Giorgio Nisini, nato a Viterbo nel 1974, è scrittore e saggista. È autore dei romanzi La demolizione del Mammut (Premio Corrado Alvaro Opera Prima e finalista al Premio Tondelli) e La città di Adamo (Selezione Premio Strega 2011).
Lo scorso gennaio è uscito “La lottatrice di sumo” (Fazi 2015), intenso e originale romanzo dedicato “A mia madre, ovunque sia”, nel quale lo scrittore prosegue nella sua ricerca di dare un significato all’esistenza. Qui la razionalità di Giovanni Cadorna, un fisico arrivato alla soglia della maturità, deve fare i conti con la vita oltre la morte, con la possibilità o meno che si possa comunicare con i defunti, anzi “stabilire un ponte di comunicazione”.
L’intuizione del bravo Nisini è di incentrare la storia sulla “figura alta e sinistra” di Massimo Golemi “per tutti semplicemente Golem”, artista esoterico, visionario e su di un quadro da lui dipinto La lottatrice di sumo, “una donna grassa e deforme che si teneva in equilibrio sulle gambe piegate”. Un romanzo che affronta temi importanti quali il rapporto padri-figli, le varie facce dell’amore e che conferma l’abilità narrativa dell’autore, il quale non ha paura di privilegiare l’arte del dubbio.
“...ma non rinunci mai a credere, professore, e soprattutto non smetta mai di guardare nel fondo di sé. Spesso è dentro di noi, nel nostro passato, che si nasconde ciò che stiamo cercando”.
- “Solo gli occhi erano perfetti. Solo essi tradivano Madeleine”. Per quale motivo ha posto come esergo del volume una frase de La donna che visse due volte degli autori francesi Pierre Boileau e Thomas Narcejac?
È il libro da cui Alfred Hitchcock ha tratto il suo film, Vertigo, che in Italia è stato appunto distribuito con il titolo La donna che visse due volte. Anche il titolo originale di Boileau-Narcejac era diverso: D’entre les morts. Il mio esergo voleva andare nel cuore dell’ispirazione hitchcockiana, metterne a fuoco il lato letterario. Ci sono molte differenze tra il romanzo e la pellicola, a partire dalla qualità: tuttavia sono entrambe opere che attraversano una delle ossessioni più inquietanti dell’uomo, la comunicazione con la morte, scavandone la dimensione erotico-psicologica. Il mio romanzo, La lottarice di sumo, deve molto alla storia di Madeleine.
- Ha definito il testo “un romanzo di amore perduto”, perché?
Il mio romanzo inizia con una bellissima storia d’amore. Un amore intenso, vittorioso, vitale, così come lo sono tutti gli amori felici dell’adolescenza. Dopo la morte di Margherita, la protagonista, quell’amore si trasforma nella nostalgia di un amore perduto. Giovanni è perseguitato da questa nostalgia, anche se non se ne rende conto: in ogni donna ricerca la purezza di un amore che non esiste più, proprio come fa il Milton di Beppe Fenoglio. E come dietro Fenoglio c’è l’autore di Paradise Lost, anche nella Lottatrice di sumo c’è la consapevolezza di un paradiso non più possibile. La primavera della vita è finita da un pezzo.
- “Il pensiero di ricevere un tuo messaggio dal passato mi sembra una piccola vittoria sul tempo”. Quanto è stata importante Margherita, che rappresenta l’amore giovanile per il prof. Cadorna?
Un’importanza centrale: Margherita non è soltanto il suo amore più puro ed entusiasmante, è anche la sua giovinezza, i suoi sogni di felicità, il grimaldello emotivo che fa saltare tutte le sue sicurezze di scienziato. Margherita è come Romy Schneider per Marcello Mastroianni: un fantasma d’amore che non smette mai di perseguitarlo.
- Le figure femminili, ciascuna densa di significato, che ruotano attorno al protagonista sono molte. Ce ne vuole brevemente parlare?
Sono donne molto diverse tra loro, madri, mogli, figlie: è stata una sfida provare a raccontarle. Del resto l’universo femminile rappresenta per il protagonista il territorio in cui mette a fuoco se stesso, le sue debolezze di padre, le sue paure di uomo, le sue sconfitte di marito. Non credo sia un caso che Raffaello Fusaro, che ha girato il book trailer del libro, si sia totalmente concentrato su una figura femminile, quella della bravissima Marina Capellini [qui il link al book trailer: https://www.youtube.com/watch?v=P6mx2-OL7bw]
- Razionalità e ragione, inconscio e irrazionalità. Chi vince alla fine, sempre se di vittoria si tratta?
In effetti non c’è vittoria, perché non si tratta di una guerra. Pur essendo una persona molto scettica, con una formazione culturale di stampo scientifico-razionalista, ho sempre pensato che il lato più inconscio e irrazionale dell’uomo avesse una sua particolare logica. Ce lo insegnano da millenni gli orientali: ragione e sentimento, realtà e irrealtà sono parti integranti della nostra esistenza. Quando Freud, scientificamente, ha provato a sondare l’inconscio, ha rotto un tabù. Il nostro mondo, che sta vivendo delle pericolose derive ideologiche, non deve cedere alla tentazione di relegare a margine l’irrazionale. La società occidentale ha un estremo bisogno di spiritualità, prima lo riconosce, prima salva se stessa.
- II romanzo chiude una trilogia iniziata con La demolizione del Mammut?
Non si tratta ovviamente di una trilogia collegata narrativamente, sono tre storie perfettamente autonome, che però ruotano attorno a uno stesso tema: il dubbio, l’incertezza. Ogni romanzo approfondisce un aspetto di questo tema: i traumi dell’infanzia ne La demolizione del Mammut, il rapporto con il padre nella Città di Adamo e l’aldilà nella Lottatrice di sumo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Giorgio Nisini, autore de “La lottatrice di sumo”
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