L’altra storia d’Italia
- Autore: Lamberto Rimondini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Leggere o, meglio, rileggere la storia d’Italia è sempre un esercizio utile, oltreché per ampliare le proprie conoscenze, anche per allargare la mente e relegare in un cantuccio i pregiudizi che tutti, più o meno, nutrono per contare su punti di riferimento rassicuranti.
Che l’Italia sia un paese a sovranità limitata non è certo un segreto per nessuno, tranne forse per uno zoccolo duro di ottusi e mistificatori di professione.
Il nostro infatti è il paese dove la politica, a prescindere dal colore dei governi, deve in qualche modo rispondere soprattutto a Washington. Non siamo gli unici in Europa, ma l’influenza americana, da noi, si fa sentire maggiormente.
L’altra storia d’Italia di Lamberto Rimondini, in due volumi per Arianna Editrice, racconta il corso degli eventi partendo dal 1802 fino ai nostri giorni con un taglio da rimettere in discussione la narrazione ufficiale appresa a scuola.
Dall’Unità d’Italia voluta, sostenuta e finanziata dalla perfida Albione, al reclutamento dei mille di Garibaldi, che sarebbero stati ben altra cosa dai generosi e disinteressati patrioti letti sui testi scolastici.
Il Regno delle due Sicilie, poi, non sarebbe mai stato in realtà arretrato e retrogrado come lo si è sempre voluto far passare.
Il fascismo non sarebbe mai sorto grazie all’azione di Mussolini e dei sansepolcristi senza l’apporto determinante di ambienti internazionali potenti, influenti, interessati alle vicende politiche nostrane.
Si va avanti poi con delle verità inedite sulla morte di Giacomo Matteotti, per proseguire con l’aiuto determinante della mafia italo americana nello sbarco degli Alleati in Sicilia nel ’43, fino agli allegati segreti a margine del trattato di pace di Parigi del ’47.
Dalla regia occulta dietro la strategia della tensione e l’omicidio Moro, alla separazione tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro nel 1981 gestita da Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, bollata da Rimondini come un atto di guerra contro il paese.
Lo smantellamento degli asset di punta dell’economia italiana - leggi privatizzazioni - deciso a bordo del Britannia, il panfilo della regina Elisabetta II all’attracco del porto di Civitavecchia nel 1992, dove l’allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, ebbe un ruolo attivo.
Dallo scandalo "Mani pulite" e la vicenda Craxi fino al governo di Mario Draghi, passando per l’altro Mario: Monti.
Dunque, c’è tanta carne al fuoco, e forse troppa, tra queste pagine. Lo scavo di fatti, misfatti, intrallazzi, relazioni e intrecci fornisce un quadro storico-politico differente da quello che pensavamo di conoscere.
Per qualcuno, questo, potrà essere un libro complottista e dietrologista.
Però è ben documentato e corredato di una ricca bibliografia.
Sotto l’aspetto editoriale - diciamo il vero - i volumi lasciano a desiderare: refusi, ripetizioni, didascalie sbagliate.
Il correttore di bozze è latitante, automatico o umano che sia.
Questo non toglie che gli argomenti trattati si rivelino interessanti e con molti spunti di riflessione.
L'altra storia d'Italia 1802-1947 (Vol. 1)
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Per scrivere il saggio corposo e meticolosamente documentato di Lamberto Rimondini L’altra storia d’Italia - 1802-1947 (Arianna Editrice, pp. 526, 2024), prefazione del filosofo Diego Fusaro, sono occorsi trent’anni di ricerche.
L’autore ha consultato migliaia di pagine in archivi, anche solo recentemente desecretati, a Roma, Firenze, Torino, Londra, Vienna.
Ne esce un quadro della storia italiana degli ultimi due secoli a dir poco conturbante, lontano da quanto abbiamo appreso sui banchi di scuola.
Scrive Hegel che:
L’autore fa suo questo assunto, posto in esergo, dimostrandolo largamente. Si preoccupa di individuare le motivazioni dei fatti accaduti, tenendo presente che le ragioni economiche stanno alla base degli svolgimenti politici.
Il Risorgimento, l’impresa garibaldina dei Mille, sono stati possibili soprattutto con i capitali e i finanziamenti dei Rotschild di Londra e Parigi, interessati alla posizione geopolitica dell’Italia, posta al centro del Mediterraneo, scalo cruciale per il trasporto delle merci europee in tutto il mondo. Si trattava dei traffici della borghesia industriale emergente. L’Italia dunque doveva essere unificata, bisognava eliminare i dazi dei suoi piccoli stati ma soprattutto distruggere la potenza economica e culturale del Regno delle due Sicilie, stato all’avanguardia in ogni settore, nelle industrie cantieristiche, negli scambi commerciali con l’Africa e l’Oriente, con l’impero degli zar. Basti pensare che il primo transatlantico a vapore, la prima nave da crociera furono ideate e costruite nel cantiere di Castellammare di Stabia, molto prima che Londra imitasse i Borboni.
La creazione del canale di Suez (1859-1869) avrebbe favorito enormemente Napoli e Palermo. Da qui la spedizione dei Mille capitanata da Garibaldi, massone quanto il conte di Cavour, sebbene essi litigassero spesso, uno repubblicano e uno monarchico. I garibaldini erano avanzi di galera, stuprarono, assassinarono, incendiarono.
