Mathieu Belezi/ Foto di Edoardo Delille
Dopo tre libri sulla colonizzazione francese in Algeria, lo scrittore Mathieu Belezi aveva pensato di fermarsi, di passare ad altro. Sono state tre pagine all’interno di un romanzo postumo di Albert Camus, Il primo uomo, dedicate all’inizio della fase coloniale in Algeria, che non aveva mai letto prima, a spingerlo ad approfondire questo periodo storico.
Tutto è partito da lì ed è nato Attaccare la terra e il sole (Feltrinelli Gramma, 2024, trad. Maria Baiocchi), un romanzo potente, emozionante, tragico, in cui la narrazione è affidata all’alternarsi di due voci: quella di un anonimo soldato agli ordini di un capitato che ripete continuamente ai suoi sottoposti che “non sono angeli”; e quella di Séraphine, una giovane colona che, partita con il marito, i tre figli, la sorella e il cognato, si trova ad affrontare la stagione delle piogge, gli attacchi dei locali, le epidemie, il lavoro durissimo e il clima ostile.
È questa la fase che voleva raccontare e di cui, in Francia, si parla volontariamente poco: i suoi libri hanno aperto delle porte e, in un certo senso, costretto i francesi a fare i conti con la memoria collettiva.
Abbiamo avuto l’onore di intervistare Belezi che ci ha parlato di alcuni aspetti del suo lavoro.
- Lei ha dedicato anni di lavoro e tre libri al periodo iniziale, dopo l’arrivo dei francesi in Algeria, prima di riuscire a far conoscere le atrocità del colonialismo a un pubblico più vasto grazie al successo di Attaccare la terra e il sole: in che cosa si differenzia, questo romanzo, rispetto ai precedenti? O forse è il momento storico a essere cambiato?
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Sì, la scrittura di questi quattro romanzi dedicati ai centotrentadue anni di colonizzazione francese in Algeria mi ha portato via, alla fine, vent’anni di vita, vent’anni durante i quali ho lavorato molto lontano dall’ambiente letterario parigino, resistendo alle mode e alle tendenze letterarie, solitario, trincerato (per usare l’espressione di Mallarmé).
Credo che sia a questo prezzo che si costruisce un’opera. E vent’anni sono stati forse necessari perché quest’opera venisse finalmente riconosciuta dalla critica e dai lettori. Perché è stato Attaccare la terra e il sole ad aprire questa porta di riconoscimento? Non saprei rispondere. Senza dubbio i lettori erano pronti ad ascoltare ciò che avevo da dire sulla colonizzazione dell’Algeria da parte della Francia e sul comportamento razzista di gran parte degli europei lanciati nel XIX secolo nella conquista dei paesi cosiddetti “barbari”.
E poi, questo successo del romanzo è dovuto anche al lavoro eccezionale del mio editore presso Le Tripode, Frédéric Martin, che ha saputo, attraverso il suo intervento, mettere in evidenza il mio lavoro solitario di scrittore. Lo ha fatto in modo straordinario con Goliarda Sapienza, lo sta facendo adesso con i miei romanzi.
- Possiamo leggere sulla stampa della reazione dei lettori, in particolare francesi e italiani, di fronte agli episodi che lei ha raccontato, ma ha avuto dei riscontri anche dai lettori algerini?
In occasione dei miei incontri con il pubblico ci sono sempre dei lettori algerini che si avvicinano per ringraziarmi. In Francia come in Italia. Purtroppo credo che il libro non sia disponibile nelle librerie in Algeria. Sono state le edizioni Tashkeel in Arabia Saudita a tradurre il libro in lingua araba, e non so se verrà distribuito nei paesi del Maghreb.
- Lei ha spiegato che cerca sempre di trovare la “voce” dei suoi personaggi e che li lascia “liberi”: questo significa, in un certo senso, perdere il controllo di ciò che scrive?
In effetti, inizio lasciandomi invadere dalla voce di un personaggio (uomo, donna o bambino), dal suo modo di esprimersi attraverso parole che non devono venire da me, ma dalla carne del personaggio. E poi, soprattutto, aspetto che questa voce abbia un ritmo, un musica, un’oralità immediatamente percepibile dal lettore. Quando tutto questo è a posto, il personaggio può parlare liberamente, senza che io debba intervenire in qualche aspetto per guidare le sue parole. In definitiva, è innanzitutto questo che ho imparato dopo trent’anni di scrittura: a perdere il controllo delle voci dei miei personaggi. È difficile arrivarci, molto più difficile di quanto si pensi.
Questa è la parte più creativa del mio cervello che si esprime così, quella che non può essere corrotta, quella che ha conservato come un miracolo gli scenari della mia infanzia ribelle.
- In occasione di una presentazione, lei ha detto che le numerose interviste e la promozione di questo romanzo le impediscono di scrivere: quali sono le sue abitudini di scrittore, a partire dall’idea iniziale? Quanto lavoro e quanto tempo occorre per scrivere un libro come Attaccare la terra e il sole?
Come ho detto prima, scrivere per me è trincerarsi. E per scrivere non bisogna trincerarsi per otto giorni, quindici giorni, il tempo di una vacanza. Ma piuttosto mesi, addirittura anni. Così che quando scrivo non vedo praticamente nessuno e soprattutto non parlo di letteratura. Rimango il più possibile in uno spazio chiuso, a girare attorno a un tavolo tutti i giorni, aspettando che la voce del personaggio voglia uscire dal limbo dove rimane in silenzio. Per farti un esempio, posso dirti che mi ci è voluto un anno per sentire sia la parola sia la musica della voce di Séraphine.
Dopo di che, una volta che ci sono le voci, il romanzo si scrive abbastanza facilmente. Sono bastati tre mesi per Attaccare la Terra e il sole.
- Siamo sull’orlo della Terza guerra mondiale, i conflitti si moltiplicano, così come le atrocità commesse… Quanto è utile ostinarsi a cercare di comprendere il passato, visto che l’uomo è incapace di imparare dai propri errori?
Sembri pessimista, e lo sono anch’io. Sai, se scrivo dei romanzi non è per aiutare a comprendere il passato, ma piuttosto per mostrare che nell’essere umano si agitano e si sviluppano, fin dalla sua comparsa su questa terra, impulsi malvagi, distruttivi che, dopo aver rovinato il pianeta, finiranno per distruggere lui, per aggredire il suo corpo e per farlo sparire per sempre.
Non è quello che ci viene insegnato a scuola, lo so bene, ma abbiamo davvero voglia di aprire gli occhi sulle conseguenze di una constatazione così terribile?
Recensione del libro
Attaccare la terra e il sole
di Mathieu Belezi
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista allo scrittore Mathieu Belezi, in libreria con “Attaccare la terra e il sole”
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