

Il privilegio dei vivi
- Autore: Adamo Antonacci e Massimiliano Bardotti
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Io credo che la misericordia, l’amore, il perdono, siano il cuore della vicenda umana. Alla fine dobbiamo tornare a chiederci: sto amando abbastanza? Perché è lì che siamo mancanti. Mi sembra chiaro che in questa vita, in questo mondo, viviamo una rottura, come fossimo fratturati, e che alla base di questa frattura c’è un disamore.
Leggere parole come queste, respirarne le pause, riflettere sui mille perché e sugli infiniti come che ci si scaraventano addosso cogliendoci nel vivo e vivi (siamo certi di esserlo? ne dubitano gli autori) vuol dire (ri)nascere, trasformarsi. Trasformarsi, sì. Chiudere l’ultima pagina del libro e aprire la prima pagina della nostra rinascita. Un dono che resta, che ci scava dentro abissi di pensieri, paure e vuoti d’anima per poi ricostruirli riga dopo riga, riflessione dopo riflessione. Distruggere per edificare.
Ne usciamo diversi, e si auspica consapevoli, da Il privilegio dei vivi di Adamo Antonacci e Massimiliano Bardotti (Eretica, 2024), che ci conducono a quattro mani in un percorso ardito fatto di poesie, risposte orfane in cerca di domande e indagini sui temi più cari all’essere umano: l’amore, la vita, la morte, che qui richiamo in ordine casuale. E ciò, passando per la filosofia, per i drammi del nostro tempo, le storture, le vigliacche negazioni dell’evidente e, mi permetto di aggiungere, le anestesie della logica che ci incatenano a dei timori primordiali.
La rivoluzione di quest’opera, perché di rivoluzione letteraria si tratta, sta nella disquisizione dell’andare oltre – non oltre il materiale, sarebbe semplice in fondo – ma nell’andare oltre quei limiti, innati o acquisiti, che ci dettiamo nell’intento di proteggerci, non soffrire, non vedere. Ma se ciò che non vogliamo vedere fosse già il nostro presente? Che senso avrebbe, ci viene suggerito, impietrirci di terrore verso dimensioni che, senza rendercene conto, sono la nostra quotidianità? Nessuno, se non quello di bandire la felicità di un poi che torna a riprendersi il dono che ci ha consegnato alla nascita (“l’ultimo respiro che si fa è un’espirazione, si muore espirando – si muore donando. Si inspira, si prende, si prende qualcosa che per noi è fondamentale: l’aria; senza aria si muore. Poi si ridà / […] Ecco, si muore restituendo il respiro […] / È come se le cose che dentro di noi fanno davvero la vita, in fondo non ci appartenessero”). Del resto:
molte cose della nostra vita hanno senso perché c’è la morte, altrimenti sarebbe un’agonia. Parliamoci chiaro: il mondo è un posto meraviglioso, ma c’è di meglio sicuramente.
Interessante, nel confronto fra Bardotti e Antonacci, è la tesi del fisico Marchi per il quale:
Noi vediamo attraverso i nostri occhi tutte le cose divise, frantumate, separate e invece tutto è Uno. Il viaggio dell’evoluzione è dall’inconscio al conscio. Quando mi chiedono cosa c’era prima del tempo e della morte rispondo che tutto ciò che esiste è AMORE. Questa parola non è legata a sentimento, affetto o passione, come lo conosciamo oggi, ma significa A-MORS, non morte.
Teoria mistica, ispirata secondo Antonacci, che ricorda come per il Marchi la scienza quantistica avrebbe statuito che l’uomo è pervaso da una forza sottilissima e che la materia esiste grazie a questa forza invisibile.
Non è che un breve passo del libro, ma basta per evincere la potenza di un’opera che capovolge la prospettiva, che si propone di raccogliere la polvere (leggasi verità) che nascondiamo sotto al tappeto (leggasi zona confort di razionalità) nell’affanno di cancellare le paure (“abbiamo paura di tutto, abbiamo paura delle malattie, abbiamo paura di morire […] / E allora mi chiedo: siamo sicuri che stiamo vivendo?”) – per farne il perno della salvezza. Sarebbe il caso, quindi, di vestirci di audacia e confidarci l’autenticità dell’esistere, che non è e non può essere solo una somma di giornate isteriche, subissate di lavoro, angosce, folli corse al denaro, alla carriera e alla conquista esasperata della salute per procrastinare il viaggio sulla terra al di là di ogni ragionevole aspettativa. Non dovremmo, invece, “arrivarci vivi alla morte?”. In fondo, è
l’appuntamento più importante della nostra vita […] / un seme deve morire alla sua condizione per dar vita a un frutto.
Smettiamola, perciò, di negare a noi stessi che
il mondo invisibile è qui, non lo vediamo ma è qui. I nostri morti sono con noi, i santi sono con noi, gli angeli sono con noi, sono qui, non li vediamo ma sono qui […] / Vediamo solo quello che ci è dato di vedere.
Smentirlo bendandoci gli occhi non è affatto
Il privilegio dei vivi: per morire dobbiamo essere vivi. Ma noi siamo vivi.
Una domanda che dobbiamo porci avendo cura di depurarci da incrostazioni ataviche e istintive paure, e alla quale dobbiamo rispondere a cuore aperto. Leggere Il privilegio dei vivi ci sarà d’ausilio per svuotare il sacco con noi stessi, patteggiare con la morte e affidarci, vivi, all’oggi.

Il privilegio dei vivi: Conversazioni sulla morte e sul morire
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il privilegio dei vivi
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