Si legge nel diario di Garibaldi:
Per il compimento dell’impresa l’eroe dei due mondi ricevette una ricompensa di 80 milioni di lire nel 1861, quando la manovra del neo Regno d’Italia quell’anno era di 120 milioni (1 milione di allora corrispondeva a 4 milioni di euro attuali).
Nel 1870 il debito italiano era giunto a 700 milioni, con i prestiti degli anglofrancesi. Cavour in precedenza aveva cercato di fermare questa deriva, voleva che l’Italia emanasse i suoi propri buoni del tesoro e non dipendesse da potenze straniere. Non gli fu permesso: venne assassinato con il cianuro da un agente segreto in gonnella e finito dissanguato da pesantissimi salassi inflitti da spie spacciatesi per medici, per conto di Napoleone III. Era il 6 giugno1861.
La presa del Sud da parte dei Savoia, anch’essi tutti massoni, supportati da mafia e camorra ben pagate (il ministro inglese Palmestom fece arrivare a Garibaldi 3 milioni di lire), costò alle popolazioni del nostro Meridione 900 mila morti nei primi dieci anni del Regno. 250 mila persone ostili alla dominazione sabauda, fino alla fine dell’Ottocento, furono catturate e costrette a lavorare in miniera (in Sardegna, isole toscane) in "colonie penali agricole", con le catene ai piedi. Il banditismo fu un fenomeno conseguente alla ferocia qui ricordata. 40 mila soldati borbonici furono deportati nella fortezza di Fenestrelle (presso Torino) e lasciati morire di fame e freddo. Nessuno di quei giovani tornò a casa. Nel Sud venne istituita la legge marziale, ciò che non accadde durante il Ventennio fascista.
A Marsala lo sbarco dei garibaldini era atteso da 20 mila killer scozzesi, facenti parte della Legione Britannica creata appositamente. A Palermo già attendevano per unirsi ai "liberatori" 10 mila piemontesi, di cui 3500 sardi. Vi furono altri sbarchi.
L’esito decisivo dello scontro tra borbonici e sabaudi si ebbe con il bombardamento di Capua e Gaeta con bombe al gas, (fine 1859, 1860), già sperimentate dai sabaudi durante la guerra di Crimea. Fu il primo bombardamento sui civili.
Il Regno delle due Sicilie possedeva una ingente riserva aurea di 443.200.000 lire che si spartirono Inglesi, Francesi e Americani. Questi ultimi avevano fornito le armi più moderne a Garibaldi, giunte via mare.
Per passare alla Seconda guerra mondiale: si possono leggere le telefonate segrete tra Churchill e Roosevelt (entrambi massoni di alto grado) intercorse fra i due padroni del mondo nel 1943, in cui decisero insieme di assassinare Mussolini due anni prima della sua fucilazione, senza processo. La cosa intollerabile per le super potenze estere consisteva nel fatto che Mussolini era riuscito a portare il cambio della lira a 90, ossia 90 lire per una sterlina, risanando la nostra economia. Nel passato il cambio aveva superato le 150 lire.
Il duce a Piazzale Loreto, durante l’ultimo atto dell’impiccagione, scena ripresa da cineasti americani, indossava una divisa senza buchi di pallottole: ripulito, quante scariche d’armi aveva ricevuto? E la povera Claretta era senza mutande...
Renzo De Felice, il più accreditato storico del fascismo, ha scritto che Mussolini venne buttato senza che lo volesse in braccio alla Germania nazista, per mezzo dell’embargo inglese sul carbone, quando l’Italia stava industrializzandosi, e per non cadere in miseria dovette basarsi sull’importazione del carbone tedesco.
Molte altre notizie non conosciute si possono apprendere in queste pagine grondanti sangue e dolore. L’armistizio con gli angloamericani del 3 settembre 1943 venne tenuto segreto alla nazione fino all’8 settembre, quando il generale Badoglio (anche lui massone) lo comunicò via radio. In quei pochi giorni fatali i nazisti ebbero modo di occupare tre quarti dell’Italia, di iniziare rastrellamenti e deportazioni (cose mai accadute con Mussolini come Primo Ministro). La strage nazista di Marzabotto (1943) ebbe 1830 vittime. I marocchini dell’esercito francese presenti nell’Italia occupata stuprarono 60 mila donne, sempre nel 1943. Molte di esse divennero sifilitiche, molte si suicidarono.
A guerra finita, solo nel ’45, vennero perpetrati 50 mila assassinii da parte di ex partigiani verso inermi cittadini. La cifra fu riferita da Togliatti all’ambasciatore russo in Italia Mikhail Kostylev il 31 maggio1945. Gli eccidi continuarono fino al ’49 e oltre (banda “Stella Rossa”, “triangolo della morte” in Emilia).
Gli Americani finanziarono la Resistenza italiana con milioni di dollari, depositati nelle banche e quindi ritirati dal CLN, Comitato di Liberazione Nazionale. Il bombardamento americano a tappeto delle città italiane fece migliaia di vittime e completò l’opera del denaro. Come disobbedire a questi nuovi padroni dal volto “democratico”, sbarcati in Sicilia con l’aiuto del mafioso Lucky Luciano?
Il libro dedica diverse pagine all’esodo istriano (350 mila esodati, fu una pulizia etnica in Istria), alle foibe, cavità carsiche profonde in cui vennero scaraventati vivi 100 mila italiani dal regime titino.
Questo e molto altro, che fa male, è testimoniato qui. Lamberto Rimondini fa comprendere quando e quanto siamo diventati una colonia in mano all’élite finanziaria.
Graziella Atzori