per tanti un giorno qualsiasi, a Siena il primo atteso Palio dell’anno, per i parà della XV Compagnia Diavoli Neri della Folgore è “quel maledetto giorno del 1993”. Si riuniscono ogni anno in memoria del paracadutista pugliese Pasquale Baccaro e per ricordare la prova di valore e sacrificio offerta dal reparto ventisette anni fa, in Somalia, nel corso della missione di pace Ibis. È una storia trascurata, in massima parte mai raccontata e che il Paese ha preferito ignorare, quella che un protagonista di allora, il generale dell’Esercito Paolo Riccò, ha voluto raccontare con la collaborazione dell’inviato di guerra e scrittore Meo Ponte, in un volume pubblicato da Longanesi nell’estate 2020: I Diavoli Neri. La vera storia della battaglia di Mogadiscio (318 pagine).
Quella mattina, il 2 luglio del 1993, l’esercito repubblicano ha combattuto la prima battaglia dalla seconda guerra mondiale. Le forze di pace italiane erano sbarcate in Somalia fiduciose di mettere fine alla catastrofe umanitaria, causata dalla carestia e da una guerra civile che non sembrava avere fine. Credevano d’essere andati a risollevare un popolo stremato, ma si trovarono bersaglio delle milizie in guerra.
“Checkpoint Pasta”, tenete bene a mente il nome convenzionale assegnato a uno dei posti di blocco e di controllo allestiti dalle nostre forze lungo la via Imperiale, costruita durante l’amministrazione coloniale italiana e da allora rimasta l’unica strada che attraversa quel territorio, unendo la capitale somala all’etiope. “Pasta”, perché si trovava nei pressi di un vecchio pastificio costruito dalla Barilla e ovviamente abbandonato da decenni. In rovina, come tutta la Somalia.
“Reagimmo con le armi all’attacco a sorpresa di un nemico feroce [i miliziani di un signore locale della guerra, il generale Aidid], ma anche nei momenti più difficili rispettammo le rigide regole di ingaggio che governavano la missione, dosando la potenza di fuoco di cui disponevamo”.
Così scrive Riccò, ufficiale di carriera, plurilaureato, plurimedagliato nelle numerose missioni di pace all’estero.
Per sua volontà, sul muro sbrecciato di quella che era l’Accademia militare somala e che aveva ospitato i suoi parà, apparve la scritta in vernice rossa che riassume l’evento. Parole dure, come quei giorni.
“In questo maledetto giorno al pastificio eravamo in tanti, ma pochi spararono. La Compagnia Diavoli Neri aprì il fuoco per prima, ripiegò per ultima, lasciando sul campo numerosi morti e feriti nemici. All’adunata del mattino successivo, il paracadutista Baccaro Pasquale non era presente”.
Caddero in tre. Oltre al paracadutista Baccaro, il sottotenente Andrea Millevoi del Reggimento Lancieri di Montebello e il sergente maggiore Stefano Paolicchi, del IX Reggimento d’assalto Col Moschin. Tutti decorati con la medaglia d’oro al valor militare, come l’allora sottotenente Gianfranco Paglia, un altro dei Diavoli Neri, colpito da tre pallottole e costretto alla sedia a rotelle. Altri 21 i feriti italiani. Molto maggiori le perdite dei miliziani, anche più alte dei 67 morti e 103 calcolati dalle fonti ufficiali somale.
Scrivendo, Riccò assolve a un dovere della memoria assunto sotto il fuoco, raccogliendo l’ultimo respiro del parà Baccaro, senza poter fare nulla per salvarlo. Da quel giorno, si è ripromesso di non far dimenticare il valore dimostrato da Pasquale e dai suoi paracadutisti.
Ecco il racconto dal vivo di quei momenti di furore e di coraggio. La cronaca di una vera battaglia, combattuta da giovani sui vent’anni, ancora di leva, comandati da un quadro permanente di militari di professione, ufficiali e sottufficiali. In missione in Somalia i nostri soldati erano andati volontari, ma restavano pur sempre ragazzi presi dalle università, dalle scuole, dal primo lavoro, da casa, qualcuno dalla strada.
La ricostruzione dell’allora “Capitano Nero”, organizzatore, addestratore e comandante della Compagnia, si avvale delle testimonianze del vice comandante sten. Romeo Carbonetti, oggi ancora nella Folgore col grado di tenente colonnello e del sten. Oliviero Bonetti (Bomber) alla testa di un plotone e ora stimato osteopata.
Per chi ha dovuto affrontare avversari superiori di numero e non condizionati da scrupoli e cautele nei confronti dei civili, al dolore per i caduti si aggiunge l’amarezza che quelle vicende sono state raccontate poco e male, ridotte a una scaramuccia, a resoconti edulcorati e politicamente corretti non corrispondenti affatto alla verità, che è invece ben viva nella memoria di chi ha vissuto quelle ore.
Chi c’era sa, dice il gen. Riccò. Quel giorno, nelle strade di Mogadiscio, i soldati italiani hanno combattuto per sopravvivere. Il loro valore, la dedizione, l’addestramento e il buon comando di superiori che non hanno perso la testa, hanno evitato il massacro che sarebbe seguito inevitabilmente all’uso eccessivo della forza.
Le regole d’ingaggio obbligavano a una risposta proporzionata all’offesa. Per dire: se ti attaccano con un machete non puoi reagire a raffiche di mitragliatrice pesante. Anche questo atteggiamento corretto va ascritto a merito dei nostri.
Ci fu chi rispose al fuoco di un nemico soverchiante che cercava la strage, chi tenne la posizione, chi replicò colpo su colpo. Ragazzi feriti strinsero i denti e continuarono a puntare le armi bestemmiando. Poco più che adolescenti si trasformarono in guerrieri. Altri crollarono, vinti dalla paura (non i parà).
I pavidi e gli impavidi sono stati tutti dimenticati, ma quella di Paolo Riccò è la loro storia, raccontata da chi l’ha condivisa.
I diavoli neri. La vera storia della battaglia di Mogadiscio
Amazon.it: 11,40 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I Diavoli Neri. La vera storia della battaglia di Mogadiscio
Lascia il tuo commento