Che cosa annuncia la fine dell’estate? Impercettibili moti, presagi, la luce che si fa più rarefatta, l’oscurità che inghiotte la sera troppo presto.
Nelle poesie di Emily Dickinson ritorna come una costante la sensazione che l’estate non se ne vada all’improvviso, ma si congedi silenziosamente con una fuga leggera fatta di piccoli cambiamenti.
“The Summer is dying,” l’estate sta morendo, così scrive la poetessa americana in un suo celebre frammento. Il passaggio dall’estate all’autunno non è un mutamento improvviso, piuttosto una lenta agonia che si tramuta in un avvertimento. Quando l’estate termina lo si percepisce nell’aria dall’arrivo di altri suoni, da ritmi più sommessi e atmosfere soffuse.
È interessante notare che nelle sue poesie dedicate all’estate Dickinson è sempre pronta a cogliere il presagio della sua fine.
I presagi della fine dell’estate nella poesia di Dickinson assumono il ritmo vivace di una filastrocca, perché il mondo interiore dell’autrice è vivo, intenso, vibrante e si accorda ai moti esterni delle stagioni.
“L’estate è finita” di Emily Dickinson: testo
Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia.
La campagna una gonna scarlatta,
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.
“L’estate è finita” di Emily Dickinson: testo originale
The morns are meeker than they were -
The nuts are getting brown -
The berry’s cheek is plumper -
The rose is out of town.The maple wears a gayer scarf -
The field a scarlet gown -
Lest I sh’d be old-fashioned
I’ll put a trinket on.
“L’estate è finita” di Emily Dickinson: analisi e commento
La poetessa di Amherst, come di consueto, non analizza la fine della stagione da una prospettiva solo paesaggistica o descrittiva, ma soprattutto da un punto di vista interno, psicologico. Di conseguenza associa il cambiamento in atto a sé stessa, trasformandolo in un singolare processo di vestizione: le piante indossano sciarpe, la campagna una gonna, gli indumenti diventano metafora del variare della vegetazione.
L’estate si sta spogliando del suo incanto, sfioriscono le rose e l’acero si imporpora dei colori autunnali. Anche la poetessa sembra immergersi nel fluire naturale delle cose, assecondare il cambiamento, indossando un nuovo gioiello.
Un vezzo di femminilità; del resto Emily narra il mutamento della stagione come un fatto tipicamente femminile. Sono declinati al femminile quasi tutti gli attori che fanno la comparsa sul palcoscenico della lirica, tranne l’acero.
La natura viene personificata nella poesia di Dickinson: fanno tenerezza in particolare quelle bacche, descritte dalla poetessa come le gote (o le guance) delle fanciulle nel pieno della giovinezza quando acquistano un colorito più roseo: “The berry’s cheek is plumper.”
Una delle maggiori critiche di Dickinson, Helen Vendler, afferma che questa poesia si associa intimamente anche a una sensazione di perdita evocata dalla scomparsa della rosa: The rose is out of town. Secondo Vendler, la rosa nelle poesie dickinsoniane rimanda sempre al suo anagramma “eros” e quindi in questo canto, che sembrerebbe una filastrocca gioiosa composta in arrivo dell’autunno, viene inserito il rimando a una perdita.
L’assenza della rosa simboleggia un vuoto, forse necessario perché l’estate ceda il passo all’autunno, che è una stagione più lenta e riflessiva, meno festosa. Il cambiamento dunque presuppone una mancanza, incapace di essere riempita se non dalla nostalgia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “L’estate è finita”: attese e presagi nella poesia di Emily Dickinson
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