Il fondamentalista riluttante
- Autore: Mohsin Hamid
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2010
E’ uscito in Italia nel 2007 questo romanzo quasi profetico: lo scrittore pakistano racconta in forma narrativa quella che appare parte della sua vicenda autobiografica di studente brillantissimo di economia a Princeton, desideroso di integrarsi nella upper class economica di Manhattan, fino alla crisi causata dal nuovo clima instauratosi a New York dopo l’attentato dell’11 settembre.
Hamid sceglie la forma narrativa del monologo: un interlocutore muto siede davanti all’io narrante, in un caffè di Lahore, mentre questi racconta tutta la sua storia, approfondendo particolari della sua vita intima, delle sue crisi, dei suoi successi, fino ad un finale inatteso e drammatico. Il giovane pakistano è dotato dal punto di vista fisico, essendo stato giocatore di calcio: ha un aspetto gentile e un portamento elegante; è colto e raffinato intellettualmente; sa di economia, letteratura, cinema. Al campus di Princeton fa amicizia con i migliori allievi americani, e si innamora di Erica, bionda wasp apparentemente inavvicinabile dato il gran numero di ammiratori che la circondano; malgrado i pregiudizi lo straniero dalla pelle scura risulta primo a tutti i test e,sebbene costretto ad una spietata competizione, viene assunto in un’importante società di revisione di conti per saggiare la solidità di aziende in difficoltà anche fuori degli Usa. La sua missione a Manila è un successo professionale che lo catapulta nel mondo dell’alta finanza, pur avendo appena ventidue anni. Quel mondo di facile e spesso illusoria ricchezza che ha nutrito i sogni della società americana fino a ieri comincia a mostrare le prime crepe e il protagonista si trova suo malgrado a sorridere di fronte al crollo delle Twin Towers. Da quel momento un velo sembra cadere dagli occhi del protagonista: capisce, con grande e profondo dolore, di non poter essere più l’americano integrato e nemico del suo stesso popolo: la storia infatti incalza, la guerra in Afghanistan e l’attacco ingiustificato all’Iraq costringono il giovane a fare i conti con la sua storia e la sua vera identità. Tornato in patria sarà un altro uomo, come ci rivela l’inatteso e misterioso finale.
Romanzo breve, inquietante, di rara e profonda sostanza umana, soprattutto nelle descrizioni di come il modello americano possa affascinare e sembrare credibile, fino a che, in una sorta di epifania joyciana, tutto quel castello può crollare in un attimo e dalle sue macerie sembra nascere un uomo nuovo, pronto a morire davvero per la sua identità e per valori morali che sembravano perduti.
Il fondamentalista riluttante
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Delicato e poetico, ma allo stesso tempo capace di mettere il lettore a disagio in modo sottile, questo dialogo che sembra quasi non avere interlocutore pone colui che lo legge in uno stato di crescente tensione, fino a che la scena non viene tagliata prima del grido finale, rendendo possibile più di una interpretazione.
La cortesia di Changez, perfino eccessiva, al limite con l’affettazione o addirittura con la falsità, questo suo continuo spiegarsi, quasi giustificarsi, che con il procedere del suo racconto diventa accusa, alimentano il clima teso della conversazione, un confronto che diventa conflitto, un avvicinamento che non riesce a superare le distanze.
Esiste, un interlocutore reale? O forse Changez si sta, in realtà, rivolgendo agli Stati Uniti, alla loro brillante e sorridente civiltà che sembrava avergli offerto una nuova vita e gli ha dato invece l’illusione di un lavoro di successo ottenuto sulla pelle dei più deboli, di una carriera già in pericolo al primo segno di debolezza, di un amore che non è riuscito a strappare a un nemico invisibile?
Leggere questo breve romanzo è come sederci noi stessi al tavolo insieme a Changez, in bilico fra la curiosità per il suo mondo e la sua storia e la diffidenza, che pian piano diventa paura e ci spinge a non rivelare niente di noi, mettendoci addosso l’urgenza di fuggire da ciò che non possiamo controllare.