Nell’ottobre 2021, esattamente un anno prima dell’assegnazione del Nobel per la letteratura, la giornalista e scrittrice Sara Durantini ha intervistato Annie Ernaux nella sua casa di Cergy. Quell’incontro rappresentava il coronamento di un lungo lavoro di ricerca sull’opera di Ernaux che Durantini aveva iniziato da studentessa, nel lontano 2004, quando la scrittrice francese era ancora poco conosciuta in Italia.
L’appassionata indagine letteraria di Sara Durantini ha dato origine al saggio L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux (13lab editore, Milano, 2021) e, in seguito, alla prima biografia italiana di Ernaux: Annie Ernaux. Ritratto di una vita (dei Merangoli Editrice, Roma, 2022) che si conclude proprio con un’inedita intervista alla vincitrice del premio Nobel per la Letteratura 2022.
L’ammirazione incondizionata per la scrittura - e la persona - di Annie Ernaux è una passione che Sara Durantini ed io abbiamo in comune, a quanto pare. Io ho dedicato alla scrittrice francese - in tempi ancora non sospetti - la mia tesi di laurea magistrale Annie Ernaux. Una scrittura fotografica del Reale, mentre lei già da tempo studiava e analizzava la sua opera, intrattenendo inoltre con Ernaux una corrispondenza via mail. Entrambe nutriamo la consapevolezza che quello assegnato ad Annie Ernaux sia un Nobel importante, capace di dare un messaggio forte dal punto di vista sociale e politico. Nessuna delle due - scommetto - lo avrebbe previsto, ma di certo entrambe ci auguravamo da tempo questa vittoria meritata.
La scrittura di Ernaux rappresenta una rivoluzione senza precedenti: alla scrittrice francese, nata a Lillebonne, in Normandia, nel settembre 1940, dobbiamo la capacità di aver rinnovato la narrazione autobiografica trasformandola in uno strumento imprescindibile di conoscenza della realtà. Ernaux è stata la prima a legare la scrittura a un concetto di identità in continua evoluzione e costruzione, creando così il genere contemporaneo dell’“auto-socio-biografia”. Nelle sue opere inoltre Ernaux ha trattato senza censure temi quali l’aborto, la “vergogna femminile” e la distanza di classe, focalizzandosi su alcune questioni capitali della nostra epoca.
In Annie Ernaux. Ritratto di una vita Sara Durantini compone una biografia che ci offre un ritratto inedito della scrittrice premio Nobel 2022 alternando diversi stili letterari, dalla narrativa alla saggistica, alla cronaca giornalistica, culminando in un incontro prezioso: un tête-à-tête con Annie Ernaux stessa che, per l’occasione, ha aperto all’autrice le porte della sua dimora di Cergy, invitandola a sedere nella sua “stanza tutta per sé”, di fronte al suo scrittoio e alla sua libreria, proprio nel territorio fecondo, nella laboriosa officina della sua scrittura.
Sara Durantini ha ricordato il suo incontro con Annie Ernaux nell’intervista che segue.
- La motivazione che ti ha spinto a scrivere questo libro dedicato a Ernaux è molto personale e commovente. Tutto inizia da un libro lasciato in regalo, come un dono elargito, un invito a raccogliere il testimone. Si potrebbe leggere questo tuo ritratto di Ernaux, innanzitutto, come la storia di una ricerca personale?
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Il mio ritratto di Annie Ernaux è in effetti un ritratto molto personale seppur rispettoso degli eventi che l’hanno coinvolta in prima persona e quindi sì, direi che si può leggere come una ricerca di qualcosa di molto personale poiché in effetti inizia come tale. La sua voce è stata una luce che ha illuminato la strada che stavo percorrendo.
Quando tutto ha avuto inizio, nel periodo universitario, nei primi anni duemila, l’attenzione per le donne, per la scrittura e la narrazione femminile non era così elevata come in questo momento. Il canone letterario era in prevalenza maschile.
