Il resto è alba
- Autore: Rocco Saracino
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2018
"Il resto è alba" di Rocco Saracino è un libro dalla musicalità antica. Si compone di quattro parti: "Note a margine del sogno", "Da qualche parte, non so bene dove", "Sul filo dell’amore e del coltello" e "Il gradino che non scricchiola". Ognuna di queste parti è impreziosita da un dipinto ad acquerello, tracciato coi colori della terra e del fiume, il dorato del sole. Una donna elegante e raffinata, una madre che allatta il suo bambino, un uomo preso dalle fatiche del lavoro, il ritratto di un volto triste e sognante. Anche nelle liriche, infatti, sin dall’inizio si è colpiti dai colori, vivi, potenti, dai volumi incontrati dall’occhio sulla terra e nel cielo.
Questa di Rocco Saracino è come un’allegria di naufragi, un sorriso triste che resta unico vestigio di una notte difficile, ma che si è riusciti a travalicare. Il peccato compiuto dalla tenebra può essere cancellato dal soffio del vento, perché una redenzione è possibile, per l’uomo, lasciandosi abbandonare alla natura e alle sue regole. E l’ovino che bela in greco, unico detentore di ancestrali storie e sofferenze, fa venire in mente la capra dal muso semita di Saba, che nel suo verso riassume tutte le sofferenze della storia, in un panismo fraterno tra bestie ed umani:
Quell’uguale belato era fraternoal mio dolore.
Anche ne "Il resto è alba" non c’è differenza tra creature, l’uomo è destinato, dopo aver consumato il cumulo di giorni che porta sulle spalle, al ritorno alla Terra, esattamente come gli animali; la sofferenza è unica per tutti, la distruzione e corruzione della materia è la stessa. La pietà è pertanto rivolta a tutti gli esseri viventi:
Che sollievo per il mondo ses’adoperasse l’urgenza della sirenaper il rospo morente sul ciglio della strada.
Anche le gocce di pioggia, che cadono senza un paracadute, destinate a trovare una morte diversa a seconda del posto in cui si disfano, sono guardate dal poeta con immensa pena, quasi si trattasse di esseri capaci di immolarsi e di piangere la loro vita perduta.
La vita moderna, le sue regole simboleggiate da un semaforo sono foriere di morte, solo un ritorno alla natura può salvare, ridare umanità, senso di creatura. Ciò che rimane, dopo che la morte ha spazzato via tutto, è la memoria e chi giace è destinato all’attesa, come Penelope, ad aspettare con un vestito di nostalgia.
La nostalgia, quella che, guardando il nido vuoto, lo fa immaginare profumato ancora di vita, echeggiante di pigolii.
Il sonno, come insegnò Foscolo ne "Alla sera", è un assaggio di morte:
Tra veglie irresistibilie la soverchia potenza del sonnoil neonato come un vecchio si dibatte.
Mentre il poeta di allora amava, però, nel sopore proprio questo aspetto (Forse perché della fatal quïete/ Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,/ O Sera!), Saracino ne diffida, lo considera qualcosa di insidioso, che profuma di subdolo inganno. Anche la sera è comunque un’unica e lunga attesa, come la morte. Mera attesa del vagito del nuovo giorno. E gli uomini, uniti da un destino di viscere, carne e sangue, aspettano insieme. Si continua, nonostante tutto, a sperare, a soffiare sulla cenere (metafora della vita umana) per veder spuntare la brace.
Mentre l’uomo può tentare a ridare bellezza al mondo con il suo duro lavoro, ricavando dalla natura il miele e la farina, continua l’inesorabile succedersi delle stagioni in uno spoil system di luna e sole. Il sole è fabbro tenace, che continua a immergersi tutte le sere nell’orizzonte acquoso per forgiarsi e la metamorfosi dell’uomo deve avere inizio, unica salvezza concessa all’indifferenza del cosmo e al dolore di creatura. La poesia, in tutto questo, si incunea come tormento, "sangue su carta". Sangue che canta così di un amore perduto:
Senz’ancora né rive, rigonfio di piumet’aspetto sul guado con un tozzo di panee per me sei un figlio scampato alla guerra.
Rimbaud compare nella dedica e in una delle poesie, una sorta di adesione poetica del nostro autore a una figura di poeta tormentato, "maledetto".
La speranza è flebile, la fiammella in una chiesa.
Tutto questo ci viene raccontato con versi liberi, musicali, impalpabili, ricchi di un pianto antico, di un sibilo di vento, arricchiti da metafore, anafore e sinestesie come "il violino del tuo sguardo".
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il resto è alba
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