Lo scrittore e critico letterario Gianluca Barbera è ora in libreria con Il segreto del Gran Maestro (Chiarelettere, 2023), un romanzo che indaga la storia della Massoneria e i poteri occulti.
In questa narrazione intensa, dalle suggestioni thriller, Barbera indaga i torbidi segreti della cronaca italiana. Un romanzo storico e d’inchiesta storica, ma non solo: Il segreto del Gran Maestro è anche una profonda indagine psicologica nei meandri dell’animo umano.
L’autore ne ha parlato con il nostro collaboratore Vincenzo Mazzaccaro in questa intervista.
- Complimenti. Ho trovato questo libro il suo migliore in assoluto. Perché un libro su Gran Maestro e la Massoneria?
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Grazie, lo credo anch’io, per quel che vale. Da sempre sono attratto dalla storia segreta delle cose. E il nostro Paese di segreti ne custodisce molti. E poi mi interessano le potenzialità narrative e drammatiche di una vicenda, di un personaggio, la cornice all’interno della quale poter muovere una narrazione. E la storia della P2 e della massoneria in genere è quanto di più segreto, dunque un palcoscenico ideale. Non per niente il romanzo inizia così:
“La parola «mistero» deriva dal greco mystérion, che significa «rito segreto», «dottrina per iniziati». Nel mondo ci sono tanti misteri. Uno sono i cerchi nel grano. Un altro è la massoneria.”
- Ho una vera passione per la Massoneria degli inizi, dove la parte prevalente era l’esoterismo. Perché poi la Fratellanza ha preso il sopravvento?
A ben guardare, la massoneria non è altro che un mezzo per intessere relazioni, stringere patti, concludere affari, far carriera. Come scriveva Mino Pecorelli (anche lui iscritto alla P2): I massoni “si credono uomini del destino, incaricati dal Padreterno di tracciare le mete per la salvezza del paese. Basta conoscerne qualcuno per farsi un’idea della massoneria. I ‘fratelli’ si elogiano reciprocamente, si danno del venerabile, dell’illustrissimo e del potentissimo come se fosse vero! Medici e professionisti in cerca di baiocchi, burocrati in cerca di protezioni, industriali squattrinati e ufficiali in via di pensionamento, intriganti imbroglioni, falsi moralisti, tutta una razzamaglia di arrivisti e mitomani. Libertà, fratellanza e uguaglianza sono i tre termini della più geniale truffa che sia stata mai organizzata per sfruttare la democrazia. Riti, cerimoniali, simboli, formulari, statuti, logge segrete e coperte; una cortina fumogena per nascondere piccoli e grandi imbrogli; trampolini per avvicinare politici e banchieri, generali, direttori di banca, magistrati e burocrati. Trampolini per migliorare la propria posizione e per sistemare i propri affari.
In genere si riuniscono per fottere chi fotte più grana”. Questo fino a Gelli. Peccato che poi la P2 sia stata implicata in fatti di sangue, tra cui la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Oltre che in tentati colpi di Stato (“golpe Borghese”), rovinosi crac finanziari (Banco Ambrosiano) e in altri eventi misteriosi e drammatici. Molto di questo lo si ritrova negli atti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia P2 istituita nel 1981 e presieduta dall’onorevole Tina Anselmi, non in prontuari del complottismo.
- La loggia P2 in Italia ha avuto un potere immenso. Com’è stato possibile?
Il potere, quando non è quello ufficiale (ottenuto con strumenti democratici, costituzionali), è detenuto o con la forza o per mezzo del denaro, di patti segreti. Il potere della P2 si fondava su alcuni elementi: denaro, tanto denaro; coperture da parte della Cia e dei nostri servizi segreti; relazioni privilegiate in alto loco: tra gli iscritti alla loggia coperta vi erano ministri, esponenti politici di primo piano di quasi tutti i partiti, alti ufficiali delle forze armate e della Guardia di finanza, banchieri, finanzieri, giornalisti, professionisti di elevato profilo; tutti uniti dal desiderio di aiutarsi l’un l’altro per realizzare determinati fini, il più delle volte anche soltanto personali. Gelli si è sempre dichiarato fascista nel cuore e ha più volte ribadito come il suo obiettivo principale fosse quello di combattere con ogni mezzo il comunismo. Il suo piano era di infiltrare i propri uomini all’interno delle istituzioni e di occupare gli snodi vitali della società (controllo delle banche, dell’informazione, delle forze armate ecc.). Ma credo anche che alla fin fine la sua fosse principalmente una brama di potere, quel potere che finisce inevitabilmente per dare alla testa.
- Se le dico che la P2 ha determinato i fatti criminosi del secolo scorso esagero?
