La casa editrice La nave di Teseo ha appena pubblicato Elaborate forme di solitudine, il nuovo romanzo di Tony Laudadio, conosciuto per i suoi molteplici successi come attore e scrittore.
Oggi Sololibri ha la fortuna d’incontrarlo e scambiare quattro chiacchiere con lui per conoscerlo meglio.
L’intervista è a cura di Giovanna Giraudi.
- Buongiorno Tony e benvenuto. Lei è conosciuto sia nell’ambiente cinematografico e teatrale sia in quello letterario. Immaginava questo futuro per sé da ragazzo?
Da ragazzo, in verità, sognavo di fare il musicista, ho cominciato a suonare il flauto traverso a dodici anni e poi il sassofono a sedici e immaginavo di fare concerti, più che film e libri. Poi è arrivato il teatro e ha preso il sopravvento e da lì, a catena, la recitazione e la scrittura. Ora, comunque, sono felice di come procedono i miei sogni e d’altronde continuo a suonare il sax per mio piacere.
- Qual è stata la sua prima esperienza letteraria e com’è riuscito in pochi anni a regalare ai lettori un buon numero di romanzi, tutti assolutamente intensi?
Sono passato alla narrativa grazie alla mia amica e agente letteraria Silvia Meucci. Lei aveva letto alcuni miei scritti per il teatro, atti unici pubblicati in una raccolta del 2009, e mi ha convinto a provare a lavorare sulla forma narrata. Da lì è nato ESCO, il mio primo romanzo. E il piacere di scrivere è diventato così grande che non ho più smesso.
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- Eccoci alla nuova pubblicazione: Elaborate forme di solitudine. Tutto ha inizio e fine nella stanza di un ospedale. Lì c’è Andrea, un diciassettenne in coma vegetativo. Nel romanzo, però, sono manifesti i suoi pensieri come se lui fosse l’attento osservatore di tutto ciò che ruota intorno. Andrea è la voce dell’autore?
Non direi che corrisponda all’autore anzi, in un certo senso, corrisponde di più al punto di vista del lettore, un lettore ideale, una sorta di “super lettore”, incorporato nel romanzo stesso. Ha la possibilità di guardare tutto ciò che viene descritto e vissuto dagli altri personaggi e ne segue la parabola partecipando sia in prima persona sia guardando con distacco, come dall’alto – come un dio – ciò che accade agli altri. È un dio osservatore che vive sulla sua pelle, increspata di dolore, le vite degli altri.
- Come sono nati gli altri personaggi?
Tutti i miei personaggi sono il risultato di una maturazione che avviene costantemente dentro di me. Nascono dall’osservazione della vita reale che scorre accanto a me, rubo pezzi di conversazioni, tic, paure, aspirazioni, modi di fare, e li ricombino insieme in altre forme, molto distinte dall’originale. C’è una sorta di evoluzione darwiniana nelle mie genesi: il più interessante, il più curioso o il più potente vince e finisce su carta.
In genere i protagonisti però sono pochi, uno o due. In questo caso tutti avevano l’urgenza di nascere e ho generato allora questa architettura per consentire a ognuno di vivere la loro storia, indissolubilmente intrecciata agli altri.
- I personaggi, a modo loro, sperimentano un senso isolamento nonostante la maggioranza di essi abbia un certo numero di rapporti sociali. Quanto si è soli anche in mezzo agli altri?
Credo che sia la forma di solitudine più dolorosa perché non sembra concedere vie d’uscita. Cominci a pensare: se mi sento solo pure se sono in mezzo agli altri, allora non c’è scampo. Il passaggio da fare è smettere di pensare al proprio stato d’animo, smetterla di concentrarsi solo su quello, sullo stare soli e sul sentirsi soli, e cominciare a interessarsi a come stanno gli altri, incuriosirsi alla vita degli altri, sentirla con empatia. Questo sposta ogni solitudine a una forma più elaborata e non necessariamente negativa.
- Spiccano nel romanzo sentimenti intensi ma il più forte è senza dubbio il perdono. La riconciliazione spesso è estremamente difficile. Bisogna attraversare ricordi difficili, spesso intrisi di dolore. Cosa può dire al riguardo?
Ci sono nodi da sciogliere in ognuno di noi. Li intrecciamo negli anni, accumulando le esperienze e impedendo ai singoli dolori – ma anche alle conquiste – di entrare nell’accettazione, di essere acquisite e usate come ricchezza. La paura del tempo che passa, il rancore, lo scaricare le responsabilità sempre sugli altri, tutto questo alla fine ci blocca in una condizione troppo ingarbugliata per vivere una nostra serenità. A un certo punto la vita ti costringe ad affrontarli, questi blocchi, a perdonare e soprattutto a perdonarti. Questo segna un passaggio fondamentale per maturare una speranza di felicità.
- I destini di Andrea, Luana, Gipo, Alessia, Gabriella, Clemente e Luca sono apparentemente lontani l’uno dall’altro, eppure c’è un filo sottile che strettamente li unisce. Com’è riuscito a costruire una trama così complessa e allo stesso tempo così precisa?
Il punto di partenza sta nel tentativo di raccontare un pensiero di cui mi sono convinto: bisogna recuperare la consapevolezza di appartenere a una comunità.
Che ci piaccia o no, facciamo parte di un consesso umano, che sia una famiglia, un quartiere, una città, un popolo, noi apparteniamo a quel gruppo di persone, a un insieme di “altri” che condividono con noi un tempo e uno spazio. Da qui il desiderio di raccontare questa acquisizione di consapevolezza, seguendo ogni destino, uno ad uno, e sapendo che non c’è nessuno che non sia intrecciato agli altri in ogni momento della sua vita.
- Lavorare in teatro l’aiuta nello scrivere romanzi?
Il privilegio di essermi formato nello studio del teatro, della drammaturgia e nell’immedesimazione nei personaggi, sicuramente influisce sul mio modo di affrontare l’aspetto umano, psicologico e ancor di più emotivo delle mie creature. D’altro canto, il teatro è sempre un lavoro di gruppo e invece il mio desiderio di scrivere risponde all’esigenza di coltivare la mia personale forma di solitudine, o addirittura la mia spiritualità.
- Nel complimentarci ancora per le sue abilità di scrittore le chiediamo se ci sia già l’idea di una nuova storia.
Sto lavorando a diverse storie insieme, come sempre: un testo teatrale, alcuni elementi di un nuovo romanzo, brevi racconti, un’idea per una sceneggiatura. Vedremo chi vincerà e chi invece finirà nel cestino.
Recensione del libro
Elaborate forme di solitudine
di Tony Laudadio
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Tony Laudadio, in libreria con “Elaborate forme di solitudine”
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