Il dio Elio ha un figlio da una mortale, Climene, il quale si mostra forte ma indisciplinato. Un vero uomo sotto questo aspetto.
Per dimostrare la sua forza e anche per scansare le chiacchiere sulla sua origine, Fetonte (questo è il suo nome) cerca di governare il carro del padre, ma i cavalli vanno da una parte all’altra spaventando tutti quanti e cambiando il clima del mondo, che viene sottoposto ad una continua siccità (vi ricorda qualcosa?) e rovinando i raccolti. Ma non solo: zone in cui il Sole era generoso diventano buie e prive di vita; le città sono distrutte, la civiltà scompare. In questo contesto Ovidio sembra riecheggiare, in modo minore, Lucrezio e la sua opera. Ma l’autore di Sulmona ha un carattere diverso e fa in modo che Zeus fermi la rovina.
L’arroganza degli uomini non può prevalere anche perché la Terra, madre di tutti i viventi, si ribella e lancia i suoi strali.
Questa è la fine del giovane che viene descritta con terribile precisione. L’eroe perde ogni controllo del carro e la Terra si apre sotto di lui; viene sbalzato dal suo cocchio e calpestato; la Terra si spalanca e crea dei vuoti, tanto che Fetonte si trova proiettato dalla Grecia in Italia sul fiume Po, dove trova la sua morte, pianto dalla madre e dalle sorelle. Questa è la storia di un giovane arrogante e disobbediente.
La follia umana e la distruzione della Natura, fra passato e futuro
Ma chiediamoci: quanto ha influito l’arroganza umana nella crisi del nostro pianeta? Siamo andati sulla Luna, stiamo cercando di capire se altri pianeti siano abitabili (alieni, non fatevi trovare, per il vostro bene!) ma distruggiamo la nostra casa. Si può essere così sciocchi?
E ciò viene da lontano, dallo stesso mondo antico, quello romano in particolare, che di fatto dissodò diversi territori ma, nel fare questo, distrusse la macchia mediterranea che all’epoca cresceva rigogliosa. Rimasero delle pietraie nel Sud Italia, che influirono sul futuro delle suddette zone. E il tempo non migliorò la situazione, anzi ne causò un peggioramento.
La Rivoluzione Industriale fece dei danni spaventosi con le sue miniere, le fabbriche e la tecnologia. Sradicò in questo modo il rapporto con la Natura che fu sfruttata dall’uomo, il qualesi riteneva superiore.
Siamo nel XXI secolo: sinistri segnali ci fanno capire che la Terra sia stanca di noi e del nostro dominio. Potrebbe essere un disastro o forse no, se siamo così saggi da fermare l’opera di distruzione. Ma questo è un compito che dovrà essere svolto dalle generazioni future, dallo loro volontà di non farsi sopraffare dalle colpe dei padri che non devono ricadere sui figli.
Ancora una volta gli dei dell’Olimpo possono insegnarci molto, pur essendo come noi imperfetti e soggetti alla legge severa della Natura.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il mito di Fetonte: i cambiamenti climatici nella mitologia
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