Il cinema di Ingmar Bergman
- Autore: Roberto Chiesi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Gremese
- Anno di pubblicazione: 2018
Questo scriveva Ingmar Bergman di lui stesso:
In realtà io vivo continuamente nella mia infanzia: giro negli appartamenti nella penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala, e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare l’enorme betulla a due tronchi, mi sposto con la velocità a secondi, e abito sempre nel mio sogno: di tanto in tanto, faccio una piccola visita alla realtà.
E questo Jean Luc Godard, sulle contiguità immaginifico-filosofiche delle pellicole bergmaniane:
Un film di Ingmar Bergman è, per così dire, un ventiquattresimo di secondo che si trasforma e si dilata per un’ora e mezza. È il mondo fra due battiti di palpebre, la tristezza fra due battiti di cuore, la gioia di vivere fra due battiti di mani.
Comunque la si metta quello di Ingmar Bergman si staglia nella storia del cinema mondiale come uno specifico di caratura assoluta: inappuntabile sotto l’aspetto formale - tecnico e visivo -, tra i più densi per ciò che riguarda i contenuti.
In sede analitica Ingmar Bergman viene ricordato soprattutto per le stratificazioni ontologiche dei suoi film - le faglie intrapsichiche discendenti dal vissuto (Il posto delle fragole, Persona); l’horror vacui sperimentato al cospetto della morte (Il settimo sigillo); il dilaniante rapporto con la fede –, poste all’abbrivio visivo di geografie-specchio dell’anima: gli interni claustrofobici di Sussurri e grida; o quelli onirico-fiabeschi di Fanny & Alexander; la natura brulla dell’isola di Fårö della trilogia sul "silenzio di Dio" (Come in uno specchio, Luci d’inverno, Il silenzio). Persino l’insistito focalizzarsi sui piani ravvicinati dei volti, assume in Bergman connotati geografici, traslazione di moti e stati d’animo interiori.
Lo spunto di queste rapide annotazioni mi è dato da un libro invece copioso, licenziato da Roberto Chiesi per la collana CineAlbum di Gremese. Si intitola “Il cinema di Ingmar Bergman”, di cui rappresenta la summa analitico-fotografica. Trecento pagine di grande formato per ri-tracciare le impronte di una parabola autoriale copiosa a sua volta (una settantina di film, tra cinema e televisione). Il volume si apre con una citazione dalla sceneggiatura di Fanny & Alexander. Indicativa:
Forse Alexander ha dormito qualche attimo, forse continua a dormire, può darsi che questo sia un sogno. Potrebbe anche essere che abbia soltanto chiuso gli occhi, che tutto quello che sta per accadere non sia affatto una fantasia o un sogno, ma realtà.
Poche righe dopo fa notare Roberto Chiesi:
Pochi autori hanno saputo penetrare come Berman nel magma delle pulsioni rivelanti l’essenza palpitante, cruda, nuda dell’essere umano, che convive in modo contraddittorio con ogni suo sentimento, luci e miseria, in un mèlange indissolubile. Seguendo il prediletto Strindberg del Sogno, l’autore del Posto delle fragole ha adottato il cinema come strumento privilegiato per evocare spregiudicatamente l’onirico, cercando le chiavi per rappresentarlo non come dimensione scissa dal reale ma nel corpo stesso della realtà (pag. 7).
Come dire che - attraversando fantasie, psicanalisi, metafisica e ontologia - la lanterna magica di Ingmar Bergman appare comunque riconducibile alla dimensione biunivoca apparente/inapparente; al visibile e all’invisibile dell’essere e del tempo. Questa articolata guida-saggio che il critico cinematografico Roberto Chiesi dedica al regista a 100 anni dalla sua nascita (lo scorso 14 luglio), pronuncia la parola definitiva su una filmografia divenuta riferimento e antonomasia di cinema d’autore.
Il cinema di Ingmar Bergman
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