L’ora meridiana
- Autore: Paola Musa
- Genere: Psicologia
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Un libro sull’accidia, uno dei vizi capitali, ma non si tratta di un trattato polveroso, non c’è da correre via lontano: è un romanzo a soggetto, non un prodotto classico, certamente, col suo mix di un po’ di giallo, di psico-introspezione autoironica, di tran-tran odierno e di accidenti familiari. È il quinto di Paola Musa, L’ora meridiana, pubblicato nel 2019 per le edizioni cagliaritane Arkadia (166 pagine).
Sarda, traduttrice, sceneggiatrice, poetessa, Musa vive a Roma da più di trent’anni. È anche autrice di testi per musicisti (insomma, paroliera), ma è sopratutto nella narrativa che ritiene di esprimere al meglio la comunicativa che la distingue e di aprirsi. Al momento è alle prese con un progetto indubbiamente impegnativo, che dovrebbe portarla a scrivere romanzi sui sette vizi capitali. Roba da spaventare chiunque, ma non lei, con la sua vocazione all’umorismo sottile, all’ironia intelligente e con la capacità di sviluppare in modo leggero-leggibile argomenti a prima vista ostici o pesanti.
Si prenda l’accidia, il primo dei peccati generali condannati dalla morale cristiana di cui l’autrice sarda ha deciso di occuparsi. In cantiere c’è anche un altro, la superbia, poi si vedrà cosa sarà degli altri cinque. Intanto, si parte dal più desueto, piuttosto trascurato ai giorni nostri. Nei dizionari, l’accidia viene definita: inerzia, indifferenza, disinteresse, avversione all’agire mista a noia e rinuncia. Una forma grave e insistente di apatia.
Per rassicurare i lettori è giusto precisare che più che l’accidia in sé, è sopratutto un accidioso il protagonista di questo psicodramma con pennellate di giallo, come si è detto. Non si dimentichi che in greco drama significa azione, vicenda, storia, sebbene l’azione si addica alla trama, non certo al personaggio, Lorenzo, un quarantenne senza problemi economici, ma con più di un difetto, qualche distrazione rosa e la debolezza per una polverina bianca inalata da superfici lisce.
Non è che gli manchino grattacapi con cui misurarsi di giorno e sopratutto di notte, è che proprio non ne vuol sapere di farsi aggredire. Preferisce farli scivolare addosso, anche quando si verificano uno dopo l’altro, sommandosi in una sequenza che schianterebbe chiunque, ma non Lorenzo Martinez.
La moglie lo ha lasciato, alle sette di mattina. La sera prima, il solito mutismo a cena, lei carica come sempre di elettricità latente, lui con lo sguardo incollato al televisore, per sfuggirle.
"L’aria crepitava nello spazio breve tra i loro corpi, dirimpetto ma ormai estranei."
Lorenzo ostenta indifferenza, consapevole di mandare Sofia fuori di testa con questo atteggiamento. Più che da lei si sente attratto dalla sua fatina bianca, la cocaina.
C’è un’altra fata nella sua vita, l’amante Yasmina, che lo tradisce con uno studentello di filosofia, un ventitreenne butterato e in bolletta. Se c’è però qualcuno in procinto d’essere scaricato da un giorno all’altro, non è quel ragazzo... sebbene all’interessato non importi affatto. Se ne frega.
L’azienda di famiglia fa acqua, finanziariamente. Il nonno non aveva accettato facilmente d’investire i soldi delle terre nei progetti di un figlio dalle idee piuttosto balzane: però il termoconvettore sul quale il papà di Lorenzo aveva puntato si era rivelato una scommessa vincente, incrociando al meglio il boom dell’edilizia. L’impresa paterna, un’industria solida com’è raro dalle loro parti, è arrivata a contare fino a 320 operai, ma ora non gira per il verso giusto.
In più ci si è messa di mezzo la scomparsa nel nulla del socio, il bravo Antonio, colonna dell’azienda, insostituibile, come gli dice a muso duro Marcello, il vecchio factotum del padre. Si è sempre mostrato severo nei confronti dell’erede, molto meno capace del padrone.
Antonio è sparito e i Carabinieri vogliono parlare con Lorenzo. Ecco la parte gialla del romanzo.
Martinez svuota però la testa dalle preoccupazioni. Non gliene viene niente, non può cambiare niente. Allora perché dannarsi? Forse non lo ha ucciso, come sembrano sospettare tutti o forse lo ha fatto. Che differenza fa?
L’apatia accidiosa di quest’uomo non è però indifferenza totale. Sembra il rifiuto di calarsi nella vita normale, nelle scelte da compiere tutti i giorni, perché Lorenzo non è insensibile: lo attraggono gli eccessi, belle auto, belle donne, bella vita, tanto denaro da spendere, eccitazione da cercare, sensi da appagare. Quello che lo disturba è calarsi nella realtà ordinaria, nei sentimenti mediocri del vivere comune. Disprezza tutti gli altri che lo fanno e a sua volta non fa niente per sbloccarsi.
L’ora meridiana del titolo è il pomeriggio assolato, il momento della siesta. L’accidia è il tuo vizio più grande, gli ha sempre rinfacciato la moglie.
"Quello che alla fine ti rovinerà."
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’ora meridiana
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