Gli stessi professori, tanto al liceo così come all’università, spiegavano a partire da libri scritti da uomini. Leggere Non sono più uscita dalla mia notte è stato come aprire una porta su una stanza nascosta dentro di me e liberare tutte le voci e le immagini che erano segregate tra quelle mura, in particolare sul rapporto madre-figlia che è sempre stato al centro della mia ricerca: il riconoscimento, l’accettazione, l’essere figli ignorati o amati. Credo che tutto venga da lì. I dolori, le sofferenze, le nostre inquietudini, quello che siamo oggi ha origine nel nodo materno, nel grido, riconosciuto o meno.
Non sono più uscita dalla mia notte racconta tutto questo e ha toccato, inconsapevolmente, la mia sfera emotiva, quella più nascosta. La sua voce è stata davvero un faro nella mia ricerca, anche se oggi riesco a riconoscerlo con maggiore consapevolezza.
Recensione del libro
Annie Ernaux. Ritratto di una vita
di Sara Durantini
- Definisci la lettura del tuo primo romanzo di Annie Ernaux non “un incontro”, ma “L’incontro” che avrebbe determinato anche la tua storia. Cosa ha significato per te scoprire la narrativa di Annie Ernaux?
Scoprire la narrativa di Annie Ernaux ha significato scoprire una parte di me, della ragazza che ero in quel momento e della donna che sarei diventata.
Ha significato acquisire gli strumenti per poter comprendere determinati eventi del mio quotidiano, degli accadimenti del mio vissuto personale che prima non riuscivo a capire totalmente. È stato sorprendente, nel tempo durante le letture, scoprire lo strappo che lei ha vissuto nei confronti del mondo dal quale proveniva per approdare nella società borghese dove poi ha continuato a collocarsi.
La distanza tra lei e il mondo di appartenenza, tra lei e i suoi genitori, la sua terra, tutto questo è qualcosa che ho conosco bene, che ho vissuto sulla mia pelle.
Provengo da una famiglia di contadini e operai, grazie allo studio ho potuto accedere all’insegnamento, dedicarmi alla scrittura e poi ho conosciuto colui che è diventato mio marito, che è imprenditore e appartiene a un mondo lontano da quello nel quale sono cresciuta. Per questi motivi, ho riconosciuto fin da subito nei libri di Annie Ernaux una scrittura che mi ha “parlato” e che non ho più abbandonato. Più volte ho pensato che nell’infanzia e nell’adolescenza di Ernaux ci fossero molti punti in comune con il mio vissuto.
Proprio in questi mesi sto scrivendo della distanza dal mio mondo d’infanzia che sarà al centro del mio prossimo libro.
- Il romanzo Non sono più uscita dalla mia notte (Je ne suis pas sortie de ma nuit nell’originale francese, Ndr) ha avuto per te un’importanza fondamentale, in quanto è stato il primo libro di Ernaux che hai letto. Lo definisci scritto con uno stile nuovo, inedito, diverso dalle altre pubblicazioni. Tutti i critici di Ernaux fanno partire da Il posto (libro vincitore del Prix Renaudot) il principio della creazione di un Je transpersonnel (un io transpersonale), ma tu lo cogli già in Non sono più uscita dalla mia notte. Dici che è quello l’embrione di un nuovo modo di scrivere?
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La biografia che ho scritto su Annie Ernaux inizia con Non sono più uscita dalla mia notte perché quel libro ha sancito il mio incontro con lei attraverso le parole, l’immersione nel suo mondo avvenuto vent’anni fa e che solamente molto tempo dopo si è concretizzato con l’incontro a casa sua a Cergy nell’ottobre del 2021.
Agli occhi della ragazza che ero allora la sua voce si è elevata e innalzata al di sopra di quelle di altri scrittori e scrittrici che leggevo e studiavo in quel periodo.
Ancora non potevo conoscere, intorno al 2004-2005, l’evoluzione della sua scrittura poiché in Italia era poco tradotta. In quegli anni, nelle biblioteche e in qualche libreria, si poteva trovare Passione semplice e, in rari casi, Una vita di donna.
