I colori della letteratura. Un’indagine sul caso Camilleri
- Autore: Simona Demontis
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Rizzoli
Simona Demontis è autrice del saggio che s’intitola “I colori della letteratura. Un’indagine sul caso Camilleri” (Milano, Rizzoli, 2001). Gli argomenti risultano trattati con competenza e illuminanti sono i riferimenti alle singole opere dello scrittore di Porto Empedocle. Ogni sua affermazione su ogni modello archetipico considerato risulta supportata dall’esame degli intrecci e della raffigurazione delle situazioni, nonché dalle fonti culturali che fanno capo a una biblioteca ideale di Vigàta.
Il viaggio inizia, fornendo adeguate ipotesi esplicative, dalle motivazioni che hanno indotto Camilleri a fare le sue note scelte linguistiche, si sviluppa sulla dimensione narrativa e si conclude con un bel capitolo sull’approccio psicologico delle persone e dei personaggi, il cui legame che può essere più o meno forte: nei romanzi storici la rete è più complessa e intricata, mentre nella narrazione poliziesca il livello di aggregazione è più debole. Lei inoltre scrive:
“Il dato più curioso è senz’altro la mancanza di una precisa raffigurazione fisica degli investigatori, a fronte di una sovrabbondanza di descrizioni dedicate a altri personaggi”.
Soffermiamoci almeno un attimo sul rapporto Sciascia-Camilleri. Il primo è scrittore radicalmente razionale; il secondo si mostra incline all’irrazionale e alla trasgressione, tant’è che Montalbano, come Maigret, porta avanti le sue indagini avvalendosi dell’istinto e delle passioni. Fra i due scrittori siciliani, oltre alle somiglianze evidenziate, si registrano anche diversità in merito ai casi da risolvere. Anche se spesso ci sono conclusioni in cui non trionfa la giustizia:
“Rispetto ai protagonisti di Sciascia, però, il commissario scopre sempre tutta la verità: talvolta non la rivela per sua scelta personale (“La forma dell’acqua”); talaltra come nel caso de “Il cane di terracotta” e “Il ladro di merendine”) pur essendo palesi le responsabilità della criminalità organizzata, o delle stesse istituzioni deviate, è impossibile attribuire il singolo reato a uno specifico individuo. O ancora (“La gita a Tindari”), i colpevoli sono identificati, ma le prove a loro carico non sono sufficienti”.
Riguardo alle somiglianze fra personaggi sciasciani e camilleriani, ad esempio, non si può non indicare quella tra il capitano Bellodi de “Il giorno della civetta”, ex partigiano avversario dei soprusi, e Montalbano “comunista arraggiato”. Di corposa rilevanza si manifesta un doppio capitolo dedicato alle fonti culturali (“Situazioni archetipe e debiti letterari”, pp. 138-69; pure pp. 28-32 ove la studiosa, in particolare, parla dei libri “Il gioco della mosca”, “La strage dimenticata” e “La bolla di componenda”). Suo il merito di avere evidenziato l’essenza della diversità delle lingue usate da Camilleri, parlando di “sperimentazioni espressive plurilingui, caratteri stile di una forma espositiva che può essere definita all’avanguardia”. Perciò, la lingua di Camilleri
“non consiste in una forma dialettale pura, ma in un’ibridazione che comprende spesso dei neologismi, ricavati soprattutto su calco dialettale, letteralmente miscelati con l’italiano”.
Anche l’impiego di altri dialetti, in base al contesto rappresentato, conferma l’ipotesi sperimentale del suo costrutto letterario che attinge da un ampio repertorio espressivo. In sostanza, l’opera di Simona Demontis non può passare inosservata: mostra notevole impegno di approfondimento e presenta, in modo esplicativo e non meramente elencativo, una corposa ricerca bibliografica.
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