The branch of Lake Como that turns south between two unbroken mountain chains, bordered by coves and inlets that echo the furrowed slopes, suddenly narrows to take the flow and shape of a river, between a promontory on the right and a wide shoreline on the opposite side.
Che dite, lettori, è meglio “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno?” Noi italiani siamo di parte, ma dobbiamo pur riconoscere che la nuova traduzione americana de I promessi sposi a opera di Michael Moore è un piccolo capolavoro.
Moore, noto italianista, si è impegnato in un lavoro decennale per restituire al pubblico americano il fascino intatto del testo manzoniano.
La complessa operazione filologica di Moore ha cercato di conservare il ritmo della scrittura di Alessandro Manzoni, adattandosi alla prosa musicale e poetica del grande romanziere. Lo studioso è riuscito dove i precedenti traduttori avevano fallito, tuttavia i critici più pedanti hanno mosso diverse obiezioni al suo adattamento: mancano, per esempio, i punti e virgola di cui invece Manzoni fa largo uso.
Dobbiamo ricordare, comunque, che ogni traduzione è in parte un’opera di riscrittura che cerca di essere il più fedele possibile all’originale ma che, se necessario, è pronta a stravolgerlo per adattarsi alla lingua di destinazione. Questa traduzione, inoltre, presentava nello specifico numerose complicazioni: ad esempio, come rendere in americano la parlata dialettale milanese trascritta fedelmente da Manzoni in ossequio all’oralità?
Si tratta della prima versione inglese del romanzo di Alessandro Manzoni degli ultimi cinquant’anni. E proprio grazie al lavoro pedissequo di Michael Moore l’America intera ha riscoperto una grande classico della narrativa mondiale: ora I promessi sposi, con il nuovo titolo americano The Betrothed (Modern Library, 2022), è entrato nella hit parade dei libri da leggere questo autunno consigliati nientepopodimeno che dal Wall Street Journal.
Ma quanto viene modificata la scrittura di Alessandro Manzoni nella versione americana? Di certo nel lettore italiano l’americanizzazione di Manzoni potrebbe suscitare qualche perplessità.
Scopriamo tutti i dettagli di questa nuova traduzione.
I promessi sposi di Michael Moore: dalla versione italiana a quella americana
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Non si tratta della prima titanica impresa linguistica per Michael Moore. Lo studioso aveva già trasposto in americano altri grandi classici della letteratura italiana, come Agostino di Alberto Moravia o I sommersi e i salvati di Primo Levi. Con I promessi sposi Moore però ha voluto sfidare sé stesso cercando di traghettare un romanzo ottocentesco nel contemporaneo ventunesimo secolo. Neanche a dirlo, è stato un successo.
Oltre due secoli dopo Moore ha riattualizzato Manzoni puntando sulla magistrale descrizione che il romanziere fa della peste del Seicento. Per gli americani, che avevano conosciuto solo La peste di Camus, è stata una rivelazione. Da studioso appassionato, Michael Moore è stato capace di rendere, calvinianamente parlando, l’attualità di un classico mostrando I promessi sposi come un libro che “non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.
Così mentre gli italiani al sentir nominare Manzoni ormai quasi sbadigliano, ecco che gli americani scoprono un nuovo bestseller: un libro che, ommioddio, come hanno potuto non leggerlo prima.
La nuova traduzione di Michael Moore ha rivelato il nome di Alessandro Manzoni in America; mostrando agli USA che c’è ben altro oltre a La lettera scarlatta e a Walden, senza nulla togliere a Hawthorne e Thoreau ovviamente.
The Betrothed è apparso nelle librerie USA in una sfolgorante copertina rosso scuro, accompagnato da un’appasionata prefazione della scrittrice Jhumpa Lahiri, ora trapiantata a Roma, che da anni promuove in America la bellezza della lingua italiana incentivando la riscoperta della nostra letteratura. Lahiri nella prefazione ha definito questa nuova traduzione come “una pietra miliare per la letteratura”.
