Il canto di Medusa. Il romanzo di un tragico delitto
- Autore: Claire Heywood
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2023
Danae, Andromeda, Medusa e Perseo, tremilacinquecento anni fa: tre donne, un uomo. Uno solo, ma capace di devastare la loro esistenza, peripatetico (viaggiatore) tra le isole dell’Ellade e il Nord Africa, nelle civiltà mediterranee del mondo allora conosciuto.
Il canto di Medusa. Il romanzo di un tragico delitto (Newton Compton, maggio 2023, 320 pagine) è una drammatizzazione mitologica, che nella traduzione di Beatrice Messineo riprende il testo e perfino la copertina dell’edizione originale anglosassone, pubblicata solo nel febbraio scorso.
Si tratta del secondo testo narrativo di un’appassionata britannica dell’antica Grecia, Claire Heywood.
Originaria di Coventry, residente a Bristol nel regno Unito, si presenta come una studiosa dell’antichità, con laurea di primo livello in civiltà classica e master con lode in cultura visiva e materiale antica, insieme a due premi accademici, nell’Università di Warwick. Scrive ispirata dall’amore per la mitologia greca, dalla conoscenza del mondo antico e dall’interesse per le voci dimenticate delle donne. Il suo primo romanzo, infatti, Le figlie di Sparta (Newton Compton, 2022), bestseller negli Usa, rivisitava la guerra di Troia dal punto di vista di due personaggi femminili, Elena e la sorella Clitennestra.
Il secondo reinventa la leggenda di Perseo ed è tanto ben scritto, a tratti tenero, ma non si può anticipare nulla, tranne...
Tre donne, dunque. Danae, Andromeda, Medusa. La prima è figlia del re di Argo, Acrisio, che tanto ha cercato invano di avere un figlio maschio da tre mogli, per continuare la dinastia. Incerto sul futuro dell’Argolide, ha fatto interrogare il dio Apollo, che parla a Delfi per bocca della Pizia.
L’oracolo lo ha spaventato. Secondo il responso, la figlia avrebbe generato un maschio e il nipote sarebbe stato la rovina del nonno. Per questo, confina Danae in un magazzino di vino e olio, una stanza di sette passi per sette, chiusa dall’esterno, sorvegliata e con una sola piccola apertura in alto a rinfrescarla.
Confinandola, Acrisio è convinto di salvaguardare la castità della giovane e di scongiurare una nascita tanto minacciosa per lui. L’apertura sul soffitto non trattiene però il giovane Mirone, riccioluto e muscoloso figlio del fornaio, attratto dal suono della lira che proviene da quella stanza. Torna a trovarla ogni notte.
Danae resta incinta e il padre, non avendo cuore d’ucciderla, l’affida al dio Poseidone, in una barchetta appesantita da pietre e già sul punto di affondare appena spinta dalla corrente tra le onde. Conto ogni aspettativa, il precario natante tiene il mare e approda davanti ad alcuni pescatori. Dodici anni dopo, accanto all’ex principessa c’è un bambino, sull’isola di Serifos. Gli ha detto che suo padre è Zeus.
Andromeda, figlia di Cefeo e Cassiopea, vive in un’oasi a occidente dell’Egitto. È promessa al giovane Fineo, ma i tempi sono gravi, il dio Amon è in collera, i venti portano via i raccolti e il bestiame muore nei recinti. Potrebbe placarlo il sacrificio di una vergine e Andromeda lo è ancora. Verrà esposta alla divinità nel mare settentrionale e Amon deciderà cosa fare di lei.
La ragazza teme che qualche viaggiatore la possa importunare, però non è da terra che arriva l’inatteso: una vela, una figura che si tuffa, un giovane della sua età che si avvicina. Incuriosito e ammirato, parla una lingua che lei non capisce. La libera dallo scoglio dov’è legata, nuda, a un paletto infisso. Da una sacca di pelle, che pende dalla spalla del ragazzo sorridente, emana un odore di morte.
Medusa (non pensate al mostro del mito più comune) ha sul capo soltanto capelli corti e neri, che copre con la corona su cui sono incisi corpi aggrovigliati di serpenti. Le teste sporgono attente, le lingue guizzano, sembrano esseri vivi, sibilanti.
Tra le donne della Montagna Verde, in Cirenaica, Gorgone l’ha scelta come sacerdotessa, guardiana dei rettili veri che popolano il tempio. Tutti li temono, nessuno osa avvicinarsi. Forma una comunità isolata con Euriale e Steno, sue sorelle non di sangue ma di spirito e le Graie filatrici. Accolgono tutte le donne che cercano protezione e che a loro volta siano disposte a proteggere tutte.
Una mattina, Medusa sorveglia col suo arco la tana dei serpenti, quando tra gli alberi spunta un giovane uomo che cammina all’indietro, con gli occhi incollati al piccolo scudo di bronzo che regge di fronte a sé. Non ha l’aspetto libico. Interrogato, parla greco, dice che una creatura orribile infesta queste foreste, la famigerata Gorgone. Ha grandi ali, zanne affilate e mani di bronzo.
È invincibile, perché lo sguardo è mortale per chi lo incrocia, pietrifica il sangue all’istante, ma è convinto che se riuscisse a guardarla attraverso il riflesso dello scudo non potrebbe fargli del male.
Medusa scopre con piacere di ricordare ancora quella lingua, è divertita, tuttavia non vuole mostrare di ridere troppo. Gli chiede come possa chi lo ha preceduto avere descritto tanto bene quello che ha visto, se poi è morto come tutti. Lui resta a bocca aperta, incerto sulla risposta. Sembra deluso, è venuto a uccidere il mostro, ma non potrà compiere nessuna impresa. Naviga a bordo di un mercantile da quasi sei mesi, lo chiamano ragazzo e non gli danno mai modo di dimostrare ch’è un uomo.
L’undicenne, il navigante straniero, il giovanissimo con lo scudo è Perseo, il figlio di Danae, il “senza padre”. L’eroe ruba il cuore alle donne che gli vogliono bene. Ma in lui convivono anche il figlio, il marito, il padre?
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