

La Sindone, il Fantin(o) e la copia di Santa Marta in Agliè
- Autore: AA.VV.
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
La Sindone di Agliè, ma non l’altra Sindone. Innanzitutto perchè dichiaratamente realizzata dall’uomo, poi perché sono due. Una risale al 1800, custodita nella cappella di San Massimo nel castello alladiese, l’altra è stata manufatta nel 1708 da Giovanni Battista Fantin o Fantino, sottoposta di recente a restauro da Cinzia Oliva e riesposta nella chiesa di Santa Marta. I lavori e il significato di questa copia sono illustrati in un volume antologico, La Sindone, il Fantin(o) e la copia di Santa Marta in Agliè, con i testi della stessa restauratrice di tessuti antichi e di tre componenti del Centro di studi sindonici, Paola Tomatis, Federico Valle e Gian Maria Zaccone, pubblicato dalla Tipografia Editrice Baima-Ronchetti di Castellamonte-Torino nella collana “Per imaginem Sindonis” (seconda edizione riveduta nel giugno 2024, 54 pagine). Un volumetto riccamente e fittamente corredato d’immagini a colori.
Tanto la prima edizione del 2023 che il restauro sono stati finanziati dal Lions Club Alto Canavese, a salvaguardia e fruizione di un bene che rappresenta un punto di riferimento significativo della cultura e religiosità del territorio. È intervenuta per entrambe le iniziative la consulenza scientifica del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone di Torino, CISS, una cui sezione, attiva dal 1959 in continuità con l’opera dei Cultores Sanctae Sindonis avviata quasi un secolo fa Novecento, si occupa della catalogazione, dell’analisi scientifica, della valorizzazione e della tutela del ricco patrimonio iconografico relativo alla Sindone.
A provvedere al restauro, in collaborazione con lo Studio specializzato Rocca, è stata Cinzia Oliva. Alterna l’insegnamento accademico all’attività in laboratorio, esperta di mummie e nota per interventi su tessuti antichi in tutto il mondo, dai manufatti Inca agli stendardi del Seicento. Di recente, ha completato il complesso e delicato restauro della Tenda Rossa, che consentì la sopravvivenza dei superstiti del dirigibile Italia caduto sulla banchisa polare nel 1928.
La Sindone di Agliè è un dipinto settecentesco che copia a grandezza naturale quella di Torino. È conservata nella chiesa alladiese della Confraternita di Santa Marta, nella Diocesi d’Ivrea. Le ricerche del Centro, tuttora in corso, hanno individuato oltre cento manufatti in Europa e in America, realizzati a partire dal XVI secolo. Tuttavia, la caratteristica che distingue e nobilita la copia di Agliè è la firma di un esecutore (non ci sono altri esempi): Giovanni Battista Fantino, artista di cui mancano notizie certe, che ha lasciato tracce solo di raffigurazioni sindoniche. Oltre a questa del 1708, sono note solo altre tre sue copie in grandezza naturale, sempre firmate.
All’atto del restauro, lo stato di conservazione del telo è apparso decisamente inadeguato, tale da provocare problemi, nel tempo, al tessuto e all’immagine. A giudicare dai materiali, l’ultimo intervento di manutenzione risaliva probabilmente agli anni Settanta. Il sistema di montaggio era inadatto e scorretto, non solo per i materiali e la tecnica usate, quanto perché oggi si adottano criteri più efficaci per esporre i manufatti tessili di grandi dimensioni. Non c’è documentazione, scritta o fotografica, dell’intervento di allora, ma questo non dovrebbe sorprendere, dal momento che in Italia i tessuti in generale (paramenti ecclesiastici, ricami, merletti, bandiere, costumi...) sono oggetto di interventi di restauro mirati solo dagli anni Ottanta del secolo scorso, a eccezione degli arazzi, che rientrano in una diversa categoria. Peraltro, non venivano eseguiti da restauratori specializzati in campo tessile, ma spesso affidati a tappezzieri o rammendatrici, quando non commissionati a restauratori di dipinti, che usavano tecniche e materiali inadatti alle caratteristiche chimico-fisiche dei tessuti. Una pratica non solo inutile, anche dannosa.
Il grande manufatto era fissato sopra un pannello ligneo, agganciato al soffitto della cappella laterale della Chiesa ed esposto alla luce senza alcuna protezione. Un foglio di materiale plastico era sovrapposto a diretto contatto sul tessuto dipinto, fissato a una cornice lignea perimetrale, con cuciture e perfino graffette! Questi punti metallici mordevano direttamente il telo, costituendo la causa principale del degrado del reperto, oltre alla condensa e alle micro goccioline d’acqua provocate sulla superficie interna della pellicola dalle variazioni termo-igrometriche nella cappella e accentuate dai fenomeni di condensa, tra la plastica e il tessuto. Agire a tutela si è reso indispensabile per le condizioni precarie e l’improvvido montaggio scelto per l’esposizione in Chiesa, causa principale del degrado.
Nelle prime pagine del volumetto sono efficacemente messe a confronto le nitide riproduzioni fotografiche della Sindone di Santa Marta prima e dopo. Allo smontaggio dal supporto, sono emerse due parti ch’erano state ripiegate e nascoste ai bordi. L’evidente differenza cromatica del risultato finale è principalmente dovuta al fatto che la copia era coperta, in maniera sempre inappropriata, dal materiale plastico a diretto contatto, degradato fino ad assumere una colorazione giallastra che alterava la visione del manufatto.
Una volta restaurato, il grande dipinto è tornato nella chiesa di Santa Marta, gioiello settecentesco, opera di Costanzo Michela. Conserva altri importanti reperti che necessitano d’interventi, al pari della stessa struttura. Il restauro, autorizzato dalla Soprintendenza e costantemente monitorato, ha consentito di fermare il decadimento, riportare alla vista le parti nascoste dal fissaggio sopra una tavola di legno in epoca moderna, riparare lacune e danni, effettuare una pulitura e mettere in sicurezza la copia della Sindone con un nuovo allestimento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La Sindone, il Fantin(o) e la copia di Santa Marta in Agliè
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