Viene pubblicato oggi 10 giugno Jackie (Gaffi Editore 2015), romanzo biografico su Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis (Southampton, 28 luglio 1929 – New York, 19 maggio 1994) redatto da Adriano Angelini Sut scrittore e traduttore romano cha annovera tra i suoi romanzi: Da soli in mezzo al campo (Azimut 2005), Le giornate bianche (Azimut 2007). Ha pubblicato inoltre 101 cose da fare a Roma di notte almeno una volta nella vita e 101 gol che hanno cambiato la storia del calcio italiano (Newton Compton, 2010) e Mary Shelley e la maledizione del lago(XL Editore 2013). Ha collaborato con Il Foglio e Radioradicale.it.
La first lady statunitense icona di stile ed eleganza, dal fascino senza tempo, consorte di John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti d’America assassinato a Dallas il 22 novembre 1963, in seguito moglie dell’armatore greco Aristotele Onassis, consapevole di essere giunta al termine della propria vita, ripercorre i momenti cruciali e tragici della sua esistenza. Ne esce un ritratto inedito, originale che fa comprendere al lettore come questa donna enigmatica, dal gusto europeo, non bella secondo i canoni classici ma dotata di “un carisma involontario”, appassionata di arte e letteratura, sia stata una donna determinata e colta, fragile e forte nello stesso tempo.
“Non mi vergogno a dire che il mio rapporto con la famiglia Kennedy sia stato di tipo quasi sessista. Tanto detestavo le componenti femminili quanto adoravo i maschi”.
È la voce di Jackie a narrare come si svolsero quei piccoli e grandi episodi che hanno composto la storia americana e mondiale della seconda parte del Novecento in un memoir che appare quanto mai attuale in questa nostra epoca così superficiale e priva di qualsiasi finezza. “In un attimo venni spodestata dal trono di regina d’America”.
Per approfondire questo romanzo e la complessa figura di Jacqueline, intervistiamo l’autore.
“Avevo appreso da lei: mai drammatizzare. Prendere tutto con leggerezza, ironia, cinico e salutare distacco, almeno finché si può”.
- Nel Prologo del testo, quale personaggio sollecita la vedova Kennedy a raccontare il proprio passato?
Si tratta di un espediente narrativo che, con l’editore, ci siamo accorti poteva funzionare. Jackie doveva avere un interlocutore cui raccontare le sue memorie. Sbirciando nelle sue varie biografie mi sono accorto che aveva avuto un buon rapporto con uno dei suoi fratellastri, Yusha Auchincloss, figlio del patrigno Hugh e della sua prima moglie Maya de Chrapovitsky. Narrativamente serve per dare anche respiro, fra un capitolo e l’altro, alla sua voce narrante.
“Credo sia assolutamente doveroso che io mi presenti a questa platea. Sono l’uomo che ha accompagnato Jacqueline Kennedy a Parigi e che si è divertito”.
- Così si espresse John Fitzgerald Kennedy di fronte ai giornalisti al Palais de Chaillot, a Parigi durante il viaggio ufficiale in Francia nel maggio del 1961. Adriano, possiamo considerare Jackie come la prima first lady mediatica?
Sì, anche se non credo che sia stato voluto tutto a tavolino. L’Amministrazione Kennedy si rese conto, a poco a poco, che ovunque JFK andasse, se con lui c’era Jackie la folla si accalcava per acclamarli. Quando JFK era stato eletto al senato e aveva battuto un acerrimo nemico dei Kennedy come Henry Cabot-Lodge, il merito era stato attribuito a una trasmissione TV chiamata At Home with the Kennedys, in cui Jackie parlava da brava moglie e madre della campagna elettorale fatta con Jack e della nascita della loro prima figlia, Caroline. Diciamo che è stata lei ad attirare i mass media e non viceversa, come spesso oggi succede.
“La mia vita stava prendendo una nuova direzione”.
- Quante esistenze ha vissuto la protagonista del libro?
Almeno tre. Ma io parlo ovviamente da ‘biografo’ improvvisato. Sicuramente ce ne saranno state altre. O forse una sola divisa in vari periodi e quindi più o meno sfumata. Diciamo che i tre anni con JFK le sono serviti per affermarsi a livello individuale, poi gli anni di New York e l’avvicinamento a Robert Kennedy, che ha seguito in qualità di spin doctor per le elezioni presidenziali del ’68 e in cui Bob avrebbe corso se non l’avessero ammazzato prima. E infine quella con Onassis, fino al 1975, anno della morte del magnate greco e delle cause legali per l’eredità.
- Jackie non solo donna che conosceva le regole dello chic, ma figlia di genitori distratti, moglie tradita e madre sempre sollecita e presente. Ce ne vuoi parlare?