Dovrò aspettare una decina d’anni per Il posto, nella traduzione italiana per L’orma editore, e per potermi addentrare in quello che lei stessa definisce une posture d’écriture, un’esplorazione della realtà esteriore o interiore attraverso quello che anche tu citi come le Je transpersonnel. Tutto questo lo avrei scoperto anni dopo, con la lettura de Il posto e con la lettura del libro Una donna (due libri che segnano profondamente la direzione della ricerca stilistica di Annie Ernaux e la costruzione dell’impalcatura auto-socio-biografica). Nei primi anni duemila, con la lettura del libro Non sono più uscita dalla mia notte ho colto una scrittura potente, lacerante, capace di lasciare una traccia, di imprimere nella memoria un’immagine e di riscrivere le regole dell’autobiografia femminile.
- In Ritratto di una vita ricostruisci l’esistenza di Ernaux partendo proprio dalla sue opere, come ricomponendo i pezzi di un unico grande puzzle: accompagni ogni momento della vita della scrittrice, dall’infanzia alla vecchiaia, inseguendo le sue stesse parole. In un certo senso è come se Ernaux la sua autobiografia l’avesse già scritta attraverso una narrazione frammentata in più libri, non trovi?
Ne abbiamo parlato anche quando ci siamo incontrate.
Le ho proprio detto che attraverso i suoi libri ha scritto un’opera letteraria fondamentale per la letteratura contemporanea, un’opera che resterà nella storia.
Un anno dopo il nostro incontro e quelle parole le è stato assegnato il Nobel per la Letteratura. Nel mio libro ho raccontato la sua vita, mi sono in un qualche modo riappropriata del suo vissuto, l’ho immaginato e riscritto serbando sempre grande rispetto per la realtà dei fatti.
I suoi libri, la produzione saggistica francese (che in Italia manca totalmente), L’atelier noir e il Cahier a lei dedicato e pubblicato a maggio dello scorso anno da L’Herne sono stati dei testi fondamentali per la costruzione di questo libro, per non parlare della
ricerca sulla sua scrittura iniziata vent’anni fa.
- Nel finale del capitolo Scrivere la vita concludi l’analisi letteraria delle opere focalizzandoti sull’ultimo libro di Ernaux, Il ragazzo (L’orma editore, 2022), edito in Italia soltanto lo scorso novembre. Dici che nella sua fulminea brevità risiede “l’urgenza dello scritto”. Si tratta anche - forse soprattutto - di un libro sulla scrittura e sul significato del tempo. Tu come hai interpretato questo ultimo capitolo della sua auto-socio-biografia letteraria?
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Ho comprato Le jeune homme appena uscito, nella primavera del 2022. Dietro il ricordo della storia avuta con un ragazzo di trent’anni in meno di lei c’è la storia di Annie Ernaux con la scrittura. Scrivo di questo libro come la massima rappresentazione del corpo a corpo di Annie con la scrittura. E credo sia proprio così: la rappresentazione massima del suo rapporto con la scrittura e di quello che per Ernaux è il legame tra la vita e la scrittura. Come esprime quella frase contenuta in Écrire la vie che ho condiviso non molto tempo fa e che sembra racchiudere perfettamente il mio pensiero:
Écrire n’est pas pour moi un substitut de l’amour, mais quelque chose de plus que l’amour ou que la vie.
Letteralmente: “La scrittura non è per me un sostituto dell’amore, ma qualcosa di più dell’amore o della vita”.
E pensare che era appena una ragazza quando l’ha scritta.
- Come è stato dialogare con Annie Ernaux? Trovi che la scrittrice corrisponda al “personaggio”?
Annie Ernaux è davvero così come la vediamo nelle interviste, in tv o in radio. Come la leggiamo nei suoi libri. Incontrarla, stare a casa sua, parlare per ore con lei, mi ha dato la prova di tutto questo. La professoressa Michèle Bacholle, che ci ha messe in contatto, già mi aveva detto che era una scrittrice molto disponibile. E così è stata. Disponibile, generosa nel raccontarsi e nel mettersi a disposizione andando anche oltre le domande che avevo preparato e trasformando il nostro incontro in una vera chiacchierata tra donne (come ha potuto sottolineare anche Luigi Romildo, l’interprete che mi ha accompagnata da lei). A distanza di oltre un anno dal nostro incontro continuiamo a scriverci e ogni sua mail non è mai scontata. Il suo atteggiamento, la sua generosità così come la gentilezza sono rimasti tali.
