Piersandro Pallavicini è nato a Vigevano nel 1962. Oltre che scrittore è un Professore Universitario che insegna Chimica a Pavia, dove tuttora risiede.
Ha iniziato a scrivere nella metà degli anni ’90 e non si è più fermato.
Lo ricordiamo per il libro "African inferno" del 2009 dove ci parla di immigrazione di colore nella città di Pavia.
Continua la sua carriera di scrittore pubblicando poi "Romanzo per signora" del 2012 e "Una commedia italiana" del 2014. I due libri sono stati tradotti in tedesco, avendo ottimi risultati in Germania. Piersandro Pallavicini scrive anche recensioni di libri sul supplemento Tuttolibri de La Stampa.
Ironico, coltissimo, dall’aria dandy, ha una grande passione per il rock progressive. Oggi lo intervistiamo e gli chiediamo qualcosa in più sulla sua ultima opera "Nel giardino delle scrittrici nude", ora in libreria per Feltrinelli.
- Com’è nato il romanzo con un titolo siffatto?
È nato da un interrogativo che mi sono seriamente posto circa due anni fa, dopo l’uscita del romanzo precedente, mentre stavo pensando se e quando scrivere altro: se mi avessero dato una cifra importante, diciamo 20.000 euro, per non scrivere il nuovo romanzo, cosa avrei fatto? Il senso ovviamente era: vista la relativamente piccola soddisfazione (materiale) che mi aveva dato il romanzo appena uscito, così come i precedenti, se mi avessero dato una soddisfazione materiale relativamente grande per rinunciare a scrivere, mi sarebbe bastata? I piaceri che questo immaginario compenso mi avrebbe offerto, sarebbero stati sufficienti a tacitare le speranza di altri piaceri (successo, affetto dei lettori, royalties) ottenibili con il nuovo libro e che, visti i precedenti, non sarebbero stati grande cosa? L’idea che avevo era sì, i 20.000 sarebbero bastati eccome o c’era dell’altro, che avrebbe potuto spingermi a scrivere ugualmente?
Per portare questa idea al suo estremo paradossale e dunque romanzesco (e noti, la prego, che è un’idea che riguarda la radice delle ragioni dello scrivere, dell’essere scrittore, non solo un paradosso comico) ho trasformato i 20.000 euro in due milioni al mese di sola rendita e su questa idea, sui piaceri infiniti che può portare sopprimendo la voglia di scrivere, ho costruito il romanzo. Che poi si è arricchito di altro, di quei piaceri magari sottili e sofisticati che solo una grande disponibilità di denaro ti può dare, come stare nudo/a, nel giardino di casa tua, nel centro del centro di Milano.
- La sua protagonista è una miliardaria. Cosa pensa allora di quei romanzi che hanno come tema l’umiliante povertà portata ad esempio morale?
La povertà è una condizione possibile dell’esistenza, meno fortunata della ricchezza. Trovo del tutto ridicolo pensare che la condizione di povertà abbia un intrinseco valore morale superiore a quello della condizione di ricchezza, anzi, che la ricchezza sia addirittura un disvalore, sia il male, sia da esecrare. Sarà un’eredità del moralismo cattolico ("beati gli ultimi") o del poverismo della sinistra storica (il ricco è il padrone, dunque il nemico), ma non sono credente, i padroni esistono e tengono in piedi l’economica e poi, peraltro, in questo romanzo - come nella vita - è consentito immaginare anche un tipo di ricchezza così pura (tutta ereditata e finanziaria, non relativa al possesso di un’impresa o un’industria), che non comprende il rapporto padrone/dipendente. Non è semplicemente ragionevole pensare che, se si è ricchi, la vita è più agevole, dunque migliore? I romanzi che, come lei dice, eleggono la povertà degradante a valore morale purtroppo esistono e, se mi capitano in mano, tendo a lanciarli dalla finestra.
- Le fa piacere questo accostamento ad Arbasino o trova che non ci sia un vero nesso?
Mi fa molto piacere, mi inorgoglisce, anche se non mi sento veramente all’altezza, per me Arbasino è un tale modello, anzi un tale totem, che non riesco a prendermi sul serio quando mi sento paragonato a lui. L’ho molto letto, è di Voghera e io di Vigevano e abito a Pavia e sono due città a meno d 50 km dalla sua, sono stato a Voghera in pellegrinaggio nel circolo dove c’è ancora la bibliotechina dove Arbasino da liceale andava a studiare nei pomeriggi, suo fratello farmacista era amico e compagno di corso di un mio professore di chimica in università, ho tutti i suoi libri, in tutte le edizioni (con una vera ossessione per quelle di Fratelli d’Italia e Anonimo Lombardo): qualcosa di Arbasino dev’essermi pur entrato nel sangue, no?
- Cosa pensa di questa immensa mole di libri italiani stampati che muoiono in una settimana e del 2018-19 quali libri salverebbe?
In realtà ci sono tanti buoni libri. Alcuni dei bravi scrittori italiani che ammiro sono citati, per nome e cognome, in "Nel giardino delle scrittrici nude", anzi è stato una sorta di piccolo gioco: se uno scrittore vero c’è per nome e cognome, vuol dire che è uno scrittore che ammiro (tranne Fabio Volo, che è citato per nome, mi è simpaticissimo, ma come scrittore, insomma, dai...).
Ci sono Parente, Cappelli, Bertola, Drago, Durastanti, Scarparo... Invece non c’è il nome di uno-scrittore-uno che io detesto, i nomi degli scrittori detestati da Sara Brivi (e da me) e i loro libri citati in "Nel giardino delle scrittrici nude" sono tutti immaginari.
Fuori dai nomi citati ci sono tanti altri bravi scrittori e brave scrittrici italiane che, giocoforza, non ho avuto modo di menzionare nel libro e che hanno pubblicato di recente (mi vengono in mente Letizia Pezzali, Ernesto Aloia, Fabio Bacà, Giorgio Scianna, Luca Ricci, ma sono proprio quelli che mi vengono qui adesso, al volo, ce ne sono molti altri, molte altre). E poi però c’è tanta, tanta roba che, sempre in my humble opinion, non leggerei mai e non sarebbe nemmeno da pubblicare. Ma mie preferenze o idiosincrasie a parte, l’enorme mole di libri porta, statisticamente, alla pubblicazione di tanto ciarpame e il ciarpame, come le erbacce, rischia di soffocare, di nascondere, di non dare l’evidenza meritata al piccolo insieme delle cose buone.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Piersandro Pallavicini, in libreria con "Nel giardino delle scrittrici nude"
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