Parlare di questa Jackie vuol dire parlare di una donna dalla forza sovrumana. Che provava inutilmente a non essere come sua madre ma che la replicava in quasi ogni gesto. Che sfidò gli assassini di JFK stravolgendo il protocollo dei funerali di stato, per marciare con i figli per mano dietro la bara del marito, mettendo in subbuglio i servizi segreti che temevano altri attentati. Una donna che costruì il personaggio politico Robert Kennedy per poterlo lanciare alla Casa Bianca nel ’68. Che tenne testa da sola a tutta la famiglia Onassis che la detestava (tranne la sorella Artemis) perché la ritenevano nulla più che un’arrivista che puntava alla ricchezza del marito. Una donna che negli ultimi anni della sua vita forse si è messa fare veramente quello che le era sempre piaciuto, il lavoro in ambito letterario come editor per la Doubleday e la Viking Press, ritirandosi in un silenzio assoluto. Ecco, a me un personaggio del genere affascina molto. E insegna molto, per giunta.
- Una personalità come quella di Jacqueline Kennedy che cosa può insegnare alle donne delle generazioni più giovani?
Insegnare, per l’appunto. Nonostante i mass media di allora, dopo il matrimonio con Onassis, l’abbiano descritta come una spietata profittatrice, pochi sanno che Jackie scelse Onassis non soltanto per una questione ‘economica’. Il magnate greco era una figura che le ricordava moltissimo suo padre e le dava quella sicurezza materiale ed esistenziale che in America, dopo l’uccisione di Robert Kennedy, sentiva di non avere più. Soprattutto per i suoi figli, temeva per loro e per la loro vita. Jackie seppe usare la sua femminilità come arma vincente, non per spogliarsi e andare in pasto a qualche produttore televisivo, ma per sedurre uomini di potere e di grande carisma. A Jackie non serviva che le comprassero soltanto il gioiello. voleva una vita dignitosa ma soprattutto rispetto, e per quello ha dovuto lottare molto di più. E poi era una donna che conquistava anche per la sua cultura immensa, parlava tre lingue e traduceva discorsi per JFK, anzi a volte parlava al posto suo rivolgendosi direttamente in spagnolo e francese (anzi a Little Italy lo fece pure in italiano). E Onassis per far passare il suo progetto Omega la portò a cena col colonnello Papadopoulos, a capo della giunta militare che aveva preso il potere in Grecia con un colpo di stato, nella speranza che il suo carisma lo convincesse ad approvarlo. Insomma, non proprio un’olgettina, anche se personalmente non sono e mai sarò un moralista che condanna le frequentatrici del Papy a supporto dello spettacolo mediatico giudiziario del Ruby-Gate.
- Jackie con il fazzoletto annodato sotto il mento; versione caprese: maglietta nera, pantaloni bianchi, grandi occhiali da sole neri a piedi scalzi; con un tailleur in tinta pastello disegnato apposta per lei da Oleg Cassini, tanti scatti di una donna dal glamour inarrivabile. Desideri commentare la fotografia della copertina del volume da te scelta?
Si tratta di una foto dinamica, come ho voluto che fosse il libro. E com’era lei del resto. E poi in quella foto c’è la summa del suo abbigliamento. Occhiali grandi, giacca di pelle, scarpe con la fibbia, borsa Jackie, pantalone anni’70. Ha un impatto immediato, e te la fa riconoscere subito. Soprattutto è una Jackie uscita dal ruolo di moglie e vedova d’America col vestito di Chez Ninon rosa, quello del 22/11/1963 a Dallas. E’ una Jackie che, come sempre ha fatto, ha anticipato la moda, che l’ha praticamente dovuta spesso rincorrere.
- Il libro, oltre a contenere due fotografie inedite di Jackie, rivela particolari salienti della sua vita finora sconosciuti. Ci formuli qualche esempio che ti ha più colpito?
Nel libro c’è un punto che è un po’ controverso, e che è ancora controverso anche per il mondo del gossip. Le cronache successive alla sua vita hanno fatto trapelare il fatto che dopo l’assassinio di JFK, Jackie avrebbe avuto una relazione con Robert, il fratello di Jack. Il piccolo Kennedy. Da quello che ho letto e dall’idea che mi sono fatto, sembra plausibile. Il mio libro lo fa intuire più che dire direttamente. E poi forse il mio libro cerca di aggiungere un altro tassello all’omicidio di Dallas. Nulla di nuovo per carità, soltanto una lettura più ragionata e ad ampio spettro su eventi molto plausibili. E che probabilmente ci fanno vedere quello che è stato l’omicidio del secolo scorso sotto un’ottica che si distacca dal complottismo più ostinato e si avvicina alla terribile logica del potere. Quella machiavellica che ancora regge le sorti del mondo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Jackie”: Adriano Angelini Sut racconta Jacqueline, moglie di Kennedy e Onassis
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