L’ultimo giorno di Luigi Tenco
- Autore: Ferdinando Molteni
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2015
Non lasciatevi suggestionare dai luoghi (critici) comuni: con la canzone d’autore Modugno non c’entra. Non c’entra affatto. Non c’entra per nulla. Nemmeno come precursore. Chi ha davvero tracciato la rotta per le canzoni di contenuto a venire è stato - piuttosto - Luigi Tenco. Altro che storie. Se non vi basta la mia parola, leggetevi il testo della modugnana “Volare” (compreso l’onomatopeico “oh-oh”, calzante a pennello giusto per le combriccole di americani in trasferta e/o emigranti in rimpatriata nostalgica) e confrontatelo con “Mi sono innamorato di te” di Tenco. Due piani antitetici, due pianeti lontani anni luce. Cambiano il passo, il taglio, l’acume. L’eleganza. Messa in altro modo: Tenco scrive “Mi sono innamorato di te/ PERCHÉ NON AVEVO NIENTE DA FARE” e stradica in un sol colpo la canzone dai voli pindarici, dai blu dipinti di blu, dalle edulcorazioni del canto melodico. Riconsegnandola autentica & significativa al pianeta Terra. Mica roba da poco.
Era quello più “avanti” di tutti Luigi Tenco, quando è morto. Lo era per il background musicale e lo era per la tensione ideale. Uno così non si spara mica. Uno così, probabilmente, ha ancora un sacco di cose da dire/credere/amare. Tenete a mente quest’ ultimo aspetto perché discende dritto dal nocciolo de “L’ultimo giorno di Luigi Tenco”, il libro-inchiesta che il giornalista Ferdinando Molteni ha dedicato per Giunti alla fine del cantautore. La tesi è questa: Tenco non sarebbe morto nella stanza 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo. Tenco sarebbe morto su una strada sterrata. Probabilmente dentro la sua auto. Con lui c’erano altre persone (forse quattro, la cantante Dalida di sicuro) e lui senz’altro non voleva uccidersi. Prendere una pistola e puntarsela alla testa molto probabilmente voleva essere solo una smargiassata. Fatto sta che i colpi partirono ma non nella stanza di Tenco al Savoy. Al Savoy il suo cadavere venne trasportato in seguito. Di nascosto. Da necrofori alquanto improvvisati. Da qui la ridda di incongruenze che complicarono le indagini. Così è (se vi pare) e fine della discussione.
In qualsiasi modo intendiate prenderla, questo di Molteni si impone come un bel libro d’inchiesta. Non uno di quelli che intendono sollevare scandali. O polveroni. Piuttosto suggerire focus alternativi alla verità (?) ufficiale dei fatti. Sulla scorta di fonti giornalistiche dell’epoca, interviste, e ricostruzioni di prima mano, Ferdinando Molteni ci regala, insomma, un altro punto di vista sulla morte del cantautore e del mondo che gli girava attorno senza capirlo mai del tutto. Compreso il mondo “glamour” del festival di Sanremo (soprattutto il mondo glamour del festival di Sanremo), descritto da Molteni finanche nelle bassezze (l’indifferenza, le rivalità, gli interessi, i potentati, cui Dalida era senz’altro più contigua che Tenco, per via dell’ex marito Lucien Morisse).
“L’ultimo giorno di Luigi Tenco” è dunque un libro da leggere con interesse: se non la parola definitiva, ci introduce a punti di vista inediti sul “giallo” del suicidio del cantautore. Punti di vista non peregrini, sui quali vale la pena, se non altro, soffermarsi a riflettere.
L'ultimo giorno di Luigi Tenco
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Un’opera ampiamente deludente, che aggiunge pochissimo alla misteriosa vicenda Tenco e anzi, in certi suoi aspetti, la rende ancor meno chiara. Ci sono ipotesi e teorie anche suggestive sulla fine del cantautore, ma pur sempre ipotesi rimangono, senza, mi pare, alcun elemento autenticamente concreto. E ci sono anche imprecisioni e inesattezze, come l’asserita mancata trasmissione in tv dell’esibizione sanremese di Luigi, che invece andò regolarmente in onda, come dimostrano i resoconti dei giornali dell’epoca e come ricordano nitidamente tanti testimoni. Sul punto è stata fatta dall’autore una ricerca storica insufficiente, che inficia anche la credibilità del resto del libro.