La Russia e la storia universale
- Autore: Aldo Ferrari (a cura di)
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
Nel 1988 la casa editrice il Cerchio ha pubblicato una raccolta di scritti politici russi curata da Aldo Ferrari, storico specializzato in slavistica e docente universitario, dal titolo La Russia e la storia universale, che ha per sottotitolo Breve antologia del pensiero conservatore russo dell’Ottocento. Si tratta di un testo appunto breve e che ormai è quasi esaurito, ma che è solo apparentemente datato: si può dire invece che è ancora una lettura fortemente attuale.
L’autore più noto tra quelli selezionati da Ferrari è Puškin, qui presentato nella sua fase conservatrice-liberale, ma i testi spaziano sino a riflessioni ascrivibili a un tradizionalismo vero e proprio.
Il titolo del volume indica l’argomento che riunisce questa serie di pensieri variegati: culturalmente la Russia ha vissuto una condizione di separazione e di antagonismo rispetto alle civiltà dell’Europa occidentale e ciò ha inciso in maniera decisiva sulla formazione dell’autocoscienza identitaria russa e sulla definizione della "missione" del popolo russo nella storia dell’umanità.
Tra gli scritti riuniti nella silloge troviamo giudizi diversi sul Cattolicesimo e sulle culture europee, vi è chi rimpiange i secoli medievali precedenti allo scisma d’oriente, quando la Cristianità era unita, ma prevale una visione di forte contrapposizione alla decadenza spirituale di quegli stessi vicini che, dal canto loro, definivano la Russia una terra barbara e "semi-asiatica", succube del despotismo e incapace di evolversi.
Nell’Introduzione, Ferrari pone l’accento sulla distinzione netta tra slavofilismo e panslavismo. Lo slavofilismo, corrente di pensiero più antica, è una compagine ideologica fondamentalmente religiosa
[Che vede] da un lato la Russia, effettivamente cristiana e comunitaria, dall’altro l’Europa, falsamente cristiana, in quanto edificata su basi razionalistiche ed individualistiche di origine [addirittura] pagana. L’elemento centrale dell’utopia slavofila è in realtà la valutazione entusiastica della Chiesa Ortodossa, l’unica nella quale si è conservato incorrotto lo spirito originario del Cristianesimo. Solo grazie alla fedeltà ai principi evangelici, che costituiscono la struttura morale del suo popolo, la Russia ha potuto realizzare storicamente una società effettivamente organica e comunitaria, laddove quella europea non è che un meccanico aggregato di estranei.
Questa visione utopica non portò lo slavofilismo a diventare ideologia di stato ma anzi a entrare in contrasto col governo.
Il panslavismo è invece una tendenza successiva, che prevalse nella seconda metà dell’Ottocento, di matrice nazionalista e “statalista”, considerata come un progetto più concreto dai suoi fautori.
Eppure gli obiettivi dei due gruppi paiono spesso sovrapponibili: l’unificazione di tutte le genti slave, la liberazione di Costantinopoli dai turchi e l’annientamento della rivoluzione (con parole che ricordano molto da vicino quelle dei legittimismi cattolici). Il panslavista Nikolaj Jakovlevič Danilevskij (1822 -1885), che introdusse in Russia (se non nell’intero continente europeo) l’indirizzo morfologico della storiografia, respingeva l’indole "pacifista, antistatale e anticapitalista" dello slavofilismo classico, ma comunque riguardo Costantinopoli scrisse:
L’attuale nome turco Istambul, è solo un marchio d’infamia. Non ha mai ottenuto cittadinanza universale; il suo valore è unicamente locale ed è destinato a scomparire insieme ai conquistatori. È un nome che ha carattere provvisorio, così come provvisorio è il ruolo dei turchi nella questione orientale. D’altra parte l’intero Maomettanesimo non è che un episodio della storia universale. Ma la capitale del Bosforo non è solo una città del passato: il futuro le appartiene. E gli slavi, come se avessero avuto un presentimento della sua e della loro futura grandezza, l’hanno profeticamente chiamata Car’-grad. Questo nome, per il suo significato e per il fatto di essere slavo, è la futura denominazione della città.
Nella sua profezia, però, la "Seconda Roma" non è destinata a essere la nuova capitale delle Russie, bensì dell’Unione Panslava. Tale antico sogno – profondamente temuto dai turchi – è oggi ancora presente nell’opinione pubblica russa e queste idee sono sopravvissute al marxismo restando in parte dormienti; anzi, spiace che Ferrari non abbia neppure accennato un’analisi sulle possibili ibridazioni tra esse e il socialismo. Ma sarebbe stato possibile farlo? Chi scrive non conosce la materia abbastanza approfonditamente per dirlo.
Questo libro ci mostra che gli articoli sull’espansionismo russo pubblicati da Dugin e Limonov in tempi a noi vicini non nascono solo dall’eurasiatismo, ma possono avere anche altre origini. Dugin, quando afferma che non esistono principi universali bensì tipi o cicli differenti e autonomi all’interno dei quali si svolge, in forma irripetibile e non valutabile secondo i criteri morali di un’altra civiltà, il processo di sviluppo storico nelle diverse regioni del mondo nelle sue varie espressioni culturali, politiche e sociali, riprende chiaramente Danilevskij.
Congiungendo brevità e chiarezza, La Russia e la storia universale è quindi un testo importante e da non lasciarsi sfuggire, anche a fronte del rischio che possano andare vendute le ultime copie disponibili.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La Russia e la storia universale
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