Scrittori e registi si sono occupati delle fragilità dei cosiddetti mostri dando vita a personaggi che nel tempo sono diventati iconici.
Cinema e letteratura - a volte con delicatezza, altre volte con durezza - hanno tentato di interpretare concetti molto complessi come la diversità e la devianza (vedi l’articolo su Sololibri Chi è il Deviante? Un viaggio tra cinema e letteratura) con il rischio di camminare sul terreno minato del moralismo o di danzare sulle sdolcinate strade del buonismo e del politicamente corretto.
Il mostro è una creatura di aspetto orribile, spesso con forme contrarie alle leggi di natura: dagli orchi antropofagi ai lupi mannari, dai vampiri alle streghe, agli zombi. Ma ci sono altri mostri, le cui caratteristiche sono per lo più morali e intellettuali, addirittura mistiche.
L’etimologia di mostro – dal lat. mònstrum, mònestrum - è quella riferita al prodigio, a una cosa straordinaria e contro natura che deriva da monère – avvertire, mostrare. Dunque il corpo del mostro, il suo aspetto bizzarro, il suo comportamento deviante possono essere percepiti come un avvertimento e un monito per i benpensanti. Secondo le credenze popolari la condotta malvagia e crudele è la conseguenza delle deformità fisiche del mostro.
La “Megera”, personaggio della mitologia greca, una delle Erinni - le personificazioni femminili della vendetta - diventa la perifrasi, il modo di dire, per definire una donna litigiosa, invidiosa, per lo più brutta e vecchia.
Nella cultura popolare ci sono i sette simpatici nani della fiaba di Biancaneve, ma pure il nano pieno di rancore, come lo fu il giudice Selah Lively descritto da E. Lee Masters nell’Antologia di Spoon River e reso famoso dall’interpretazione di Fabrizio De André.
Brutti, Sporchi e Cattivi (1976) è un’allocuzione scortese per indicare un gruppo di persone che non piacciono, come accade nel film di Ettore Scola, popolato da mostri sociali – i poveri delle baraccopoli romane – in contrapposizione ai poveri, ma belli di cuore, delle baraccopoli milanesi del film Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo Totò il buono. Romanzo per ragazzi (che possono leggere pure gli adulti) di Cesare Zavattini (1902-1989).
I mostri: dalla teratologia alla fisiognomica
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Per conoscere le cause naturali del mostro può venirci in aiuto la biologia e la medicina con la disciplina della Teratologia che studia le malformazioni e le anomalie animali e vegetali. Su questo argomento c’è un trattato fondamentale: Histoire générale et particulière des anomalies de l’organisation chez l’homme e les animaux (1832-37) del zoologo francese Isidore Geoffroy Saint-Hilaire.
Tre secoli prima l’italiano Ulisse Aldrovandi (1522-1605), il fondatore della storia naturale moderna, che insegnò Logica e poi Filosofia Naturale all’Università di Bologna pubblicò l’opera Monstrorum historia.
Per una singolare e bizzarra esperienza cito pure il biologo e antropologo Giovanni Canestrini (1835–1900), seguace e traduttore delle opere di Charles Darwin, quando nel 1873 condusse studi antropologici sui resti di Francesco Petrarca e sembra che all’apertura della tomba il cranio del poeta del Canzoniere si disgregò rapidamente a causa dell’esposizione all’aria.
In questa breve dissertazione sui mostri è doveroso ricordare l’opera del discusso antropologo e criminologo Cesare Lombroso (1835-1909) che, influenzato tra l’altro dalla pseudoscienza della fisiognomica, elaborò la teoria del delinquente nato. Lombroso, in alcuni studi tra genio e follia, fece pure delle correlazioni tra i comportamenti e i sentimenti di alcuni geni della Letteratura: le visioni notturne di Dostoevskij e Maupassant, le malinconie di Voltaire e Molière, i tentativi di suicidio di Rousseau, la timidezza di Leopardi, l’amore infantilistico di Dante, Alfieri e Byron.
