L’innocenza del diavolo
- Autore: Luca Cremonesi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2016
“«Avvocato, mi aiuti, sono disperato»”.
È normale per un penalista come Giuseppe Biasini avere a che fare con imputati che si proclamano incolpevoli. La novità è che in questo caso il destinatario dell’avviso di garanzia è un prete. “L’innocenza del diavolo” è il primo romanzo di un cassazionista cinquantacinquenne, Luca Cremonesi, milanese. Lo pubblica Mursia, nella collana Romanzi (pp. 470, euro 19,00).
Nello studio del legale entra un sacerdote ultrasettantenne, basso, pelato, lenti spesse da vista, espressione poco intelligente. Biasini dà uno sguardo ai capi d’imputazione annotati sullo scarno documento giudiziario: artt. 609 bis e 609 ter del Codice Penale. Violenza sessuale aggravata,
“avendo la persona offesa meno di quattordici anni”.
Pressoché impensabile quel tipo di imputazione, in capo al dimesso parroco di Pieve Campagnolo, un anziano sacerdote che vive da quarant’anni in una canonica senza gabinetto e caloriferi, comunicante con la chiesa.
Un avvocato è rotto ad ogni sorpresa, ma quello che conforta Baisini e la sua giovane collaboratrice di studio, la praticante legale Lucrezia Carnaghi, è che la presunta vittima e altrettanto, presunta accusatrice, su cui cadono i sospetti, è una bambina di dodici anni che Don Mario aveva sgridato la primavera precedente, dopo averla scoperta a fumare una sigaretta. Aveva avvertito la mamma e la ragazzina gli si era voltata contro, gridando che non sarebbe più venuta in parrocchia. Dicono che sia una abituata ad atteggiarsi a donna matura. I genitori, in via di separazione, non sono più in grado di controllarla, anche perché troppo impegnati a picchiarsi e insultarsi. Anna ha già un fidanzato e ogni tanto dorme fuori casa.
Un’adolescente molto precoce, con alle spalle una situazione familiare difficile. È fatta!, pensano i due legali: una testimone molto “debole” per l’accusa.
Chiaro dunque, un caso che ha tutto della calunnia ai danni del buon parroco, tanto più che la mamma ha reiscritto Anna al catechismo. Si vedrebbe mai un “agnello” riconsegnato volontariamente nella “tana del lupo”? Impensabile.
In Procura, però, certi faldoni voluminosi intestati a Ramelli Mario raccontano aspetti preoccupanti. L’Anna della denuncia è un’altra e con lei sono dieci i minori che hanno dichiarato molestie. Le femminucce baciate e palpate, i maschietti toccati.
Cos’è questo sacerdote, una vittima innocente di maldicenze di paese o un vero orco?
Contro l’imputato si mette in moto la lenta ma inesorabile macchina della giustizia, che non si attarda a nutrire di dubbi, pur dovendo vivere solo di certezze (una sentenza di colpevolezza va emessa al di là di ogni ragionevole dubbio, chiede la legge 46 del 2006). Certe supposizioni dei sostituti procuratori, pensa l’avvocato Biasini, diventano teoremi immodificabili d’accusa, un po’ come accade ad arbitri e guardalinee sui campi di calcio.
Don Mario finisce letteralmente stritolato tra gli ingranaggi di leggi, procedure e relative interpretazioni. Se fosse colpevole gli starebbe bene, sarebbe meritato, ma se fosse innocente?
La coppia di legali è anche convocata dal vescovo, preoccupato dalla piega che l’ormai certo processo potrebbe assumere presso l’opinione pubblica, visto che al momento il caso spinoso è rimasto fortunatamente fuori portata della stampa. Dalle parole del prelato, tanto l’avvocato che la sensuale collaboratrice apprendono, con piacere, della grande fiducia che Don Mario ripone in loro, i suoi difensori.
Il caso, informa l’autore in una nota in appendice, riprende quanto è accaduto in un piccolo paese di campagna.
Nella stessa nota, si legge una punta di amarezza dell’avvocato per la piega assunta dalla realtà giudiziaria penale, perché
“non sempre l’applicazione della legge comporta una corretta forma di Giustizia”.
Spesso, in chi deve giudicare manca la volontà di approfondire il singolo caso nelle sue specifiche connotazioni. Ogni colpevole è un individuo differente da ogni altro quindi e ogni vicenda va valutata nella sua consistenza individuale e non in astratto, per grandi approssimazioni, per categorie similari. Invece di esaminare caso per caso, però,
“l’accusa finisce per adottare un’attività ripetitiva e consolidata, finendo così per allinearsi agli orientamenti dell’opinione pubblica”.
In tribunale, poi, si riconosce alle indagini del pubblico ministero una prevalenza sulle prove a discolpa raccolte dalla difesa.
“E dato che l’avvocato è costretto a documentare l’innocenza del suo assistito”
viene ribaltato il principio della non colpevolezza fino a prova contraria, che invece dovrebbe valere.
Si chiederà: Don Mario è colpevole o innocente? Ma cosa credete? Non bruceremo la trama di un bel romanzo, una cronaca giudiziaria molto italiana, poco americana. E per una volta questo è un aspetto positivo. Molto positivo.
L’innocenza del diavolo
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