L’isola del faro
- Autore: Abby Geni
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2018
Stando all’aspetto aspro e selvaggio non lo diresti ma l’arcipelago delle Farallon sorge a una corsa di vento dalla California. 42 chilometri, navigando in direzione ovest dal Golden Gate di San Francisco, per capirci. Poco più di un tiro di schioppo e tutt’altra geografia. Una geografia estrema: roccia e natura primigenia, assediate da un mare che non promette quasi mai nulla di buono. Al netto degli squali che ci sguazzano dentro, voglio dire. Al tempo in cui Miranda sbarca - sua sponte - su una delle isole, ha con sé un corredo di macchine fotografiche (fa la fotografa naturalista) e una ferita ancora da suturare: quella apertala dalla morte della madre. Anche se giovane, Miranda non è proprio nata ieri: ha idea che il suo soggiorno alle Farallon non sarà equiparabile a un hotel di gran lusso, ma certo non immagina fino a che punto. L’accoglienza dei biologi che abita le Farallon (tre uomini e due donne, osservatori dell’ecosistema secondo la regola del "non intervento") è freddina, e le forze della natura, dal canto loro, non promettono sconti. Col passare delle stagioni (e lo scorrere del libro), le declinazioni gialle di “L’isola del faro” (Abby Geni, Longanesi 2018) annoverano:
- la violenza notturna subita da Miranda;
- la morte apparentemente accidentale del suo violentatore (uno dei ricercatori);
- svariati incidenti, sospetti da giallo della camera chiusa (quanto il romanzo è tutt’altro che un giallo della camera chiusa ), e un’altra morte;
- le declinazioni gotiche, la presenza di un fantasma di donna velata che vaga per quei luoghi; quelle naturalistico-avventurose, faccia a faccia mozzafiato con squali, balene, leoni marini, e gabbiani.
Tra le pagine più suggestive di questo insolito romanzo d’esordio, difficilmente inquadrabile in senso univoco e per ciò ulteriormente affascinante. Per dirla in altro modo: “L’isola del faro” rilegge e fa propri i topoi cui attinge, trascendendoli sulla scorta di una narrazione misurata e perturbante. Chi da "L’isola del faro" si aspetta un giallo-thriller secondo convenzione può toglierselo dalla testa e cambiare libro.
“La storia della propria vita è perdere qualcuno. È l’unica storia possibile”sentenzia a un certo punto li più anziano fra i biologi delle Farallon. Una frase che suona da sentenza esistenziale e sotto-testo disincantato e durissimo del romanzo. La morte aleggia sull’isola delle Farallon. Ci aleggia sic et simpliciter. Né più né meno che una circostanza naturale con cui fare i conti. Dentro e fuori di sé. L’arcipelago delle Farallon - la sua immaginifica freddezza - viene dunque a connotarsi come il protagonista aggiunto della storia. Emblema di una natura impassibile e potente. Contesto ideale per il confronto-scontro con se stessi, gli altri, l’ambiente e i limiti. Propri e altrui. Al suo romanzo d’ esordio Abby Geni sfoggia una scrittura provvista di ritmo e piena di grazia: il suo nome è da segnare in agenda.
L'isola del faro
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