I Gabinetti delle Curiosità e l’origine dei mostri
Durante il periodo rinascimentale nascono in Europa diversi Gabinetti delle Curiosità dove erano custoditi oggetti esotici provenienti da paesi e culture lontane, ma pure bizzarri esemplari come teste di bambini conservate nell’alcool, parti del corpo imbalsamate e mostri umani - persone che avevano strane caratteristiche anatomiche.
In America alla fine dell’Ottocento, il fondatore dell’omonimo Circo Barnum allestì spettacoli con curiosità vive focalizzando l’attenzione degli spettatori sulle stranezze dei fenomeni da baraccone - i cosiddetti freaks - dalla donna barbuta ai fratelli siamesi Chang e Eng Bunker, ai lillipuziani.
L’Hubert’s Museum era il baraccone delle meraviglie e degli orrori sulla quarantaduesima strada di New York frequentato alla fine degli anni Cinquanta dalla fotografa dei freaks Diane Arbus (1923-1971). Diane Arbus, che morirà suicida, aveva già visto il film cult di Tod Browning, Freaks del 1932.
Uno degli scatti più famosi è quello del 1967 che ritrae due gemelle identiche - “Identical Twins” - scatto celebrato poi nel film Shining del 1980 diretto dall’amico Stanley Kubrick, e tratto dall’omonimo romanzo horror di Stephen King.
In questo articolo sui freaks diventa emblematica la figura del protagonista del libro, Jack Torrance, un ex alcolista ed ex insegnante di letteratura che cerca di portare a termine una commedia alla quale lavora da tempo e che mai terminerà.
I mostri: da Nosferatu a Freaks a Elephant Man
Cinema e letteratura hanno descritto una fenomenologia dei freaks, a partire da romanzi e film dell’orrore popolati dal Dracula dello scrittore di Bram Stoker (1847-1912) e dal Nosferatu il vampiro del regista F. W. Murnau (1888-1931).
I fenomeni da baraccone colpiti da gravi malformazioni fisiche – i nani, la donna barbuta, le gemelle siamesi, i microcefali, l’uomo scheletro, l’uomo torso, l’ermafrodita – sono i personaggi, interpretati da autentici disabili, del film Freaks di Tod Browning (1880-1962), tratto dal racconto Spurs dello scrittore americano Tod Robbins (1888- 1949) dove i fenomeni si vendicano atrocemente dei normali.
Bernardo Bertolucci inserì alcune sequenze di Freaks nel suo film The Dreamers, tratto dal racconto The Holy Innocents dello scrittore inglese Gilbert Adair.
La famosa fiaba La Bella e la Bestia, le cui lontanissime origini le troviamo in Amore e Psiche di Apuleio, nel tempo ha dato vita a più versioni sia letterarie che cinematografiche.
La Bella e la Bestia ha ispirato pure Alberto Moravia con il volume di racconti Storie della preistoria (Bompiani, 1982).
Il personaggio del campanaro Quasimodo del romanzo Notre-Dame de Paris (1831) di Victor Hugo è descritto come un essere deforme - guercio, zoppo, piegato su se stesso e sordo - che i parigini odiano, credendolo figlio del Diavolo e di una strega, ma è un uomo di nobili sentimenti. Suggestiva la versione cinematografica del 1939 diretta dal regista tedesco William Dieterle.
Esce nel 1818 il romanzo Frankenstein o il moderno Prometeo della scrittrice Mary Shelley che ha visto moltissime versioni cinematografiche: da quella muta del 1910 di J. Searle Dawley a quella più iconica interpretata nel 1931 da Boris Karloff, ricordando pure l’interpretazione di Robert De Niro nel 1994.
Tratto da alcuni saggi del medico Frederick Treves e dell’antropologo Ashley Montagu The Elephant Man è un film del 1980 diretto da David Lynch.
