La bambina di Hiroshima di Nâzim Hikmet si inserisce con coerenza nella vita e nell’attività dell’intellettuale turco, spese in difesa degli oppressi.
Appartiene alla raccolta Poesie del 1956. Allora il poeta Nazim Hikmet (1902-1963) si trovava in esilio in Unione Sovietica. Infatti nel 1950 era fuggito dalla Turchia dove nel 1938 era stato incarcerato per le sue attività sovversive e il dissenso contro governo del presidente Kemal Atatürk.
È un accorato appello all’umanità per la messa al bando delle armi nucleari. L’occasione è una raccolta firme (purtroppo una delle tante) a favore del disarmo, a distanza di pochi anni dal lancio delle bombe atomiche in Giappone sulle città di Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 agosto e il 9 agosto 1945. Più di 200mila i morti e 150mila i feriti nell’immediato.
Non dirò degli effetti delle radiazioni sui sopravvissuti o hibakusha (letteralmente “persona esposta alle bombe”) e i loro discendenti, monitorati fino ad oggi da un team internazionale di specialisti: danni congeniti al feto, problemi di crescita e di sviluppo; incidenza di tumori, leucemia, malattie croniche non oncologiche; patologie cardiovascolari, mutazioni genetiche, disturbi psichiatrici, diminuzione dell’aspettativa media di vita, danni ambientali. E qui mi fermo, anche se i più grandi peccati dell’umanità, l’Olocausto compreso, non si ricordano mai abbastanza.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
“La bambina di Hiroshima” di Nazim Hikmet: testo
Apritemi sono io…
busso alla porta di tutte le scale
ma nessuno mi vede
perché i bambini morti nessuno riesce a vederli.Sono di Hiroshima e là sono morta
tanti anni fa. Tanti anni passeranno.Ne avevo sette, allora:
anche adesso ne ho sette perché i bambini morti non
diventano grandi.Avevo dei lucidi capelli, il fuoco li ha strinati,
avevo dei begli occhi limpidi, il fuoco li ha fatti di vetro.Un pugno di cenere, quella sono io
poi il vento ha disperso anche la cenere.Apritemi; vi prego non per me
perché a me non occorre né il pane né il riso:
non chiedo neanche lo zucchero, io:
a un bambino bruciato come una foglia secca non serve.Per piacere mettete una firma,
per favore, uomini di tutta la terra
firmate, vi prego, perché il fuoco non bruci i bambini
e possano sempre mangiare lo zucchero.
“La bambina di Hiroshima” di Nazim Hikmet: analisi e commento
I strofa
L’io lirico è una bambina anonima vittima dell’esplosione nucleare. Nell’incipit rivolge un accorato appello affinché l’umanità apra la porta del suo cuore. L’appello cade nel vuoto poiché, essendo morta, è invisibile.
“Apritemi” in anafora al v.1 e 13 enfatizza l’implorazione al disarmo. Sembra che il lettore senta supplicare la voce infantile a non ripetere tanto Male. L’anonimia dà al testo respiro universale e straordinaria forza di penetrazione emotiva.
II strofa
Di natura descrittiva, contiene l’autopresentazione della protagonista: luogo di provenienza e di morte, età al momento del decesso, un confronto crudele tra la fisicità prima e dopo l’esplosione riconducibile al nucleo capelli-occhi-corporeità. La riassumo così con distacco burocratico: bimba di sette anni morta a Hiroshima. L’esplosione le ha bruciato i lucidi capelli, reso vitrei gli occhi pieni di vitalità, trasformato il corpo in cenere. Ciò implica che nessuno può piangere sulla sua tomba per ricordarla.
III strofa
Secondo un climax ascendente, che continua anche nell’ultima strofa, viene spiegato il fine ultimo della preghiera di questa bambina che non ha più bisogno di nulla. Le è stata strappata la vita. Ma lei non è semplicemente morta è “bruciata come una foglia secca”, è stata distrutta. Sapevate che le persone più vicine alla deflagrazione sono state annientate, al punto che di loro restò solo un segno scuro che ricorda un’ombra?
IV strofa
Chiede con un vibrante appello di mettere una firma affinché tutti gli altri bambini non muoiano più bruciati come lei e possano vivere serenamente in un mondo senza guerre e senza odio.
Al v.20 “lo zucchero” è simbolo di pace e serenità.
“La bambina di Hiroshima” di Nazim Hikmet: analisi e figure retoriche
I versi ruotano lividi nei due campi semantici della guerra e della pace, dell’infanzia e del fuoco ossia del prima e del dopo.
Ricorrente la figura retorica dell’iterazione o epanalessi. Recita la Treccani:
Figura retorica, dai grammatici latini detta conduplicatio o geminatio, che consiste nella ripetizione di una o più parole nello stesso periodo, sia di seguito, sia con l’interposizione di altre parole.
L’iterazione o epanalessi, di cui l’anafora è un versante, riguarda i seguenti termini:
- apritemi (2 volte)
- morta (3 volte)
- esortazioni (5 volte)
- termini afferenti la negazione (10 volte)
Una poesia straziante che scuote le nostre coscienze.
Il cuore politico e commerciale della città, sventrato dalla detonazione, è stato destinato a strutture commemorative per la pace. Oggi l’area ospita il complesso museale del Parco della Memoria, inaugurato il 24 agosto 1955. Nel parco brucia una fiamma che sarà spenta solo quando il mondo si sarà liberato dalle testate nucleari.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La bambina di Hiroshima” di Nâzim Hikmet: una poesia per non dimenticare
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