Il lampo, composto da Giovanni Pascoli tra il 1891 e il 1892, venne inserito nella sezione Tristezze della terza edizione di Myricae, del 1894. Questo intenso componimento propone all’attenzione del lettore uno scenario naturale inquietante e tragico, che si presta a una doppia interpretazione simbolica. In riferimento all’umanità e al trauma della morte del padre che travolse l’autore. Vediamo insieme perché.
Testo
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto,
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.
Di cosa parla la poesia?
Il titolo è parte integrante del testo in quanto permette di coglierne il significato — proprio come accadrà nelle liriche del primo Ungaretti quali Mattina o Soldati, legate alla cosiddetta poetica della parola.
È la luce abbagliante e subitanea di un lampo, infatti, a mostrare la realtà. La terra e il cielo si trovano in una situazione quasi apocalittica, in quanto vicini allo scoppio di un temporale. Nel subbuglio della natura una casa appare e scompare, colpita da un lampo, con la stessa velocità con cui un occhio si apre e si chiude nel buio della notte.
Forma metrica e principali figure retoriche
Il lampo è una ballata minima di 6 endecasillabi rimati secondo lo schema ABCBCCA. Le principali figure retoriche al suo interno sono le seguenti:
- Climax ascendente: “ansante, livida, in sussulto” e “ingombro, tragico, disfatto”. Questa figura retorica di posizione — riferita in parallelo a terra e cielo —, suggerisce in un crescendo di intensità l’approssimarsi di un temporale preceduto da un lampo. Se della terra il primo trio aggettivale sottolinea il movimento affine a un respiro affannoso (‘‘ansante’’); del cielo, invece, viene evidenziato l’addensarsi di nubi minacciose (“ingombro”). L’assenza di virgole nella seconda terna di aggettivi ne accelera il dinamismo.
- Ossimoro: “tacito tumulto”. Questa figura retorica di significato consiste nell’accostamento di concetti opposti che generano un cortocircuito logico. La coppia silenzio/rumore indica che la natura in subbuglio è prossima a un cataclisma.
- Antitesi: “apparì sparì” e “s’aprì si chiuse”. Questa figura retorica di significato investe il cuore della ballata: la casa e l’occhio ovvero una dimora e la figura paterna. Mostra la repentinità con cui una casa, illuminata dal lampo, viene inghiottita dal buio. E la repentinità di un occhio che si apre e chiude. A ben vedere l’occhio è accompagnato dai due predicativi “largo” ed “esterrefatto”: come mai? Perché non solo si apre e si chiude, ma si dilata in preda allo sgomento. Significa che ha contezza di ciò che vede.
- Similitudine: “come un occhio”. Come già osservato, la velocità di un battito di ciglia è la stessa con cui una casa, illuminata dal rapido bagliore del lampo, piomba nelle tenebre.
Analisi
Il lampo forma un dittico ideale con Il tuono, successivamente composto, perché entrambi suggeriscono un senso di morte e di distruzione cosmica imminente, a partire da un fenomeno atmosferico. Un gioiello di impressionismo simbolico, come osserva il Mengaldo.
La punteggiatura è ambivalente, perché quando c’è isola i singoli elementi, quando non c’è ne accentua il dinamismo. Blocca e sblocca il tempo dell’attesa: il lettore avverte che sta per accadere un’apocalisse anche grazie all’isolamento grafico del primo endecasillabo.
Questa ballata folgora il lettore con una scena in movimento tracciata da notazioni visive e uditive. Un netto cromatismo segna la poesia. Il bianco di una dimora protettiva, il nero della notte: il Male, il Nulla, il sonno eterno, la minaccia di un esterno ostile. La notazione uditiva, invece, è presente in assenza come mancanza di suoni. Infatti l’ossimoro “tacito tumulto” marca la violenza del silenzio, perché dopo il lampo il temporale non è ancora esploso.
I particolari visivi e sonori assumono valenze simboliche negative. Rimandano a una minaccia percepita come imminente in un’atmosfera indeterminata. All’indeterminatezza concorre anche l’omissione di ogni dato informativo. Che si tratti del lampo non è detto esplicitamente, è lasciato all’intuizione del lettore con l’aiuto del titolo — parte integrante del testo poetico, come abbiamo precedentemente osservato. Quanto all’indeterminatezza è d’obbligo sottolineare la distanza rispetto a Leopardi. Secondo la Poetica del Vago e Indefinito, l’indeterminato è poetico perché accende lo scatto immaginativo. Per questo motivo il poeta recanatese centellina sostantivi generici e tempi indefiniti, quali gerundio e infinito. Invece in Pascoli, poeta decadente, l’indeterminatezza aumenta l’atmosfera di angoscia per l’uomo, minacciato da una natura dispensatrice di morte.
A proposito di Pascoli e Leopardi, ricordiamo una curiosità. Pascoli criticò “il mazzolin di rose e viole” del Sabato del villaggio leopardiano. Ma in questo caso a parlare non fu il teorico della poetica del Fanciullino, bensì l’uomo di formazione positivista. Le viole e le rose, puntualizza, fioriscono in stagioni diverse; pertanto la loro accoppiata non è verosimile. Non è curioso che Pascoli sostenga la verosimiglianza?
Fino a qui abbiamo analizzato questa ballata in chiave cosmicoesistenziale. Il lampo è la ragione che mostra il Male del mondo, “quest’atomo opaco del male” (X agosto). Al Male, che nel testo ha le sembianze di una natura sconvolta, si contrappone la Casa, emblema di riparo e sicurezza secondo l’asse esterno/interno, pericolo/protezione, minaccia/nido. E se leggessimo Il lampo come metafora del trauma della morte del padre Ruggero, avvenuta il 10 agosto 1867? Lo suggerisce la prefazione all’edizione di Myricae del 1894, mai pubblicata, che riporto.
“I pensieri che tu, o padre mio benedetto, facesti in quel momento, in quel batter d’ala – Il momento fu rapido… ma i pensieri non furono brevi e pochi. Quale intensità di passione! Come un lampo in una notte buia buia: dura un attimo e ti rivela tutto un cielo pezzato, lastricato, squarciato, affannato, tragico; una terra irta piena d’alberi neri che si inchinano e case e croci”.
Il passo è eloquente per attestare che il componimento venne concepito da Pascoli come metafora degli ultimi istanti del padre agonizzante. Una metafora di ciò che l’uomo vide al momento della morte, colpito dal lampo di una fucilata.
leggi anche
Le poesie più belle di Giovanni Pascoli
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il lampo di Giovanni Pascoli: testo e analisi della poesia
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Storia della letteratura Giovanni Pascoli
Lascia il tuo commento