Virgjil Muçi, traduttore, scrittore, giornalista e critico letterario, conosciuto e amato per La piramide degli spiriti (Besa Muci, 2019), presenta La vedova innamorata (Besa Muci, 2021), il suo nuovo romanzo, raccontando e raccontandosi. Non smentisce la sua riservatezza, lo scrittore albanese, pur socchiudendo le porte della sua vita letteraria.
- 1. Quando ha scritto La vedova innamorata era molto giovane e l’Albania in pieno regime dittatoriale. Perché decise di scrivere un romanzo così particolare? Come nacque l’idea?
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Spiegare come nasce l’idea di un romanzo, soprattutto dopo trent’anni, è qualcosa di difficile, se non impossibile. Almeno per me. Devo chiarire al lettore che La Vedova non è stato il mio primo libro come autore. Nel frattempo, avevo pubblicato un romanzo per ragazzi dal tema storico "I fuochi della rivolta", oltre a due volumi di fiabe. Le fiabe sono state il mio primo flirt con le “lettere”, se così posso dire. Dopotutto, la letteratura è come una signora a cui tu fai la corte per tutta la vita affinché diventi tua, ma non sarai mai sicuro di esserci riuscito, giusto? Nel frattempo, una scrittrice speciale entra nella mia vita letteraria e con ella un libro speciale. Sto parlando di Agatha Christie e del suo romanzo Assassinio sull’Orient-Express. La casa editrice "Naim Frashëri", l’unica all’epoca in Albania, mi chiese di tradurre il capolavoro dell’autrice inglese. Oggi posso dire con certezza, che quel romanzo mi ha lasciato un segno forte e, in un certo senso, mi ha spinto a scrivere qualcosa vicino alla tecnica del thriller, un genere sconosciuto all’epoca per la letteratura albanese e inconcepibile per gli scrittori di quel periodo storico. Più o meno così è nata in me l’idea de La Vedova, che inizialmente è stata pubblicata con il titolo quasi schematico de "L’esumazione di un amore", poiché il quello che avevo scelto "Vedova innamorata" risuonava inaccettabile all’editore, quasi un sacrilegio. Di fronte alla mia posizione irremovibile sulla sua scelta, il caporedattore ha posto il veto. Ho accettato di fare un piccolo compromesso, affinché il libro vedesse gli albori. Dopotutto, il romanzo era più importante del titolo, che è tornato a essere quello originale solo nel 2005, quando il testo è stato dato nuovamente alle stampe.
2. Maria Luisa è una donna di un certo fascino, debole e forte allo stesso tempo. Perché proprio lei e perché decide di dare vita a un personaggio così unico e singolare?
La tua affermazione è molto accurata quando descrivi Maria Luisa come un personaggio "così unico e singolare". La verità è che se si guarda al panorama letterario albanese dell’epoca, siamo ancora negli anni Ottanta del secolo scorso, Maria Luisa e Ilir sono due personaggi atipici rispetto ad altri personaggi che popolano i romanzi e la letteratura albanese in generale. Uomini e donne della classe operaia e dell’intelligenza popolare, creature artificiali nate in un laboratorio del metodo di realismo socialista – l’unico metodo artistico concesso di creare - persone che non avevano nulla in comune con quelle della vita vera. Anche Maria Luisa è doppiamente speciale, essendo una straniera, una signora borghese e sotto questo aspetto, per quanto incredibile possa sembrare oggi, pare essere un’aliena nella realtà letteraria albanese, ma non solo. Sia lei che Ilir non hanno niente a che fare con l’eroe positivo, una figura prevalente negli scritti albanesi di quel momento, nata dall’unico metodo letterario e artistico applicabile nell’Albania dell’epoca. I miei personaggi, incarnano l’essere umano con virtù e vizi, sono forti e deboli allo stesso tempo, come tutti dovremmo essere nella vita di tutti i giorni, tanto semplice quanto al contempo complessa.
- 3. L’ultimo capitolo è pieno di magia e lascia un retrogusto di amarezza. Come mai questa aggiunta rispetto all’originale?
Non sono così sicuro della dose di magia, come la definisci gentilmente, ma parafrasando Jean-Luc Godard posso dire che ogni opera di finzione dovrebbe avere una dose di documentario e viceversa, che un buon documentario dovrebbe avere bisogno di poca finzione. In altre parole, si tratta di una fiction, dove lo scrittore, io in questo caso, si pone nei panni di Pigmalione (l’antico mito greco che George Bernard Shaw ha riprodotto in una delle sue famose commedie), lo scultore che cade follemente, si innamora di una delle sue sculture e se ne innamora così appassionatamente che la statua in marmo riprende vita. La stessa cosa accade in questo caso, quando Linda, uno dei personaggi del romanzo, appare allo scrittore nella hall di un albergo e lui, a colpo d’occhio, si innamora di lei, un amore che non viene ricambiato. Linda come una visione, così come appare, scompare per non apparire più, lasciandosi alle spalle un vecchio dilemma omerico: la vita è ispirata dall’arte o al contrario l’arte lo è dalla vita?
- 4. Da quando ha scritto questo libro a oggi, quanto sente di essere cresciuto come scrittore?
Temo che lo scrittore rimanga in un’età di eterna pubertà. Quando pensi di aver raggiunto la maturità arriva l’inevitabile, la Morte. Da questo punto di vista, preferirei rallegrarmi di quell’eterno Peter Pan che è dentro di me e si gode la vita delle avventure – i romanzi che l’esistenza ti offre così generosamente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Virgjil Muçi, in libreria con “La vedova innamorata”
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Ho conosciuto l’autore al Salone di Mantova di due anni fa. Ho ascoltato il suo intervento e non mi è dispiaciuta la sua visione della letteratura e della cultura. Così ho letto La Piramide degli spiriti, un romanzo inusuale e drammaticamente concreto. L’Albania corrotta è rappresentata degnamente e l’ironia aggiusta moltissimo il tiro. Mi sembra di capire che La vedova innamorata sia completamente differente, altra trama, altro stile, altro suono. Ho apprezzato molto la scrittura del precedente romanzo, una prosa elegante e fortemente informale allo stesso tempo. Pertanto, non mancherò di leggere quest’ultima fatica e di esprimere il mio giudizio, che sento già essere positivo.