Martino Ciano è nato nel 1982. È giornalista e direttore responsabile di Digiesse News, testata giornalistica dell’emittente radiofonica Radio Digiesse di Praia a Mare (CS). Vive a Tortora, primo paese dell’alto Tirreno cosentino. Scrive di letteratura e filosofia sulle webzine L’Ottavo, Zona di Disagio, Gli amanti dei Libri, Suddiario, Libroguerriero e sul suo sito BorderLiber. Ha pubblicato Zeig (Giraldi editore, 2018); per A&B edizioni, Oltrepassare (2021), tradotto nello stesso anno in lingua albanese, e del libro Itinerario della mente verso Thomas Bernhard nel 2022.
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Dopo aver letto e recensito il suo ultimo romanzo, il nostro collaboratore Vincenzo Mazzaccaro ha intervistato l’autore.
- Complimenti per questo libro bellissimo, ho però il problema di catalogarlo. Un romanzo filosofico? Un memoir atipico? Un titolo, credo, faccia nel suo piccolo, il successo di uno scritto? È d’accordo con me?
Prima di tutto grazie per aver apprezzato “Itinerario della mente verso Thomas Bernhard”. Non bado molto alle categorie o ai generi, ma se proprio va definito, allora considero questo libro il racconto di una versione dei fatti, tutto qui. Una lunga e interminabile confessione attraverso cui il protagonista prova a ridimensionarsi, a darsi una collocazione o uno spazio in cui esistere e resistere alla dissoluzione della sua identità.
- Il libro inizia con una camera dove sono portati tutti i defunti della sua famiglia. È un fatto reale o è Letteratura?
Certo, è solo un luogo di fantasia. La stanza con il camino è lo spazio nel quale il protagonista ricorda gioie e dolori. Richiama l’idea del focolare domestico davanti al quale avvengono le confessioni più intime, le risoluzioni dei conflitti, le chiacchierate spensierate e qualche volta anche l’elogio della noia. Il fatto che, nel romanzo, la stanza con il camino sia anche una camera ardente vuole testimoniare il forte legame che sussiste tra vita e morte, tra gioia e dolore. Anzi, sono facce della stessa medaglia.
- La cosa che stupisce è la serietà del libro. Non ci sono concessioni per quanto riguarda le mode letterarie del momento, con protagonisti giovani che hanno sempre gli occhi rossi perché fumano troppi spinelli oppure persone che decidono di stare insieme, ma si lasciano dopo un mese. Si sente "vecchio" per questi stili di vita o è sempre stato così?
No, vecchio no, semplicemente non mi interessa scriverne. C’è chi sa farlo meglio di me, e anche se un giorno rivolgessi l’attenzione ad altri argomenti, descriverò quegli attimi guardando alla totalità dell’evento, sospendendo ogni giudizio, andando nel profondo. Sono convinto che oltre a “mostrare” bisogna anche “immergersi” nelle emozioni che guidano ogni azione, ogni gesto. In riferimento alle parole che lei utilizza per porre la domanda, credo che dietro i due occhi rossi di un incallito fumatore di spinelli ci siano molti pensieri da indagare, e questi vanno al di là di una semplice locuzione con finalità descrittive.
- Nondimeno il suo non è un pessimismo crudo. È ancora disponibile affinché il mondo cambi in meglio oppure non crede che l’essere umano possa migliorare?
Mi fa piacere quello che dice. Il mio pessimismo non è crudo, anzi tende alla speranza. Il pessimismo per me è una presa di coscienza, un lucido strumento attraverso il quale si prende atto delle storture del sistema o della propria vita. A ciò deve seguire l’azione. Serve a poco il piagnisteo, ma serve ancora meno l’ottimismo che banalizza ogni cosa o che alimenta una annoiata attesa, con tutte le varie invocazioni alla Divina Provvidenza. Le cose non cambiano se non si agisce, quindi mettere un sorriso davanti a ogni cosa non è ottimismo, ma è la forma peggiore della rassegnazione. E per quanto possa sembrare impossibile, sono sempre convinto che qualcosa di buono in cui sperare ci sia. Ogni giorno ne ho le prove.
- Una mia amica, Flavia, a furia di sentirmi parlare di questo libro, lo ha comprato e letto, dicendo che il suo libro le è piaciuto, ma che il suo stile è molto diverso da quello di Thomas Bernhard, che usa frasi ossessive, sempre uguali, che a volte costringe a chiudere i suoi libri perché ti sembra di impazzire. Quando ha scoperto Bernhard e perché c’è il suo nome nel titolo?
Bernhard l’ho conosciuto nel 2007 con il romanzo Estinzione, dopodiché non mi sono più fermato. Il suo verso infinito, con tutte quelle contraddizioni, con tutti quei richiami, con tutta quella profondità, mi ha tramortito. Bernhard ti chiede pazienza, ti chiede di seguirlo; penso che non ci sia nulla di più bello di quelle cento e più pagine finali di monologo del Principe di Saurau, che completano Perturbamento. Per me Bernhard non è solo uno scrittore, ma un’ispirazione. Sa scuoterti al momento giusto e credo che una scrittura che non ti scuote serva davvero a poco.
- Voi autori di A&B Editrice sembrate molto legati fra voi, non solo verso l’ufficio stampa, ma anche fra di voi scrittori. Lei ha scritto la prefazione al libro di Nicola Vacca Un caffè in due (A&B Editrice, 2022). Non mi era mai capitato. Perché siete così uniti?
