Il fuoco dell’arte
- Autore: Nino Fontana
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Sottotitolo: Un cantante nel dramma del secondo conflitto mondiale
- Editore: Città nuova
Su “Il messaggero sardo” (maggio 2006), Adriano Vargiu esordisce con una domanda presentando alcuni “Sardi alla ribalta della notorietà”:
“Qualcuno ricorda Nino Fontana?”
e conclude il suo articolo con quest’altra:
“Che fine ha fatto Nino Fontana, qualcuno lo ricorda ancora?”
Alcuni anni fa, in Polonia, un ammiratore di Fontana e tenore di professione egli stesso, mi ha regalato l’autobiografia dell’artista di Iglesias. Sfogliando le pagine del libro, oggi non piú in circolazione, mi ha colpito la diversità dei Paesi menzionati, ma soprattutto il periodo in cui l’Autore vi ha soggiornato. E qui il mio interesse a leggerlo è salito alle stelle, considerando le mie esperienze culturali vissute in alcuni di quei Paesi (Polonia e Russia). Ho letto il libro quasi tutto d’un fiato!
Ho scoperto cosí, ricevendone autentica gratificazione spirituale, la storia di un’anima bella, di un uomo onesto e straordinariamente ricco di umanità, di un artista serio e bravo, convinto a buona ragione di contribuire con la sua arte al miglioramento di tutti gli uomini:
“…quando si parla di arte, tutto il mondo diventa un solo regno ed è bello sentirsi gli uni vicini agli altri. Anche le idee degli uomini si possono fondere in armonia come fossero musica e canto; se fosse sempre cosí, in ogni aspetto della vita sociale, sarebbe la realizzazione di un sogno” (pag.133).
Con la sua singolare storia personale dalle numerose sfaccettature, vissuta con pienezza, generosità e ottimismo in uno dei piú difficili e tragici periodi della storia europea, Nino Fontana si impone a pieno titolo all’attenzione dei posteri come exemplum da consegnare alla memoria non solo degli italiani, ma soprattutto dell’intera civiltà umana e nella sempre più pericolosamente critica contemporaneità. La sua profonda e incrollabile fiducia nell’uomo (nonostante la terrificante capacità distruttiva, di cui spesso è stato testimone), mediata da una profonda e sincera religiosità, convintamente espressa nella sua fede cattolica, gli hanno consentito di sopravvivere, per mezzo dell’arte coltivata durante tutta la vita (il canto), a drammi e tragedie, piccoli e grandi, nel corso delle sue peregrinazioni per tutta l’Europa, in qualità di messaggero di fratellanza, bellezza, arte ed amore, oltreché come degnissimo rappresentante della migliore italianità.
Un esempio per tutti: il concerto, la cui autorizzazione riuscí a strappare, in Russia, al generale tedesco nel Lager dove erano stati rinchiusi suoi compatrioti
“da un giorno all’altro…considerati badogliani e trattati come nemici della patria. È incredibile, ma sono stati i nostri alleati a farci prigionieri”. (pp.87/88).
La figura dell’umile, forte e grande uomo ed artista, intorno al quale hanno giocato ruoli non secondari, di volta in volta, anche personaggi di differenti nazionalità e quasi tutti di elevata statura civile e morale, merita senza alcun dubbio di essere ben conosciuta e divulgata soprattutto tra le generazioni dei giovani, in forza della sua pregnanza educativa e la sua carica di straordinaria fiducia nella bontà della natura dell’uomo. E l’essenzialità, la semplicità delle sue parole, senza mai cedere a tentazioni retoriche, ne rendono maggiormente credibile il sincero messaggio di gioiosa umanità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il fuoco dell’arte
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