Michael Moore ha definito il suo colossale lavoro di traduzione come:
Una doppia prova d’amore.
Lo studioso ha detto che a muoverlo nell’ardita impresa di adattare la scrittura di Manzoni alla lingua americana è stata la passione per la lingua e la cultura italiana da lui studiata per oltre quarant’anni (Moore ha anche vissuto a lungo tra Milano e Como) ma anche il debito nei confronti della sua lingua d’origine, l’americano. Attraverso The Betrothed Moore ha voluto provare al mondo intero che non è vero che la lingua americana “non abbia eloquenza”. A questo proposito Moore ha offerto la prova provata: è riuscito a ricalcare la prosa e la sintassi di Manzoni servendosi di ogni sfumatura nascosta della “scarna” lingua inglese.
I promessi sposi di Michael Moore: cosa cambia nella nuova traduzione?
I lettori italiani di certo leggendo The Betrothed storceranno il naso. L’americanizzazione del testo manzoniano ha inevitabilmente comportato l’uso di alcuni calchi linguistici: ovvero la creazione di nuovi termini partendo dalla struttura originale delle parole di provenienza. Ne sono un esempio il termine “Argle-Bargle” per definire l’Azzeccagarbugli, oppure “Scarface” per definire uno dei bravi di Don Rodrigo. Ed ecco che i personaggi de I promessi sposi diventano molto simili a delle caricature; ma ricordiamo che anche i traduttori italiani di Harry Potter furono impietosi nel trasformare Albus Dumbledore in Albus Silente e Severus Snape in Severus Piton, eppure quei nomi - nella loro necessaria italianizzazione - hanno forgiato il nostro immaginario.
Per il lettore italiano inoltre la forza espressiva della prosa manzoniana risulta invariabilmente diminuita nella sua efficacia.
Basti pensare che una frase iconica, divenuta ormai proverbiale, come:
La sventurata rispose.
Nella traduzione di Michael Moore diventa:
And she gave her fateful reply.
Ora, è più che legittimo chiedersi, ma è sempre Manzoni? Di certo The Betrothed suscita numerose riflessioni sulla traduzione e sul suo significato: riscrittura, stravolgimento, oppure fedele traslitterazione? E dunque ciò che noi italiani amiamo di autori quali Nathaniel Hawthorne o Henry David Thoreau è la prosa magistrale, oppure il genio dell’invenzione narrativa? Il talento dei grandi scrittori non si discute, ma la lingua è il medium e produce un’inevitabile alterazione.
Possiamo dire che Michael Moore abbia, a modo suo, “sciacquato i panni in Arno”? O forse, per restare in tema USA, nello Hudson?
Del resto se c’è una cosa che il geniale Alessandro Manzoni ci ha insegnato è che la lingua non è statica, ma è rinnovamento continuo, e lui stesso si è fatto promotore dell’unificazione linguistica nazionale mettendo in discussione, per primo, la propria scrittura. Il valore popolare della sua opera nella nuova traduzione The Betrothed è dunque stato tutelato. Manzoni ne sarebbe contento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’America riscopre “I promessi sposi” grazie alla nuova traduzione di Michael Moore
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Io adoro I Promessi Sposi, per me sono un mito, altro che noiosi! Ho letto questo romanzo tre volte, la prima alle scuole superiori. E ogni volta ne rimango incantata per la capacità narrativa, descrittiva e comunicativa. Trovo che siano estremamente attuali nella caratterizzazione dei personaggi e delle vicende umane. Quando lo leggo tormento chi mi sta vicino dicendo "senti cosa scriveva Manzoni ..." e gli rileggo i passaggi che di volta in volta mi entusiasmano.
Lo stesso coinvolgimento ed entusiasmo ce l’ho per Harry Potter. Una passione profonda. Non si può non aver letto né l’uno né gli altri. Ad ogni riga trovo motivo per meravigliarmi della capacità dello scrittore.
E giusto, il passaggio dalla lingua madre ad una lingua diversa sicuramente comporta un prezzo da pagare, ma sicuramente anche un valore da aggiungere.