I vecchi e i giovani
- Autore: Luigi Pirandello
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
Luigi Pirandello, che aveva assistito ai mutamenti del Paese dal periodo borbonico all’affermarsi dello Stato post-risorgimentale, maturò l’intento di darne testimonianza, scrivendo “I vecchi e i giovani", fra il 1906 e il 1908. Il romanzo, frutto di un ripensamento di un passato effettivamente conosciuto e vissuto, uscì a puntate, nel 1909, sulla “Rassegna contemporanea”; poi, nel 1913 in volume. In versione rimaneggiata e definitiva nel 1913, dopo la sua morte.
Egli si poneva lungo il tracciato dei Viceré di De Roberto e delle più alte opere del Verga.
Quando il volume apparve lo scenario letterario era dominato dalla scrittura di Gabriele D’Annunzio. Oltre alla poesia del Carducci, quella del Pascoli era abbastanza viva, mentre si leggevano i versi di Gozzano e dei crepuscolari. Si era appena conquistata la Libia e già si intravvedevano i segnali della Prima Guerra Mondiale. In questa atmosfera, la narrativa siciliana fu una letteratura animata dal linguaggio delle cose, prospettando le reali condizioni dell’isola. Il Verga e il De Roberto, accogliendo nella loro narrativa il tema del Risorgimento, gli avevano dato una precisa direzione: la conclamata libertà era stata un pretesto per la riaffermazione della vecchia classe dirigente che esprimeva la cultura del latifondo e quella dell’aristocrazia con la conseguenza dell’avvilimento degli ideali risorgimentali. Iniziava con loro il revisionismo storiografico che faceva leva sul crudele fallimento degli aneliti di liberazione.
Luigi Pirandello, muovendo l’attenzione ai Fasci siciliani e allo scandalo della Banca Romana - successivamente insabbiato in sede giudiziaria con occultamenti di documenti compromettenti - volle così rappresentare in un ampio affresco, non privo di consistenti venature poetiche, la triste eredità morale e civile che i figli avevano ricevuto dai loro padri. Non v’è un contrasto generazionale vero e proprio. Gli stessi “vecchi”, dopo aver fatto l’Italia con il loro giovanile entusiasmo,l’avevano disfatta con sistemi di governo affaristici.
La crisi della classe dirigente, le misere condizioni dell’Isola, nonché l’insorgere dei contadini e degli zolfatari sono gli aspetti più eclatanti del quadro storico negli anni 1892-1894, in Sicilia e a Roma. Siamo dunque nel contesto della protesta sociale organizzata dai Fasci siciliani dei lavoratori, soffocata, poi, nel sangue dall’ex garibaldino Crispi con la complicità degli ecclesiastici. È il ritratto della crisi dell’Italia post-unitaria, nonché il crollo di speranze e di valori in cui si era fortemente creduto, a farne un romanzo storico in cui si collocano le forze del conservatorismo rappresentato dall’alleanza di un residuo di borbonismo con la chiesa. Anche la borghesia, arricchitasi con l’usura e con gli appalti pubblici, tramava intrighi con la nobiltà e il clero.
Squallido il contesto socio-politico a livello nazionale: vi dominano l’arrivismo, il piccolo cabotaggio fatto di meschine trame, il malgoverno, nonché l’incapacità sia di destra che di sinistra. Se i fessi lavorano, i furbi campano agiatamente sul loro lavoro. Malgrado il giudizio poco benevolo di gran parte della critica che rimproverò a Pirandello di scadere in una rappresentazione bozzettistica di tipi e ambienti, il romanzo coglie aspetti drammatici in una tessitura che si svolge nel breve giro di appena due anni: dalle elezioni politiche del 1892 allo stato d’assedio del 1894. Nella prima parte il fulcro degli eventi, oltre ad essere nella vita del feudo, è a Girgenti (l’attuale Agrigento), dove le sorti di tutti sono in balia di forze che, sia pure discordanti tra loro, operano concordi. Di Agrigento si parla estesamente nel capitolo VI in coincidenza con l’imminenza delle elezioni politiche. Gustosa, ad esempio, è la nota di costume che ritrae il modo di vivere in preda all’accidia:
I molti sfaccendati della città andavano intanto su e giù, sempre d’un passo, cascanti di noja, con l’automatismo dei dementi, su e giù per la strada maestra, l’unica piana del paese, dal bel nome greco, via Aténea, Rupe Aténea, ma angusta come le altre e tortuosa.
Il tedio, dunque, la dimensione dominante che allontana da ogni impegno e responsabilità:
Chi poteva curarsi, in tale animo, delle elezioni politiche imminenti? E poi, perché? Nessuno aveva fiducia nelle istituzioni, né mai l’aveva avuta. La corruzione era sopportata come un male cronico, irrimediabile; e considerato ingenuo o matto, impostore o ambizioso, chiunque si levasse a gridarle contro. In quei giorni, più che delle imminenti elezioni politiche, gli sfaccendati parlavano del duello del candidato Ignazio Capolino con Guido Verònica.
Ed era un duello non politico, ma di sangue per una questione cavalleresca. Nella seconda parte, Pirandello intreccia Girgenti con Roma e viceversa. La classe politica si mostra incapace di mediare le esigenze dei lavoratori che protestano in modo risoluto. Dal canto suo non decisa e contraddittoria sul piano dell’azione appare la generazione dei giovani che guida il movimento dei Fasci. L’andamento narrativo è scandito pregevolmente anche sul piano della psicologia dei personaggi. Pirandello, facendo leva sui suoi ricordi resi palpitanti dalla forza del sentimento, coglie, unitamente al paesaggio, aspetti fondamentali d’una società decaduta dove balza con evidenza il senso del tragico della sua Isola.
I vecchi e i giovani (1913)
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