La Presidentessa
- Autore: Clarín
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2013
La Presidentessa, un romanzo dello scrittore Clarín, rappresenta sicuramente uno dei classici della letteratura spagnola.
Clarín è lo pseudonimo dello scrittore Leopoldo Alas che, oltre ad essere romanziere, era anche un conosciutissimo e severo critico letterario.
Pubblicato per la prima volta nel 1884, questo romanzo è ambientato a Vetusta, una città immaginaria che in realtà rappresenta Oviedo, luogo dove lo scrittore, nato nel 1852, si trasferisce con la famiglia nel 1859.
Gli amanti del sensazionalismo, molto in voga di questi tempi, rimarrebbero delusi da questo romanzo, che non offre "colpi di scena", non descrive dei fatti o degli accadimenti, ma solo i caratteri dei protagonisti, che l’autore non tratteggia sicuramente in maniera lusinghiera. Infatti, l’opera non è stata accolta con benevolenza dai cittadini di Oviedo, che vengono descritti come provinciali grezzi, il cui ultimo obiettivo è quello di apparire agli occhi degli altri in una certa maniera. Anche negli ambienti più in voga della città, come il circolo, la cultura è solo un’arma di facciata, qualcosa che non deve nutrire l’anima ma essere solo sfoggiata. Rappresenta bene questo elemento la figura di un vecchio frequentatore del circolo, il cui nome non viene neanche menzionato, che muore improvvisamente su un giornale:
"Il più degno di considerazione fra i frequentatori della sala di lettura era un signore apoplettico, che aveva esportato granaglie in Inghilterra... Arrivava invariabilmente alle nove di sera, prendeva "Le Figarò" e il "Times". Poco dopo la morte di questo signore si venne a sapere che non conosceva l’inglese..."
L’interpretazione del romanzo di Clarín non deve, però, arrestarsi alla semplice critica dell’umanità provinciale di Vetusta. Nel romanzo, infatti, troviamo tutti gli influssi culturali del tempo, come il darwinismo, che viene egregiamente rappresentato da Frigilis, amico del marito della presidentessa, il naturalismo, corrente letteraria sviluppatasi in Francia ad opera di scrittori come Gustave Flaubert, autore del celebre "Madame Bovary", o Emile Zola.
La critica al clero corrotto viene effettuata attraverso il personaggio di De Pas, il canonico che regna di fatto sulla città.
Il romanzo di Clarín propone, tuttavia, un naturalismo che si discosta da quello francese, e per questo si può ben parlare di naturalismo sui generis. Come viene ben evidenziato nell’introduzione al libro scritta da Enrico di Pasterna "soprattutto nell’esplorazione dell’animo dei personaggi e nella valutazione dei fatti e dei comportamenti l’oggettività del narratore si riduce o viene meno".
In effetti, il lettore non può non accorgersi del tono ironico e corrosivo che permea costantemente il romanzo, che è sicuramente espressione di ciò che pensa l’autore dell’umanità di Vetusta.
La protagonista assoluta del romanzo, ossia la Presidentessa Ana Ozores, che è uno dei pochi personaggi positivi, rappresenta con tutti i suoi dilemmi la complessità dell’animo umano, inteso come insieme di contrasti che non possono mai essere risolti. Ana è infatti attratta dal misticismo, per questo stringe un’amicizia intima e profonda con De Pas, come dall’amore carnale e schiettamente profano, desiderio che la porta a concedersi ad Alvaro Mesia. Quest’ultimo rappresenta il Don Giovanni della provincia, falso, illetterato, ateo solo di facciata e per seguire una finta moda "controcorrente".
Si può dire che Clarín precorre Freud, perché, descrivendo magnificamente la psiche dei personaggi, svela le loro inquietudini più profonde, che spesso vengono rappresentate sotto forma di desideri repressi, come quelli che prova la Presidentessa, sempre a letto ammalata perché afflitta da nevrosi, malattia sicuramente causata da una vita difficile, da un’infanzia e una gioventù negate.
Balza agli occhi anche la figura di Benitez, il giovane medico incaricato di curare la Presidentessa, alla quale suggerisce di non pensare per non stare male:
"I ragionamenti la portavano a pensare alle sue disgrazie; si trattava di non riflettere".
Questa frase è, in un certo senso, espressione dell’umanità, anche attuale, che rifiuta costantemente il pensiero per non farsi problemi, per vivere fintamente serena, rinunciando così ai tormenti, ma anche al miglioramento.
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