Indagine su Eichmann
- Autore: Fabio Galluccio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Adolf Eichmann non era solo un grigio burocrate del male. Altro che un semplice esecutore: era uno spietato, freddo calcolatore, il pianificatore del complesso sistema dei trasporti di ebrei nei campi di sterminio, da tutta l’Europa occupata dai nazisti. Il periodo tra la fuga dalla Germania nel 1946 e il rapimento ad opera dei Servizi israeliani nel 1960 ha una fase oscura, da lui mai raccontata: la sua presenza in Italia, per un anno di certo in Emilia e poi ripetutamente, fino al 1950. Perché nasconderla? Se lo chiede Fabio Galluccio, nel saggio pubblicato ad ottobre 2018 per Oltre Edizioni, "Indagine su Eichmann" (collana Letture del mondo, 140 pagine, 13 euro).
A mascherare il ruolo di metodico carnefice ha concorso probabilmente anche l’immagine più ricorrente dell’Obersturmbannführer SS (tenente colonnello), in divisa nazista, col teschio in bella vista sul berretto, il naso affilato e un sorriso sghembo. Niente del fascino perverso del Dottor Morte Joseph Mengele, che conduceva sperimentazioni crudeli su cavie umane e nemmeno l’aspetto ariano per eccellenza di un Richard Heydrich. Eichmann era un alto dirigente esecutivo del Reich hitleriano, un manager molto attivo, ma poco esposto, per questo Hannah Arendt coniò proprio ispirandosi a lui la famosa espressione “incarnazione della banalità assoluta del male”. Galluccio non condivide, gli sembra invece un protagonista ben compenetrato nel ruolo, come abbiamo detto.
Ma quello dello studioso messinese del pensiero liberalsocialista (è vicepresidente del Circolo Giustizia e Libertà a Roma), non è un testo di psicoanalisi o di storia sociopolitica. Si tratta di un’indagine sulle vicende, sui luoghi e su chi nel primo dopoguerra abbia aiutato il “boia nazista” a restare nascosto per anni in Italia.
Non è uno storico di professione, ma da democratico di formazione ha condotto una ricerca sulla presenza in provincia di Reggio Emilia di uno dei principali cervelli della “soluzione finale” attuata dai nazisti, lo sterminio degli ebrei.
Catturato dagli Alleati nel maggio 1945 e rinchiuso in un campo di prigionia, Eichmann riuscì a fuggire nel 1946, arrivando certamente in Italia alla fine del 1946. Dopo un anno o poco più, si eclissò dall’Emilia, rifugiandosi probabilmente in un convento e nel giugno del 1948 ottenne dal vicario di Bressanone, Alois Pompanin, documenti sotto falso nome, rilasciati dal Comune di Termeno. Nel 1960, venne individuato dagli israeliani in Argentina, dove conduceva una seconda vita con la famiglia. Sequestrato da un commando del Mossad, trasferito segretamente in Israele e sottoposto a un clamoroso processo pubblico, venne condannato a morte e impiccato in carcere a Ramla, il 31 maggio 1962.
Quindi, sebbene non sia affatto noto, il “banale” corresponsabile dell’Olocausto si è stabilì in incognito nel Reggiano, a Villa Minozzo, un paesino dell’Appennino con un esteso territorio municipale, popolato da meno di 4mila residenti, ma che tra il 1936 e il 1951 ne ha contati anche 9mila.
Sorprende che proprio quella sia stata la zona della Repubblica partigiana di Montefiorino: quasi 5mila combattenti antifascisti la mantennero indipendente dal 17 giugno 1944 alla controffensiva nazifascista, completata il 1° agosto successivo. In quella stessa area, i tedeschi si macchiarono di due eccidi: la rappresaglia di Cervarolo (24 ostaggi fucilati) e soprattutto la strage anche di donne e bambini a Monchio (18 marzo 1944, 136 vittime, 150 case distrutte).
E qui cominciano le domande, rispetto alle quali Fabio Galluccio si è a lungo impegnato a trovare risposte (compatibilmente col suo lavoro manageriale principale).
Perché nascondersi in quei luoghi segnati da lutti ancora freschi, da “ferite” aperte e dove le battaglie avevano coinvolto le popolazioni locali? Senza offrire una spiegazione, un nazista ricercato da tutti ha scelto di andare nella tana del lupo. A meno che non cercasse qualcosa che oggi sfugge e che nelle ricerche sommarie nessuno storico si è mai chiesto.
L’inchiesta sul posto ha portato l’autore a stabilire che Eichmann abitava di preciso ad Asta, un piccolo borgo. Mangiava ogni giorno in un’osteria e gli avevano anche procurato un posto dove dormire, là vicino. Si dedicava al trasporto di legna, ma non c’era molto da lavorare. Di certo aveva denaro per mettere insieme ogni giorno il pranzo e la cena. Era amico del parroco, don Oreste. Il prete, molto allineato col regime, subì indagini pressanti, difendendosi con determinazione e vantando una decorazione al merito civile per il comportamento durante la guerra.
Quanto alla lingua, si esprimeva a gesti, facendosi passare quasi per sordomuto. Si presentava come ingegnere minerario e pare che ricerche in cave e grotte le conducesse davvero, sebbene si vedesse da lontano che di carbone ne capiva poco.
Sono tanti i misteri e fanno il paio con quelli che spinsero il Vaticano a favorire la fuga dall’Europa dei gerarchi nazisti. Galluccio avanza ipotesi. Ci si interroghi sulla circostanza che tanto la formazione della Repubblica partigiana che le atrocità nazifasciste - ed anche l’arrivo di Eichmann in quei luoghi - “non siano state semplici coincidenze, ma qualcosa di più”.
Indagine su Eichmann. Il boia nazista, nel dopoguerra, nascosto per anni in Italia. La storia, i luoghi, i complici
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