Non tanto. Gelli e la P2 sono stati tra i protagonisti della cosiddetta strategia della tensione, negli anni Settanta, con tutto il suo precipitato di stragi, e di quella che è passata alla storia col nome di “operazione terrore sui treni” (Italicus, stazione di Bologna ecc.). Sono stati implicati nel tentato golpe Borghese, nel crac del Banco ambrosiano (uno dei maggiori della nostra storia) e nella morte del suo dominus, Roberto Calvi. Nella vicenda del fallimento delle banche del finanziere siciliano Michele Sindona (colluso con la mafia e morto misteriosamente in carcere per via di un caffè al cianuro). Gelli è stato in stretti legami con alcuni movimenti terroristici di estrema destra e con i vertici della dittatura argentina, da Videla a Massera e ad alcuni dei loro più prossimi collaboratori. Vale la pena ricordare che è stato condannato in via definitiva a dodici anni di carcere per il suo coinvolgimento nel crac del Banco Ambrosiano e a dieci anni per depistaggio delle indagini riguardanti la strage alla stazione di Bologna.
- Lei scrive di G., che resta così fino alla fine. Eppure su altri nomi è specifico e i fatti reali sono quelli che lei descrive. Ma è un’opera di fantasia?
Nel mio romanzo racconto fatti reali sui quali innesto vicende, parabole e traiettorie inventate, ma il tutto è finalizzato a rendere più nitido e variegato il quadro, a ricomporre in un grande e veritiero puzzle le quasi infinite tessere in cui si sono frammentati e dispersi gli avvenimenti degli ultimi ottanta anni di storia italiana. L’arte del romanzo serve anche a questo, a tentare di mettere ordine in quel caos che è il mondo; talvolta anche soltanto a spalancare interrogativi su questioni che solitamente non si vogliono vedere e che nei saggi non si possono nemmeno ipotizzare.
- Lei nel libro ribadisce che il Venerabile era una persona anonima, un vero disastro a scuola, ma a maggior ragione diabolico. Perché?
Dietro sembianze quasi bonarie e un’espressione mite, si celava un animo quanto meno sulfureo. Come diceva qualcuno, il diavolo si nasconde nei piccoli dettagli, che spesso sfuggono alla vista, a un primo sguardo. Il suo potere si basava non su ciò che vedevi di lui ma su ciò che teneva celato; oltre che sul denaro e sulle sue relazioni di vecchia data coi servizi segreti (anche americani), sul fatto di possedere informazioni riservate e potenzialmente compromettenti su molti di coloro che contavano. Uno sterminato archivio fatto di dossier per mezzo dei quali poteva condizionare le persone, anche alte cariche dello Stato. Tuttavia si è sempre detto che Licio Gelli non avesse la caratura intellettuale per reggere le fila di quella grande e complessa trama, e che sopra di lui vi fosse un livello ulteriore, un livello politico (si è sempre fatto il nome di Giulio Andreotti). È stata la stessa Commissione P2 a riconoscerlo, ammettendo che un uomo solo non avrebbe potuto reggere il bandolo di tutta quella immensa e intricata matassa. È ovvio che dietro e sopra Gelli vi fosse qualcuno più in alto, più potente. Ma per sapere di chi e di cosa parlo dovrete leggere il mio romanzo.
- Se prendiamo i fatti eclatanti del Novecento dal secondo conflitto bellico agli anni del terrorismo nero e rosso, è stato un lungo periodo per tenere il comunismo lontano dai centri di potere. È così o ho semplificato troppo?
Be’, questa è stata senz’altro una delle maggiori preoccupazioni degli Americani riguardo al nostro Paese dopo la fine della Seconda guerra mondiale e per tutto il periodo della guerra fredda. E naturalmente cercavano alleati interni, uomini su cui appoggiarsi: Gelli è stati senz’altro uno di questi. Ma ve ne sono stati anche altri ben più commendevoli. D’altro canto va considerato che dall’altra parte della barricata L’Unione Sovietica faceva la stessa cosa, molto più sanguinosamente, coi Paesi costretti nella sua orbita. Sono stati decenni di confronto-scontro tra i due blocchi, tra le due superpotenze uscite vittoriose dal conflitto mondiale. È una storia non ancora del tutto superata, come vediamo con la guerra in Ucraina.
- Perché invece questo nuovo millennio, un mio parere, è così pieno di insidie, così orrendo con questa infinita estate almeno in Italia. Quanto c’entra la pandemia da COVID-19? O gli sbarchi continui da terre disastrate? O lo trovo così osceno perché sono semplicemente invecchiato?
