Il ragazzo che amava Shakespeare di Bob Smith

Fino alle ultime pagine, questo libro autobiografico commuove, riempie di speranza nei confronti del mondo, ci fa pensare che sia possibile, anche nell’America attuale, saper coniugare cultura, passione, senso della famiglia e solidarietà, anche se si vive in una società complessa, contraddittoria e piena di ingiustizie. L’amore per Shakespeare, per il suo teatro e per il palcoscenico nascono nel piccolo Bobby negli anni cinquanta nella cittadina di Stratford, a cento chilometri da New York. Per sfuggire ad una famiglia middle class soffocante, per difendersi dall’accudimento che gli viene imposto della sorella Carolyn, gravememte ritardata fin dalla nascita, Bob si rifugia nella poesia, dove crede che la sua sofferente famiglia non potrà raggiungerlo. Tutta la sua carriera si svolge sul palcoscenico del teatro che ospita ogni estate un festival shakespeariano, dapprima come aiuto costumista e servo di scena, poi sempre più coinvolto nel mondo del teatro, conoscendo attori famosi, Katharine Hepburn ad esempio, che gli faranno vivere esperienze straordinarie. Ma l’angoscia per la situazione familiare e il dramma della sorella, che sembra trovare un possibile rapporto solo con lui, lo riempiono di sensi di colpa che non lo abbandoneranno per tutta la vita. Carolyn vivrà per sempre in un centro per disabili ed egli deciderà allora di dedicarsi all’aiuto degli anziani di New York, leggendo loro i drammi di Shakespeare che sono stati per lui una terapia risolutiva. Le pagine che descrivono il rapporto con gli ottuagenari di cui si prende cura sono toccanti e ci aiutano ad accettare il dramma della solitudine degli anziani con atteggiamento di maggior comprensione. La cultura, la letteratura e il teatro come sollievo alla vecchiaia, alla malattia, alla solitudine, alla marginalità: di questo ci parla l’autore in un romanzo commovente, ma mai patetico. Un libro da non perdere.