La poesia religiosa, che vede tra i suoi massimi esponenti Francesco di Bernardone d’Assisi e Jacopone da Todi, si affianca alle liriche amorose.
Tra i primi autori i trobadours che componevano nella lingua d’oc. In Italia la scuola siciliana sorta alla corte del grande Federico di Svevia mostra valevoli esempi di poetica d’amore, (si pensi al Contrasto di Cielo d’Alcamo dove l’amata è paragonata a una fresca e profumata rosa "rosa fresca aulentissima").
Gli stilnovisti in primis con Guido Guinizzelli bolognese di nascita (A cor rempaira sempre amore) propongono una donna ideale, la donna "angelicata" quasi una madonna laica, da adorare da lontano perché a lei va lode e ammirazione ma non amor profano quello che invece canta l’audace Cecco Angiolieri rivolgendosi a una donna laida e sboccata, tale Bechina.
La vita nova, memorabile opera di padre Dante è un esempio classico di quell’amore sublimato che comparava la donna a un essere superiore, etereo e beatifico (non a caso l’amata si chiama Beatrice cioè portatrice di beatitudine e salvezza).
Petrarca ne Il Canzoniere, pur continuando a vedere l’immagine della donna come ideale e ispiratrice, tuttavia, non manca di esprimere sentimenti di sofferenza e dolore (si pensi a un suo celeberrimo sonetto "Pace non trovo") rivelando umanissimi dubbi e inquietudini. Laura, a cui Petrarca dedica la maggior parte delle sue liriche che solo a lui par donna, continua la tradizione provenzale della madonna da ammirare e onorare.
Amor sacro e amor profano si fondono e si contrappongono anche nei termini adoperati dal poeta e non a caso il Canzoniere si conclude con la Canzone "Alla Vergine" a sostegno di questa continua dicotomia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’amore nella letteratura medioevale
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