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- Leggendo la tua intervista a Ernaux mi ha colpito il modo in cui lei descrive la sua “scrittura fotografica”: dice che nelle sue intenzioni la parola scritta deve suscitare lo stesso sbalordimento che è in grado di innescare una fotografia. E confessa di essere forse un poco gelosa di ciò che la fotografia è in grado di trasmettere. C’è una sua frase che ti ha colpito particolarmente?
Ce ne sono molte. Quando parla della sua consacrazione alla scrittura, del fatto di aver riposto tutto nella letteratura (frase che poi ho scelto come titolo del capitolo). Lì, in particolare, mi ha colpito quello che ha detto poiché ha messo a confronto la maternità con la scrittura: dare la vita e venire al mondo per uno scopo. Oppure quando ha parlato del rapporto con il cibo e di come è cambiato dopo la nascita dei due figli.
È uno dei temi fondamentali nei libri di Annie Ernaux che, tuttavia, trova poco spazio sui giornali mentre invece è un aspetto cruciale. Mi ha colpito quando si è commossa parlando del padre. In quel momento ho sentito di aver invaso la sua intimità, di essere andata oltre; tuttavia, lei non ha smesso di raccontare. Sono tanti i momenti che mi hanno colpita e questi sono solo alcuni...
- Il femminismo e la lotta sociale sono dei temi importanti nella narrativa di Ernaux e tu, giustamente, nel libro ti focalizzi su entrambi. Nell’intervista Ernaux ha definito il suo femminismo “intersezionale” e non universalista. Tu lo definiresti allo stesso modo?
Annie Ernaux definisce il suo femminismo intersezionale e io lo trovo coerente con le posizioni prese fin dall’inizio della sua riflessione circa il ruolo della donna nella società e nella famiglia negli anni Sessanta e più tardi in seguito ai moti del ’68, sulla rappresentazione e la riflessione di classe, genere, sessualità e razza che ritroviamo nei suoi libri e che ho delineato nel libro a lei dedicato.
- Credo che la peculiarità della narrativa di Ernaux sia proprio che a ciascuno di noi sia dato di sentirla propria. Durante il processo di lettura accade una cosa strana: l’io narrante si annulla e la storia personale d’improvviso diventa un racconto collettivo, capace di trascendere il tempo e lo spazio. La condivisione della scrittura come dono: l’essenza di Ernaux è, in fondo, tutta qui. Il fatto che tu infine abbia ringraziato Annie Ernaux per quello che ha scritto, io l’ho interpretato in questo modo. Secondo te per quale motivo ciascuno di noi sente, in un certo senso, la necessità di dire “grazie” a questa donna nata in Normandia tanto tempo fa?
Per le stesse tue parole. Durante le presentazioni non si parla solo del mio libro ma anche dei suoi e talvolta mi capita di vedere negli occhi delle lettrici e dei lettori la commozione mentre raccontano cosa hanno provato leggendo la sua storia. Questa è la forza delle sue parole e ringraziandola ho voluto sottolineare questa forza ma anche il tempo che mi ha dedicato a casa sua e che continua a dedicarmi. Come ho scritto: senza il nostro incontro questo libro sarebbe stato un libro su di lei ma non con lei. Porterò nel cuore tutto ciò che mi ha donato e lo onorerò.
- Una delle tue ultime domande ad Annie Ernaux riguarda proprio la candidatura al Nobel: alla luce dei fatti appare quasi come una premonizione. Come hai reagito alla notizia della vittoria del Nobel? Te lo saresti mai aspettato?
La notizia del Nobel è stata una gioia immensa perché Annie Ernaux lo meritava da tempo e credo le sia stato assegnato in un momento storico decisivo, di grande attenzione verso l’universo femminile. È per questo che ho scelto di far scrivere nell’antina del libro che “con lei hanno vinto tutte le donne”. Ricordo che, tra le altre cose, le scrissi proprio questo ad ottobre per complimentarmi con lei.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Sara Durantini, autrice della prima biografia italiana di Annie Ernaux
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