La ringrazio per questa domanda e soprattutto per aver notato questo aspetto. Be’, il merito è sicuramente della nostra editrice Pina Labanca, che ha voluto fin da subito che ci fosse collaborazione tra gli autori. Cosa di cui sono stato entusiasta, perché considero prioritario che la scrittura, la lettura e tutte le attività culturali creino armonia e amicizia, non bolle impenetrabili in cui sono importanti numeri, conoscenze rispettabili o peggio ancora sottili cordate. In alcuni luoghi geograficamente molto lontani dalla Calabria ho trovato una mentalità non dissimile da quella di stampo ‘ndranghetistico, logicamente con metodi e linguaggi più forbiti, più da radical chic, ma la sostanza è quella. Questo per dire che proprio l’ambiente culturale, colto, con le sue sbandierate avanguardie emancipatrici, ha le sue pecche, le sue contraddizioni e dispensa giudizi inappellabili. Un applauso non si nega a nessuno, ma poi per entrare in certe logiche devi avere qualcosa di più della bravura o del talento, anzi ci sono casi in cui avere delle qualità è una colpa. Per fortuna scrivo per divertirmi, quindi posso parlare senza veli e posso assumermi il rischio di essere liquidato come lo scrittorino di provincia che dice queste parole per invidia. Ma è stato sempre così, quindi non mi meraviglio. E poi, scrittore è un’etichetta come le altre, io amo leggere e parlare di libri, di filosofia e di ciò che mi circonda. Discorso a parte per Nicola Vacca, al quale mi lega un’amicizia di quasi dieci anni, nonché la collaborazione per Gli amanti dei libri e per il suo blog Zona di Disagio.
- Ha mai letto un romanzo di Federico Moccia o Luca Bianchini? Le piaceva Il Signore degli anelli? Il romanzo d’amore o fantasy?
Sì, mia madre aveva qualche Harmony. Uno l’ho anche concluso e vi ho trovato qualcosa di interessante. Non ho pregiudizi, penso che tutto insegni... anche a capire cosa non ci piace fare.
- La realtà che vede intorno a lei come giornalista e scrittore la vede cambiare in meglio? Ha fiducia nei giovani di oggi?
Certo che ho fiducia in loro, anch’io sono diversamente giovane e tale voglio rimanere. Penso che possiamo ancora cambiare la realtà che ci circonda, basta notare quanto lo spettacolo quotidiano sia stucchevole. Tante maschere sono ormai cadute, il problema è che se ne stanno indossando altre. La sede della redazione giornalistica per cui lavoro si trova a Praia a Mare, a due passi da un istituto alberghiero. Ebbene qualcuno degli studenti con cui mi fermo o mi sono fermato a parlare ha iniziato a leggere poesie e romanzi, uno di loro si è avvicinato anche a dei saggi di filosofia. Le garantisco che non ho fatto nulla di speciale, semplicemente li ho incuriositi, senza dimenticare che anch’io sono stato un adolescente incazzato che non sopportava i consigli degli adulti, soprattutto quelli dei genitori.
- Come ho già detto, nel suo libro filosofico, c’è poco spazio per i sentimenti. I padri sono distanti dai figli, le madri rassegnate. Molti giovani ancora vanno via per cercare un lavoro. La spaventa quello che vede intorno oppure i comportamenti "mafiosi" sono diminuiti?
Non penso che nel libro ci sia poco spazio per i sentimenti, semplicemente ne parlo guardando tutto ciò che rappresenta un sentimento; tutto ciò che può racchiudere nel bene e nel male, giocando su due fattori, ossia l’interpretazione e l’indicibile. Secondo me è proprio questo l’ostacolo più grande, e forse impossibile da superare, di fronte al quale la scrittura deve cedere, ovvero ciò che non può essere espresso ma solo vissuto. Per alcuni fenomeni non abbiamo parole e quelle poche che abbiamo a disposizione rischiano di banalizzare tutto. Quante interpretazioni possiamo dare a un Ti amo o a un Ti odio? Come facciamo a spiegare cos’è l’Amore o l’Odio? Ognuno ne ha una propria idea e ognuno vive le cose diversamente, le parole danno solo un’indicazione, il resto è un autoconvincersi di essere nel mondo insieme a quelle belle verità che ci servono solo per sopravvivere.
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Le certezze sono importanti solo per questo motivo, senza saremmo spaesati, spaventati, avventurieri senza una meta.
Per quanto riguarda il resto della domanda, lei si riferisce al mio precedente libro, Oltrepassare, edito nel 2021 sempre da A&B editrice, e che aveva al centro della narrazione i mali della Calabria. Ebbene, rispondo con un secco “no”, non sono diminuiti, vengono solo camuffati meglio.
- Quali sono gli scrittori italiani o stranieri che le sono piaciuti nel 2022, ma anche negli anni precedenti? Legge anche il Vangelo o La Bibbia?
Guardi il 2021 e il 2022 sono stati due anni in cui ho letto e riletto autori come Saverio Strati, Mario La Cava, Ignazio Silone, Luciano Bianciardi, Jean Genet, Antoine Volodine, e anche due filosofi quali Alberto Magno e Slavoj Žižek. Insomma, sono stati due anni di ricerca e approfondimento, e il 2023 seguirà lo stesso percorso.
Per quanto riguarda la lettura delle sacre scritture, be’ certo, sono una costante fonte di ispirazione, anche se il mio libro preferito resta sempre il Qohélet, curato da Guido Ceronetti. Per quanto riguarda le nuove uscite, ho apprezzato tanto Solenoide di Mircea Cartarescu, anche se i tre libri che compongono il suo Abbacinante sono insuperabili.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Martino Ciano, autore di “Itinerario della mente verso Thomas Bernhard”
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