L’ospite e altri racconti
- Autore: Amparo Dávila
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2020
Morta lo scorso 18 aprile, la messicana Amparo Dávila arriva per la prima volta in Italia con i suoi racconti, editi per Safarà con la traduzione di Giulia Zavagna nella raccolta L’ospite e altri racconti. La sua comparsa in libreria è accompagnata dall’entusiasmo di critici e giornalisti, che la celebrano come una "figura quasi mitica della letteratura messicana" e fanno appello all’ammirazione nei suoi confronti di autori del calibro di Borges e Cortázar.
Eppure Amparo Dávila non è stata (troppo) a lungo sconosciuta solo in Italia: per molto tempo ha vissuto nascosta persino nel suo stesso paese, un Messico in cui le donne non potevano sperare di assurgere alla dignità di scrittrici (né di avere la dignità necessaria a esserlo). Solo alla soglia degli ottant’anni, dopo lunghi silenzi e pubblicazioni incostanti, è riuscita ad accedere al canone nazionale messicano; dal 2018 il Premio Nacional de Cuento dell’Instituto Nacional de Bellas Artes porta il suo nome.
Anche avendoli finalmente accanto, tuttavia, parlare dei racconti di Dávila non è affatto semplice: la sua "peculiare forma della narrativa dell’insolito", spiega Alberto Chimal nella prefazione al volume, "ha messo in difficoltà intere generazioni di critici". Questo perché, per quanto dotati di tratti direttamente riconducibili al genere fantastico e orrorifico, i testi si presentano in primo luogo come spiazzanti. Sono tutti racconti che disorientano, perché c’è qualcosa nella loro improbabilità che pericolosamente si avvicina al confine con il probabile più quotidiano, vi si mescola, non si risolve.
A trionfare è la sensazione di essere costantemente esposti. I protagonisti de L’ospite e altri racconti non hanno alcun riparo, sia che camminino per strada sia che si trovino tra le mura domestiche. Tina Reyes è convinta di essere sfuggita all’uomo che vuole conoscerla e poco dopo si ritrova a sudare terrorizzata sorseggiando con lui una Coca Cola; gli occhi misteriosi afflitti irridenti di Moisés e Gaspar fissano José ormai distrutto; Marcela non riesce a dormire convinta che un rospo-fantasma voglia ucciderla... Le cantine, le porte, le finestre, gli angoli bui dei divani, le stanze: qualsiasi cosa nasconde il mostro.
Ancor più inquietante è il fatto che questa mostruosa minaccia non acquisti mai dei contorni definiti. Non si capisce davvero cosa terrorizzi e trascini nella follia i personaggi dei racconti; non viene mai detto, e il lettore può solo intuire, in senso etimologico: vedere dentro, accogliere.
"Lui si dice che anche se Marcela ha un po’ ingigantito le cose, quelle cose esistono e l’hanno distrutta".
L’assurdo mondo di sangue e follia che emerge dai racconti di Dávila penetra nella sua scrittura tesa ed elegante, che di quell’universo sa accogliere tutte le sfumature, dalla quiete convinta o rassegnata al panico incontrollabile, senza negarsi un lirismo più ricercato ("Ho picchiato con le mie lacrime le orme dei loro passi"). La padronanza della lingua dell’autrice, nella resa raffinata di Zavagna, si manifesta però soprattutto attraverso il ritmo sintattico, i suoni, i tempi; la sempre crescente tensione narrativa, una volta al culmine, non sfocia, non cede: resta sospesa sul bianco. E si gira pagina.
L'ospite e altri racconti
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