Il padre di Neruda si trasfonde nell’immagine della terra cilena in questa poesia. L’autore gli rende omaggio come se onorasse la patria, entrambi convergono in un unico punto: sono l’origine della vita.
Il padre di Pablo Neruda era José del Carmen Reyes, un ferroviere di Temuco. La madre di Pablo, Rosa Neftalí Basoalto Opazo, era un’insegnante e morì di tubercolosi quando lui aveva poco più di un mese di vita. Neruda fu allevato dalla seconda moglie del padre José, Trinidad Candia Malverde detta da lui affettuosamente La Mamadre, che il genitore sposò in seconde nozze poco tempo dopo la morte della prima moglie. A causa del lavoro del padre il piccolo Pablo, nel 1906, ad appena due anni, si trasferì nella città di Temuco, nella regione meridionale dell’Araucanía.
Con il padre José, Neruda sviluppò un rapporto difficile, spesso conflittuale. Fu lui a mettere al figlio il secondo nome di “Neftali”, perché conservasse la memoria della madre che non aveva mai conosciuto. Non poteva certo immaginare che un giorno il figlio si sarebbe ribellato a quel nome, rifiutando persino il cognome di famiglia “Reyes”, e trasformando uno pseudonimo letterario “Pablo Neruda”- derivato pare, dal poeta ceco Jan Neruda - nel suo nome legale nel febbraio del 1946.
La letteratura per Neruda fu un atto di ribellione: il padre non voleva che lui fosse un poeta, immaginava per lui un lavoro pratico, una solida professione. Il nome stesso di Pablo Neruda è una ribellione nei confronti del padre e della volontà paterna: rifiutò il cognome del padre, Reyes, e persino il suo nome di battesimo, firmando i suoi primi componimenti poetici come Neruda perché José non lo riconoscesse e non potesse impedirgli di scrivere.
Il poeta aveva sostituito - nel nome - il padre reale con un padre letterario, compiendo il grande rifiuto delle origini, rinascendo nuovo a sé stesso.
Di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes, il vero nome del poeta, ci è pervenuta una traccia su una vecchia fotografia in bianco e nero che raffigura Pablo giovane, ancora ragazzo, sulla quale il poeta aveva tracciato con l’inchiostro nero la propria firma originale, Reyes, nel nome del padre.
La poesia El Padre, tradotta in italiano come Il padre, rappresenta in un certo senso un atto di riconciliazione. Neruda, ormai adulto, si riappacifica con la figura paterna nella quale individua l’origine della sua vita, proprio come la terra che lo aveva accolto e generato, il Cile, la patria perduta nella lontananza di un esilio volontario.
Scopriamone testo e analisi.
“Il padre” di Pablo Neruda: testo
Terra dalla superficie incolta e arida
terra senza corsi d’acqua né strade
la mia vita sotto il sole trema e si allunga.Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla
come nulla poterono le stelle
che mi bruciano gli occhi e le tempie.Il mal d’amore mi tolse la vista
e nella fonte dolce del mio sogno
una fonte tremante si rifletté.Poi… chiedi a Dio perché mi dettero
ciò che mi dettero e perché poi
incontrai una solitudine di terra e di cielo.Guarda, la mia giovinezza fu un candido germoglio
che non si aprì e perde
la sua dolcezza di sangue e vitalità.Il sole che tramonta e tramonta in eterno
si stancò di baciarla… È l’autunno.
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla.Ascolterò nella notte le tue parole:
…figlio, figlio mio …
E nella notte immensa
resterò con le mie e con le tue piaghe.
El padre di Pablo Neruda: testo originale
Tierra de sembradura inculta y brava,
tierra en que no hay esteros ni caminos,
mi vida bajo el sol tiembla y se alarga.
Padre, tus ojos dulces nada pueden,
como nada pudieron las estrellas
que me abrasan los ojos y las sienes.
El mal de amor me encegueció la vista
y en la fontana dulce de mi sueño
se reflejó otra fuente estremecida.
Después... Pregunta a Dios por qué me dieron
lo que me dieron y por qué después
supe una soledad de tierra y cielo.
Mira, mi juventud fue un brote puro
que se quedó sin estallar y pierde
su dulzura de sangres y de jugos.
El sol que cae y cae eternamente
se cansó de besarla... Y el otoño.
Padre, tus ojos dulces nada pueden.
Escucharé en la noche tus palabras:
... Niño, mi niño...
Y en la noche inmensa
seguiré con mis llagas y tus llagas.
“Il padre” di Pablo Neruda: analisi e commento
La poesia dedicata al padre diventa per Neruda un’occasione per riflettere su sé stesso, sulla propria vita e sulle sue origini, ora che è distante si trova in esilio dalla sua terra vagando per diversi paesi. José del Carmen Reyes morì nel 1938, quando il figlio aveva trentaquattro anni.
Ormai uomo fatto, Pablo Neruda ha perso il fuoco fatuo e ardente della sua ribellione giovanile ed è pronto a riappacificarsi con la figura paterna. Tutti i figli, in fondo, devono tradire i propri padri per crescere.
Una volta adulto e realizzato come poeta, Neruda riconosce nel padre un’immagine che in fondo gli rassomiglia e perdona i torti subiti in passato, perché riconosce un’affinità tra sé stesso e il padre: le mie piaghe sono le tue piaghe, conclude nell’ultimo verso, rimandando a una visione quasi cristiana, “nel nome del padre”, appunto. Attraverso il padre, il poeta interroga la divinità. L’interrogativo ritorna “Chiedi a Dio” cela una domanda profonda sul senso dell’esistenza e, in particolare, sul significato del dolore.
L’uomo Neruda perdona al padre le proprie colpe, poiché sono in fondo le colpe di tutti gli uomini che attraversano la via crucis dell’esistenza. Negli occhi “dolci” del padre l’autore vede riflessa la propria vita e il proprio destino di uomo, il suo sangue ardente di giovinezza che ora ha lasciato spazio al tramonto dell’autunno; ma è una consolazione, nella maturità della vita, sentirsi ancora “figlio”. Quella parola affettuosa, dolce al pari di una ninnananna andalusa “... Niño, mi niño...”, appare come un richiamo nel buio della notte, rappresenta la certezza dell’origine, un barlume di luce chiara nel tramonto dell’esistenza, nonostante tutto, professa la meraviglia di essere nato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il padre”: la poesia di Pablo Neruda dedicata a José del Carmen Reyes
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