Il cuore di tutte le cose
- Autore: Elizabeth Gilbert
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2014
“Sono cresciuta in una fattoria e, pur non avendo mai amato la natura, qualcosa devo aver assorbito. Prima di scrivere Mangia, prega, ama vivevo a New York. Ma il successo del libro mi ha disorientata, ho sentito il bisogno di tornare a un ambiente familiare per restare con i piedi per terra e mantenere un briciolo di sanità mentale. Mi sono trasferita in campagna, ho cominciato a coltivare piante e ho scoperto una nuova passione”.
Con queste parole l’autrice si è espressa in una recente intervista per spiegare la genesi del suo ultimo libro. Dalla scoperta del suo amore per il verde, infatti, è nato Il cuore di tutte le cose (Rizzoli, 2014), un romanzo di oltre seicento pagine con un netto cambio di genere per la scrittrice, che sentiva il bisogno di misurarsi con temi che finora non aveva trattato.
Già dall’incipit del volume abbiamo un’idea della personalità della protagonista.
“Alma Whitaker venne al mondo insieme al nuovo secolo, il 5 gennaio del 1800”.
Nel XIX secolo gli inventori avevano progettato oggetti e macchinari molto importanti e gli scienziati avevano compiuto scoperte che avrebbero migliorato la qualità della vita delle persone. Alma con la sua brillante intelligenza ci affascina e ci conduce attraverso l’amore e lo studio della natura scoprendo con lei le leggi che la regolano. Alma era nata in una delle famiglie più ricche di Filadelfia, città allora in pieno fermento sociale e culturale: il padre Henry inglese di nascita e di umili natali, grazie alla sua abilità e alla sua scaltrezza “aveva accumulato una fortuna in sterline, fiorini, ghinee” commerciando in chinino e in altre piante medicinali. La madre Beatrix di origine olandese, né brutta né bella, austera, concreta e per questo adatta a vivere nel Nuovo Mondo. La bambina era cresciuta in una magnifica tenuta, il suo piccolo mondo, chiamata White Acre “infiniti acri di terreno boschivo”, impreziosita da varie serre riscaldate, dove era possibile cogliere frutta in qualsiasi periodo dell’anno. A White Acre vi era inoltre una magnifica collezione di orchidee. La famiglia viveva in una “sontuosa ed enorme villa palladiana” arredata con mobili “ordinati a Londra e i servizi di porcellana venivano da Canton”. Alma era “l’immagine sputata di Henry: rossa di capelli, rubiconda, labbra strette, fronte larga, naso cospicuo”. La bambina si domandava il perché di tutto ciò che le stava intorno, ”voleva capire il mondo” girando per la vasta proprietà con una lente in mano per osservare da vicino piante e insetti che incontrava nel suo vagabondare. Alma, classica figlia del suo tempo in una società in sensibile trasformazione, armata del suo kit personale: provette, scatoline, ovatta e blocco per appunti, ”il suo imperativo era come fosse regolato il mondo e “quale era la molla principale sottesa a tutto” e per scoprirlo sezionava e smembrava i fiori. La madre la faceva partecipare durante i pasti dove erano ospiti studiosi e scienziati e la ragazzina ascoltava i discorsi degli adulti con attenzione e a volte interveniva con commenti appropriati. Alma non aveva compiuto neanche vent’anni e già scriveva saggi sulla botanica, pubblicati su una rivista specializzata. Quando la madre era mancata, la protagonista aveva assunto il compito di dirigere la proprietà e la cura dell’anziano padre, pur continuando nei suoi studi e con le osservazioni della natura. Mentre stava fiorendo il dibattito sulle trasformazioni delle specie, controverso perché ipotizzare che un organismo potesse alterarsi “significava mettere in discussione il regno di Dio”, Alma, dall’osservazione di muschi fossili, era arrivata a concepire la teoria dell’evoluzione della specie.
“Era certa che un organismo potesse evolversi a partire da un altro organismo o causarne l’estinzione”.
Ma la personalità di Alma non era solo ragione e razionalità, la giovane dentro di sé nascondeva una forte sensualità e un’anima desiderosa di incontrare un uomo che l’avesse potuta amare non solo per la sua mente. Quando pareva ormai che la vita di Alma sembrasse destinata alla solitudine del cuore, arriva l’amore nelle vesti di Ambrose, anch’egli naturalista e illustratore botanico, più giovane di circa dieci anni. Un giovane uomo mite e alla mano che catturò subito il cuore di Alma. Eppure tra Ambrose, uomo dolce come il suo nome, e Alma, dalla mente concreta e solida, c’era un punto di disaccordo: lui era un tenace fautore del mistico tedesco Jacob Böhme, il quale sosteneva che
“ogni fiore, frutto o pianta era un codice divino, e conteneva la prova dell’amore del nostro creatore”.
Böhme chiamava questa sua teoria “il cuore di tutte le cose”. La razionalità di Alma trovava tutto questo difficile da comprendere.
Con uno stile coinvolgente, Elizabeth Gilbert tratteggia una bella e incisiva figura di donna che non si uniforma al solito cliché. Scopriamo una scrittrice capace di cogliere non solo gli affanni e le contraddizioni del nostro tempo ma anche gli affari di cuore e la vita del XIX secolo. Molto interessante e istruttivo tutto ciò che riguarda le descrizioni delle piante, in modo particolare le pagine relative ai muschi, ai quali la protagonista aveva dedicato più libri nei quali Alma ci mostra la bellezza e il fascino della natura nelle sue manifestazioni.
“Sii certa, cara amica, che tante grandi scienze e arti sono state scoperte grazie all’intelligenza e all’acutezza delle donne, sia nel campo della speculazione intellettuale, come dimostrano i loro scritti, sia nelle arti, come dimostrano le loro opere. E te ne fornirò moltissimi esempi”. Christine de Pizan, La città delle dame, 1405.
Il cuore di tutte le cose
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