L’uomo elefante è la storia, ambientata nella Londra di fine Ottocento, di un giovane deforme tenuto in cattività ed esposto a pagamento durante gli spettacoli di strada.
Lupi e licantropi tra letteratura e cinema
Nel panorama letterario e cinematografico dei mostri ci sono i licantropi, gli uomini lupo che si trasformano durante le notti di luna piena. È del 1882 il racconto Il lupo dello scrittore Guy de Maupassant.
Del 1890 è il racconto Il marchio della bestia di Rudyard Kipling. Nel 1913 Luigi Pirandello pubblica sul “Corriere della sera” la novella Male di luna, nel 1983 Stephen King pubblica Unico indizio la luna piena.
Tra le pellicole cito il primo film su questo argomento: The Werewolf, un cortometraggio muto del 1913 del regista canadese Henry MacRa.
Ebbe poi molto successo nel 1981 Un lupo mannaro americano a Londra diretto da John Landis.
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Gli orchi: da Mangiafuoco a Barbablù
Secondo l’antropologo Raffaele Corso (1885-1965) l’orco:
Nei racconti popolari è un essere più o meno mostruoso, avido di carne umana, rappresentato in forma di gigante, dal capo grossissimo, dalla bocca enorme, dagli occhi di brage, dalla barba e dai capelli ispidi, folti e arruffati.
Lo scrittore francese Charles Perrault (1628-1703), autore delle versioni di Cappuccetto Rosso, Barbablù, La bella addormentata, Pollicino, Cenerentola, Il gatto con gli stivali definì il modello di quello che sarebbe poi diventato l’orco tradizionale delle fiabe. Si tratta di un uomo gigantesco, peloso, muscoloso, barbuto e con una grande pancia.
Nell’universo immaginario creato dallo scrittore inglese J. R.R. Tolkien gli orchi – i troll - appaiono nel romanzo Il Signore degli Anelli (1954) e sono creature grottesche e deformi, dalla pelle verde scuro, dalle braccia lunghe, il volto schiacciato, la bocca ampia dotata di zanne e gli occhi rossi.
C’è poi l’orco chiamato Mangiafuoco, personaggio de Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi.
Mentre l’orco Barbablù, secondo la versione di Perrault, è un uomo che ha ucciso le sue sei mogli e le ha nascoste nella stanza segreta di casa.
I mostri siamo noi: la Sentinella di Fredric Brown
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La paura del mostro è dentro ognuno di noi e paradossalmente ci rassicura perché cerchiamo di proiettare sugli altri le nostre fragilità. I fantasmi che abbiamo cercato di esorcizzare da bambini - la paura del buio, l’uomo nero ( il babau), la vicina di casa cattiva, lo straniero – i pregiudizi e gli stereotipi - razziali, religiosi, di genere – e le nostre debolezze – sentimentali, sessuali – hanno dato vita ad una moltitudine di mostri. Siamo sempre in preallarme, attenti e vigili come una sentinella per evitare di essere catturati da questi alieni che dimorano in prossimità delle nostre coscienze.
Concludo l’articolo evocando Sentinella (Urania, 1954) un vecchio e mirabile breve racconto di fantascienza dello scrittore statunitense Fredric Brown (1906-1972). Durante una guerra interplanetaria contro una specie aliena, il protagonista del racconto è un soldato asserragliato in una trincea che uccide uno dei nemici. La bravura narrativa di F. Brown è stata quella di far credere al lettore per tutto il racconto che la sentinella appartenga al genere umano.
Solo nel finale, mentre il soldato si avvicina al corpo esanime dell’essere ucciso, il lettore comprende che l’alieno - il mostro, il freaks - è in realtà un essere umano.
Il racconto si chiude con le parole della sentinella:
"Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame."
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I mostri nella letteratura e nel cinema: da Dracula a Barbablù
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