Alessandro Bertante è nato ad Alessandria nel 1969, vive da sempre a Milano.
È autore dei saggi Re Nudo (2005) e Contro il ’68 (2007). Fra i suoi romanzi ricordiamo Al Diavul (2008), vincitore del Premio Chianti, Nina dei lupi (2011, 2019), finalista Premio Strega e vincitore del Premio Rieti, Estate crudele (2013), vincitore del Premio Margherita Hack e Gli ultimi ragazzi del secolo (2016), vincitore del Premio Selezione Campiello, giuria dei letterati.
È Course Leader Senior del Trienno di Cinema e Animazione presso NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.
Con il suo ultimo romanzo, Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR (Baldini+Castoldi, 2021), è tra i dodici candidati al Premio Strega 2022.
Vincenzo Mazzaccaro gli ha posto qualche domanda per un’intervista per Sololibri.net.
- Perché, in Mordi e fuggi, ha scelto di raccontare solo la parte iniziale della costituzione delle Brigate Rosse e il romanzo si chiude nel 1972?
C’era bisogno di una narrazione che tenesse conto di come e quando sono nate le Brigate Rosse, che all’inizio era Brigata Rossa — e prima ancora non c’erano sigle riconoscibili: semplicemente, c’erano dei giovani presenti nei dibattiti della Sinistra extraparlamentare.
- L’operaismo e la quantità di fabbriche presenti a Milano erano una realtà incontrovertibile...
Milano era molto diversa in quegli anni, quasi irriconoscibile rispetto alla città che è oggi. Prima di tutto perché era piena di fabbriche e di operai che vivevano nelle periferie della città: in pochi metri, nella stessa strada dove facevi la spesa o compravi le sigarette, trovavi la Sit-Siemens e altre fabbriche.
Non poteva esserci un gruppo di studenti di Sinistra marxista, ad esempio, senza l’avallo degli operai; nel 1970 molti operai trovavano positivo avvicinarsi agli studenti e viceversa.
Anche il protagonista del libro, Alberto Boscolo, che racconta in prima persona ed è figlio della piccola borghesia milanese, studente universitario portato ad esempio dai genitori, si stacca da tutto questo proprio quando comincia a parlare con gli operai, a essere preoccupato del loro scarso o nullo potere decisionale all’interno della fabbrica.
- Alberto Boscolo fa una scelta definitiva entrando nelle neonate Brigate Rosse dopo la strage di Piazza Fontana, nel 1969. Come si è informato sul quel periodo storico? Come ha verificato le fonti?
Sono un appassionato di storia, di cui ho bisogno anche per motivi professionali — tra l’altro, mi sono proprio laureato in Storia contemporanea, con il professore di Dottrine Politiche Giorgio Galli.
Poi ho letto i libri autobiografici di Curcio, di Franceschini, per trovare da una frase, da un’azione il filo giusto per iniziare la narrazione di Mordi e fuggi.
Non ci sono romanzi di quel periodo, diciamo dalla strage di Piazza Fontana (una strage di Stato, di cui si è scritto tanto) al 1972. In questi due anni non c’era un romanzo che attestasse le simpatie che la Brigata Rossa (che, appunto, era a quest’epoca il suo nome, poi cambiato) aveva nelle fabbriche milanesi, nel gallaratese e in altre cittadine che gravitano sul capoluogo lombardo.
- Perché un ragazzo di vent’anni, bravo alle superiori, che avrebbe sicuramente preso la laurea in tempo e cum laude, già impegnato con una ragazza intelligente e indipendente, si nasconde prima nella Comune e poi, quando iniziano le prime rapine alle banche per autofinanziarsi e iniziare i primi gesti di lotta, sceglie di nascondersi in una mansarda piccola, infuocata d’estate e freddissima in inverno?
Alberto Boscolo mette da parte tutte le sue ambizioni perché crede inizialmente che la lotta armata possa servire per liberare l’operaio dalla sudditanza verso il padrone. Legge moltissimo e legge cose disparate, da Marx a Marcuse.
Ma più passa il tempo, più vacilla: le rare volte che esce per ubriacarsi gli sembra che lo guardino male tutti, diventa paranoico.
- Prima di decidere se restare o meno nelle BR, Alberto cammina molto per Milano, a volte facendo dei percorsi ragionati. Una sera si accorge che tra il Duomo e la Galleria ci sono alcune pubblicità di prodotti conosciuti. Sembra già che la gente voglia solo vivere bene, invece di portare avanti la bandiera della giustizia sociale.
Questa pagina è importante, perché anche se siamo agli inizi degli anni Settanta si capisce che sono pochi quelli che lottano per una maggiore giustizia sociale. Dopo il delitto Moro, c’è proprio la voglia di chiudere quegli anni con una Milano gaudente, dove i discorsi politici li fanno in pochissimi, la Milano da bere.
Ma tornando agli inizi degli anni Settanta, le BR sono una realtà soltanto milanese e dei dintorni. A Roma non c’è ancora niente, men che meno nel Meridione.
- I giovani d’oggi hanno curiosità su quel periodo, che non aveva a che fare solo con la lotta armata e adesione all’operaismo, ma anche con la diffusione dell’eroina.
Nel mio libro non parlo di droga, non era un fenomeno esteso nel 1972.
I giovani che vedo col mio lavoro sanno molto poco. Anche se nei programmi scolastici si arriva a malapena al secondo conflitto mondiale, dai genitori e dai libri di scuola sanno del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro. Il resto è una nebulosa indistinta. Non c’è più conflitto sociale o meglio, anche se c’è non è più motivo di lotta, ma piuttosto di emulazione; c’è la rincorsa alla velocità, per cui anche i computer sembrano vecchi, e con alcuni tipi di cellulare si può fare quasi tutto.
In ogni caso i giovani leggono poco, non tutti, ma è l’eccezione che conferma la regola.
- Torniamo al fatto che è nei dodici candidati del Premio Strega 2022. Cosa ne pensa?
La cosa mi fa piacere. Mi piacerebbe arrivare tra i cinque che gareggiano.
Recensione del libro
Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR
di Alessandro Bertante
Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista ad Alessandro Bertante, tra i candidati al Premio Strega con “Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR”
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