La bambina che imparò a non parlare
- Autore: Yasmine Ghata
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Del Vecchio
- Anno di pubblicazione: 2011
Dopo il grande successo del suo primo romanzo La notte dei calligrafi (Feltrinelli, 2005), Yasmine Ghata è tornata con un libro sul silenzio, sul dolore e sulla speranza dal titolo "La bambina che imparò a non parlare", pubblicato da Del Vecchio Editore nel 2011.
Alla protagonista, una bambina di soli sei anni, muore il padre e resta così sola con la madre: una donna distrutta, che tenta di superare il suo dolore scrivendo, sperando di trovare rifugio nell’immaginazione e nelle parole. Parole che invece mancano alla bambina, la quale non solo è alla costante ricerca del padre, che non vorrebbe dimenticare, ma anche di una madre, che vorrebbe tutta per sé. La donna invece di giorno è totalmente persa dietro le mille telefonate, dietro i suoi ospiti eruditi e le sue unghie laccate di rosso, immersa nel suo lavoro, di fronte a quell’inseparabile macchina da scrivere, che la bambina arriverà a odiare fino a distruggerla. Per poi capire solo dopo il significato di quel continuo battere sui tasti della macchina da scrivere: l’ininterrotto e insaziabile bisogno di inventare storie era solo un disperato tentativo di stabilire un rapporto con il marito e con i morti:
“La morte di mio padre non aveva che accentuato quel bisogno viscerale di rimaneggiare la realtà, scolpire la materia e trattenere solo un’essenza, purificata dalle parole e cesellata dalle lettere. In quei momenti io ero orfana”.
Due donne quindi in preda al silenzio, al dolore, al caos interiore, all’incertezza della vita. Di giorno estranee, di notte vicine:
“Era il sonno che me la restituiva. Mi aggrappavo a lei, rannicchiata al suo seno, le nostre gambe intrecciate, assaporando il suo odore finché non spariva. Momenti di fusione che mi riempivano, sazia, fino alla sera dopo. […] Mia madre non apparteneva che a me, un rapporto esclusivo e incondizionato. Noi avevamo rimpiazzato il padre, lei e io, l’una verso l’altra.”
Il padre invece sembra restare vivo solo nei suoi ricordi, nei tanti oggetti che ritrova in casa: la sua pipa, i suoi documenti, il suo rasoio, gli album, i suoi dischi Deutsche Grammophon, i gemelli e il saggiavino:
“Toccavo il suo tabacco, i granelli agli aromi dolci e speziati restituivano alle mie orecchie il fremito delle sue dita attorno alla pipa.”
Un libro toccante, che ci mostra un rapporto profondo di amore-odio, fatto di silenzi, di gesti, di rancori, dimenticanze, di sguardi e abbracci. Un romanzo breve, ma intenso che ha come protagoniste due donne che vivono in silenzio, non parlano (il titolo originale è infatti Muettes), ma che conoscono al contempo l’importanza della parola. Come travolti da un turbine di emozioni e sensazioni si legge il libro tutto d’un fiato, riuscendo a immedesimarsi come d’incanto nella storia e nell’anima della piccola protagonista.
La bambina che imparò a non parlare
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