L’aula vuota
- Autore: Ernesto Galli della Loggia
- Genere: Scuola
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2019
Ho letto il libro di Ernesto Galli della Loggia, L’aula vuota (Marsilio, 2019), come tutti quelli che trattano di scuola, d’un fiato; eppure è un libro su cui una ex insegnante come me, che ha percorso il trentennio ‘70/2000 nella scuola primaria e secondaria, avrebbe dovuto soffermarsi a riflettere di più su quanto l’autore scrive. Dalle prime pagine un senso di colpa mi ha preso, scoprire di essere stata una delle artefici della distruzione della scuola mi ha fatto soffrire. Uscita dalla scuola gentiliana dove il passato e la tradizione avevano ancora senso, mi trovai a insegnare ad alunni che la scuola di massa aveva scaraventato sui banchi di scuola fino ad allora occupati da una borghesia che aspirava a diventare quella classe dirigente che avrebbe guidato la nazione.
I primi tempi mi proposi agli alunni seguendo il modello dei miei professori, alcuni dei quali mi avevano formato per affrontare una professione faticosa ma prestigiosa e degna di rispetto in una società che non ne aveva ancora messo in discussione il ruolo. Capii di non aver gli strumenti adatti per i nuovi discenti, finché un giorno un mio alunno, ribelle ed eternamente distratto, venne in classe stringendo tra le mani il libro di Don Milani Lettera ad una professoressa invitandomi a leggerlo insieme.
Da quel momento la mia didattica cambiò, mi resi conto che se volevo che il mio insegnamento non si rivolgesse solo a quei pochi che mi seguivano, dovevo intervenire: banchi in cerchio, ricerche, cartelloni, lettura dei giornali in classe. La ripetizione a memoria lasciò il posto al racconto di esperienze personali e attività di gruppo. La scuola diventò un laboratorio e io la protagonista di una realtà esaltante che mi impegnava in una sorta di tempo prolungato che non finiva mai, impegnata com’ero a preparare unità didattiche di apprendimento trascurando anche la mia vita privata. Fu così che la valutazione dei miei alunni divenne uno degli assilli preponderanti e intanto le riforme si susseguivano: ai voti si sostituivano i giudizi divenuti ben presto prolissi e ripetitivi, adattabili ad ogni soggetto e non risolvendo così il problema che vedeva sempre più sovrapporre al concetto di meritocrazia quello di falsa democrazia delle competenze.
Dalle nuove riforme ci si attendeva quell’aiuto all’insegnamento che recuperasse i principi di una scuola finalmente democratica e aperta a tutti. Il risultato fu che l’affastellarsi di adempimenti burocratici trasformavano i docenti in estensori di relazioni e progetti spesso retorici e inconcludenti.
La impietosa disanima che Ernesto Galli della Loggia fa di una scuola distrutta da riforme velleitarie e ideologizzate apre gli occhi anche a una come me sempre all’inseguimento di una pedagogia palingenetica, capace di un periodico rinnovamento dell’individuo e della società anche quella sognata da don Milani che, accanto ai suoi poveri, grida ancora all’ingiustizia di un mondo di Pierini.
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