Non sarei così pessimista. Secondo l’autorevole storico Eric Hobsbawm il “secolo breve” (espressione da lui coniata), cioè il Novecento, è stato il peggiore, il più tragico dell’intera storia dell’Occidente. Almeno noi uomini del presente non abbiamo vissuto due guerre mondiali ravvicinate che hanno prodotto centinaia di milioni di morti e orrori a non finire, come l’Olocausto, per non parlare delle città ridotte in macerie, delle economie nazionali distrutte. Senza contare le rivoluzioni bagnate nel sangue, le deportazioni di massa, ed epidemie come la Spagnola, che ha mietuto alcune decine di milioni di vittime.
- Le sembra convincente se le dico che le elezioni politiche saranno sempre meno frequentate dagli elettori se non giunge un vero partito politico ecologista con azioni continue verso il baratro climatico, economico e sociale?
A quanto capisco le preoccupazioni principali dei cittadini restano sempre legate al mondo del lavoro, alle questioni dell’occupazione, della sicurezza, dell’istruzione, della sanità pubblica e a quelle legate al buon funzionamento dei servizi e della macchina amministrativa dello Stato (i diritti civili e politici molto spesso si danno per acquisiti, almeno qui da noi, anche se non dovrebbe essere così). Lo dicono tutti i sondaggi. Perché in fondo il benessere morale passa necessariamente attraverso quello materiale. Non c’è civiltà senza benessere materiale, a me così pare dando uno sguardo retrospettivo alla storia. Riguardo alla tutela ambientale e alla lotta ai cambiamenti climatici ci si sta muovendo. Non sono pessimista. Il problema è mettere d’accordo quasi duecento Paesi con esigenze diverse e che si trovano in fasi di sviluppo molto differenti l’uno dall’altro. Mi pare che l’Europa sia ormai da tempo molto sensibile al problema e che le difficoltà nascano da altri Paesi, che hanno conosciuto una imponente crescita economica più di recente. E poi ci sono gli Stati Uniti, che come sempre fanno storia a sé.
- Eppure lei non ha mai scritto meglio di adesso, ci sono suoi libri anche nel 2022 e a ritroso, belli perché ci ricordano da quali anni veniamo e non partono invece da una conferenza sul pericolo climatico? Non possiamo leggere quello che già vediamo?
Certo, l’uomo è sempre figlio del passato, nel bene e nel male. Ma lo è anche del futuro, azzarderei a dire, poiché proiettato in quella direzione. Anche per questo mi occupo di storia, in varie forme, passata e futura, avveniristica. Tra i miei romanzi storici, o d’inchiesta storica, chiamiamoli così, voglio ricordare L’ultima notte di Raul Gardini dello scorso anno, con il quale credo di aver inaugurato un nuovo modo di raccontare la storia recente del nostro Paese, non lontano da certe narrazioni investigative di Leonardo Sciascia e da precedenti illustri quali Storia delle colonna infame di Alessandro Manzoni. Quanto al pericolo di una catastrofe ambientale, di recente si è occupato del tema con una certa ambizione Paolo Giordano col suo Tasmania. Ciascuno deve muoversi sul suo terreno. Quello che non metto nei miei libri non per questo non mi interessa, lo leggo nei libri degli altri. Non sono un tuttologo, mi occupo di ciò che conosco meglio e che ritengo di poter comprendere più a fondo. Ma prometto di occuparmi prima o poi di ambiente. Lo farò naturalmente alla mia maniera.
- Lei ha trovato nella scrittura una sua personale "felicità creativa", altri vivono meglio ora di trenta anni fa. Mentre io mi macero in questo periodo, ma non le parlo più dei pericoli ecologici. Che succede?
Ciascuno di noi vive contemporaneamente in una dimensione pubblica e in una dimensione privata, le quali non sempre vanno di pari passo. Può capitare che il periodo più fecondo o felice della nostra vita coincida con una fase negativa per la storia del nostro Paese o per i destini collettivi. Non c’è una regola. Al riguardo voglio citare un passo tratto appunto da Tasmania di Paolo Giordano, che spiega qualcosa:
“Se non ci fosse stata in previsione una conferenza sul clima è probabile che avrei inventato un’altra scusa per partire, un conflitto armato, una crisi umanitaria, una preoccupazione più grande e diversa dalle mie da cui farmi assorbire. Forse sta tutta lì la fissazione di alcuni di noi per i disastri incombenti, quell’inclinazione verso le tragedie che scambiamo per nobile, e che costituirà, credo, il centro di questa storia: nel bisogno di trovare a ogni passo troppo complicato della nostra vita qualcosa di ancora più complicato, di più urgente e minaccioso in cui diluire la sofferenza personale. E forse la nobiltà, in tutto questo, non c’entra davvero niente”.
Sono parole che fanno riflettere, non trovate?
Recensione del libro
Il segreto del Gran Maestro
di Gianluca Barbera
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Gianluca Barbera, in libreria con “Il segreto del Gran Maestro”
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